Ex Ilva, Urso: crisi aggravata dal sequestro chiesto dalla Procura di Taranto
Roma, 12 nov. (askanews) – La crisi della ex Ilva risente della pesante eredità lasciata dal gruppo Mittal, con “oltre 4 miliardi di danni”. Inoltre “è stata aggravata” dal sequestro probatorio di un altro altoforno voluto dalla Procura di Taranto, a causa del quale da 7 mesi si attende che finisca la perizia. Lo ha rilevato il ministro di Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso durante le interrogazioni a risposta immediata alla Camera. Su questa partita, ha tuttavia aggiunto, se si riuscirà a completare la decarbonizzazione, l’Italia si presenterà come primo Paese europeo con una produzione di acciaio totalmente “verde”.
“La siderurgia italiana guida la transizione green ed è all’avanguardia di Europa con 34 impianti che producono con forni elettrici”. Al governo “ora siamo impegnati nella sfida più difficile, che riguarda la ex Ilva – ha detto Urso – su cui grava la pesante eredità di Mittal, certificata in oltre 4 miliardi di danni. Se riusciremo anche in questo obiettivo, il processo di decarbonizzazione, l’Italia diventerà il primo Paese europeo a produrre solo acciaio green”.
“E per questo, in sede europea, abbiamo insistito affinché ci fosse una revisione delle norme europee a tutela di chi produce acciaio nel rispetto delle norme ambientali – ha spiegato -. E siamo in procinto di ottenere questo riconoscimento, perché il 3 dicembre la Commissione ci presenterà nuove misure di salvaguardia”.
Inoltre, il 10 dicembre sempre la Commissione Ue “ci presenterà la revisione del Cbam, come l’Italia ha sollecitato da oltre un anno, diventando l’avanguardia delle riforme in Europa. Il cambio delle politiche europee che stiamo determinando si inserisce la sfida della ex Ilva, aggravata lo sappiamo tutti dal fatto che è stato posto sotto sequestro probatorio dalla procura di Taranto uno dei due altoforni che produceva. Stiamo aspettando che finisca la perizia e sono passati sette mesi – ha rimarcato Urso – in attesa che si faccia la perizia”.
“Ed è ovvio che quella decisione ha ridotto le capacità produttive dello stabilimento, fattore – ha concluso il ministro – che ha costretto i Commissari a rivedere i piani aziendali che si erano basati su due altoforni in funzione e non più solo su uno”.
