Vino, “Appius 2021”: la dodicesima cuvée di San Michele Appiano
Milano, 12 nov. (askanews) – “‘Appius’ rappresenta il vertice di un lavoro collettivo che unisce i vigneti, i soci e tutto lo staff della Cantina, che ogni anno collaborano per fare esprimere al meglio il potenziale di ciascuna annata. La mia idea di questa etichetta e di tutti i nostri vini, in particolare quelli della linea Sanct Valentin, è riportare l’idea della montagna, della freschezza, che secondo me oggi è fondamentale. Vogliamo creare vini non per forza più moderni ma che rispecchino fedelmente il nostro territorio”. A parlare ad askanews è l’enologo-kellermeister Jakob Gasser che, alla vigilia del Merano WineFestival, ha presentato l’annata 2021 della referenza di punta della più nota cooperativa vitivinicola dell’Alto Adige, Cantina San Michele Appiano.
Questa dodicesima edizione della più preziosa cuvée e del progetto più ambizioso della Cantina, è la prima firmata interamente dal 31enne bolzanino, che ha preso definitivamente il posto di Hans Terzer, figura storica del vino altoatesino andato in pensione l’anno scorso, che Gasser ha affiancato per otto anni. “L’annata 2021 è stata molto impegnativa in vigneto, segnata da un inverno lungo nevoso e da una primavera insolitamente fresca, che hanno ritardato il germogliamento di circa due settimane. Una stagione abbastanza umida con qualche appezzamento che ha preso anche un po’ di grandine, però grazie al grandissimo lavoro dei soci partito già in estate con la pulizia di tutti i grappoli, siamo riusciti a ottenere un’uva molto bella. La vendemmia è partita piuttosto tardi, il 14 settembre, e le raccolte di metà settembre si sono sempre dimostrate molto buone, soprattutto per i bianchi” spiega il giovane enologo, precisando che “infatti il vino nel calice rispecchia una vendemmia alpina, molto incentrata sulla freschezza, sulla fragranza, con un’acidità magari un po’ più spinta rispetto ad altri ‘Appius’, con note più sul limone, sul cedro, sulle erbe alpine, più sull’eleganza e sulla beva”.
“Appius” nasce per interpretare ogni vendemmia attraverso la selezione dei migliori terroir di Appiano e delle migliori uve bianche che spuntano da piante tra i 25 e i 40 anni su suoli calcareo-ghiaiosi e morenici con esposizione Sud Est-Sud Ovest, insieme con la precisione e la passione della mano che le coltiva. Un vino concepito per raccontare il tempo e che ogni anno cambia la proporzione dei vitigni (la cui resa si aggira sui 35 hl/ha), per restituire il carattere unico del millesimo: il 2021 è quello che in bottiglia vede la più alta percentuale di Chardonnay della sua storia (73%), completata da Pinot Grigio (12%), Pinot Bianco (10%) e Sauvignon (5%). Dopo la fermentazione alcolica e malolattica (escluso il Sauvignon) e un passaggio in barrique o tonneaux, viene assemblato dopo un anno e fa un ulteriore affinamento sui lieviti per tre anni in acciaio.
Lo Chardonnay si conferma il vitigno di riferimento per “Appius”. “E’ e rimarrà centrale anche in futuro: è lo scheletro di questo vino, la parte più importante, ed è anche quello che è cambiato di più negli ultimi anni” conferma l’enologo formatosi tra San Michele all’Adige, Udine e Geisenheim, sottolineando che “abbiamo nuovi vigneti più in quota: prima si impiantava a 400-500 metri, ora ho fatto impianti anche a 600-650 metri, scegliendo cloni molto vocati, densità importanti (oltre 7.000 piante per ettaro), con l’obiettivo di produrre grandissimi Chardonnay. Per questo anche questo vitigno cambierà in futuro, ma sono molto fiducioso”.
Nato nel 2010, “Appius” non è soltanto una cuvée d’autore ma un progetto di memoria e visione. Anche quest’ultimo capitolo tirato in novemila bottiglie, si conferma pulito, verticale e teso, promettendo di acquistare con il tempo ulteriori complessità e profondità senza perdere il suo carattere di freschezza, acidità e mineralità, riflettendo la capacità del territorio altoatesino di trasformare una stagione complessa in equilibrio e armonia. Un bel vino, che negli anni ha ridotto il legno dando maggiore spazio a immediatezza e bevibilità, segni tangibili del lavoro di una nuova generazione che cerca sempre più precisione, leggerezza ed eleganza. L’etichetta 2021, ideata dallo studio Life Circus, raffigura un vortice dorato: un gesto, quello del vino che ruota nel calice, che evoca il movimento e la continua ricerca di equilibrio che definisce la filosofia di questa etichetta e di questa azienda.
Le Cantine private e cooperative del Sudtirol hanno tante referenze in catalogo: si continuerà lungo questa strada o si andrà verso una semplificazione? “Questa regione è piuttosto giovane per quanto riguarda il vino di alta qualità: venticinque o trent’anni fa, una Cantina, grande o piccola che fosse, forniva a un ristorante l’intera carta vini e dunque servivano molte referenze, da un rosso importante a un bianco elegante” ricorda, spiegando che “noi abbiamo appezzamenti sparsi, come quello di Gries vocatissimo per il Lagrein, e in futuro saremo ancor più focalizzati in questo senso. Per i bianchi puntiamo sui quattro vitigni che troviamo in ‘Appius’, e per quelli a bacca rossa soprattutto sul Pinot Nero, che per noi è fondamentale: sopra i 400 metri è lui che dà vini rossi importanti. È un cambiamento che vogliamo fare ma che richiede tempo, certi vigneti vanno valorizzati e costruiti negli anni, e qui si va dai 250 metri della calda Bassa Atesina fino a 900 metri”.
Un’altra vostra, invidiabile, caratteristica è che le vostre linee “base” hanno un ottimo rapporto qualità-prezzo. Continuerà ad esistere in futuro un vino più accessibile accanto a quelli di alta gamma? “Sì, ci saranno sempre – risponde risoluto il 31enne – ad esempio io credo molto nella linea Fallwind: per esempio lo ‘Schulthaus’ (un ottimo Pinot Bianco, anche in versione Riserva, ndr) pensato per essere bevuto e goduto anche da una clientela più giovane. Referenze come ‘Appius’ e ‘Sanct Valentin’ sono referenze molto importanti ma anche produzioni limitate, per me il futuro è sedersi sotto un albero con gli amici a bersi una bottiglia Fallwind. Anche dal punto di vista economico bisogna essere presenti in quella fascia (che va tra gli 11 e i 20 euro, Riserve escluse, ndr). È molto importante fare vini che costino il giusto, non necessariamente poco, ma il giusto”.
Su questo tema le cooperative che ruolo possono giocare? “Un ruolo molto importante” risponde il meticoloso e preciso kellermeister, ricordando ad askanews che “fino a qualche anno fa l’Alto Adige era conosciuto proprio per questo: bevi bene a prezzi giusti. Ora facciamo anche delle chicche ma il focus e la base restano sempre quelli: alta qualità a prezzi giusti. Anche per questo non sono particolarmente preoccupato per le vendite, certo ci penso, ma possiamo puntare sui vini di beva, sui vini per i giovani, un rosé o bianchi freschi. Credo molto in quella direzione: un vino più easy, più pop, ma sempre ben fatto. Il vino – chiosa – non deve essere mai troppo snob o far paura al cliente. Io dico sempre che, se una persona sa dire se un vino gli piace o no, ha già capito più del 90% di quello che serve per parlare di vino”.
Fondata nel 1907, Cantina San Michele Appiano riunisce 320 soci che lavorano 390 ettari di vigneti, l’80% dei quali con varietà bianche. Voi avete circa 390 ettari di vigneti gestiti da 320 famiglie di viticoltori. Come va il rapporto con i soci ed esiste un tema di cambio generazionale tra i conferitori? “Le cose funzionano, riusciamo a retribuire il lavoro in vigna in modo adeguato e vedo un futuro molto promettente. Ci sono tanti soci giovani, molto preparati, partiti dalle scuole, gente che viaggia e si informa: questo non è solo fondamentale per garantire qualità, ma anche molto gratificante”. Siamo un gruppo, lavoriamo insieme e per questo riusciamo a collaborare molto bene”. (Alessandro Pestalozza)
