“Un amore socialista”,De Robertis racconta il sodalizio Kuliscioff-Turati
Roma, 7 dic. (askanews) – La prima volta che la vede lei gli appare bellissima, “un’apparizione di luce” scriverà in una lettera all’amica politica e attivista antifascista Bianca Pittoni. Quel giovane avvocato, invece, a lei sembra ordinario, impacciato, un tipo che a Lugano o Zurigo avrebbe liquidato in due balletti. Ma non accade. Anna Kuliscioff e Filippo Turati si incontrano a Napoli in una fredda mattina di febbraio del 1884, i tempi sono difficili, ma, paradossalmente, fatti proprio per anime come le loro: desiderose di cambiamento, ardenti, coraggiose e capaci di rischiare sulla propria pelle.
Tutte queste cose vede Anna in Filippo e lui in lei: quello che nasce quel giorno dura quarant’anni, declinandosi in un sodalizio politico e sentimentale unico. Ciò che lega Anna Kuliscioff a Filippo Turati è davvero “Un amore socialista” come si intitola il romanzo di Pierfrancesco De Robertis, giornalista e scrittore, uscito per Neri Pozza, nel centesimo anniversario della morte della signora del socialismo italiano, spirata a Milano il 29 dicembre 2025. Il libro sarà presentato martedì prossimo, 9 dicembre, a Passaggi libri e caffè di Fano (ore 18).
C’era proprio bisogno di un romanzo per raccontare una storia che intreccia idee e cuore, passione politica e pericolo, amore e lotta, mai finita, per la difesa dei diritti delle donne. Le parole pronunciate al circolo filologico di Milano da Anna Kuliscioff nel 1890 sembrano pronunciate oggi per il semplice motivo che quella lunga marcia per i diritti è tutt’altro che conclusa: “Le donne – disse Anna – devono guadagnare come un uomo, le donne devono rendersi indipendenti economicamente, altrimenti saranno schiave in famiglia del marito come lo sono in fabbrica del padrone”.
Il romanzo scorre lieve e toccante, tra dialoghi e pensieri ad alta voce, fra città e ricordi. I ricordi di Anna, innanzitutto, fuggita dalla Russia per sottrarsi a un destino scritto nel nome e nell’agiatezza della famiglia, ma anche per salvarsi dall’attenzione della polizia zarista, che non gradisce gli spiriti liberi. Dopo un periodo trascorso in Svizzera e in Francia, unendosi agli anarchici e ai loro aneliti di rivoluzione, Anna arriva in Italia per studiare medicina. Ci riesce – e non era facile per le donne a quei tempi – e diventa, in un’Italia che non riconosce alle donne il diritto di voto e non consente loro di entrare in Parlamento, “la dottora dei poveri”. L’incontro con Filippo, milanese, avvocato di buona famiglia e giovane intellettuale, è centrale: i due condividono ideali e battaglie ma anche “differenze insanabili” che, tuttavia, non scalfiscono un’intesa profonda.
Con Turati e un gruppo di compagni Anna fonda nel 1892 il Partito socialista italiano, contribuendo a dare forma a un progetto di giustizia sociale destinato a segnare la storia e ad incidere anche nel presente. La prima legge in Italia per la tutela delle donne in maternità, spiega De Robertis, nasce dalla ferrea volontà di Anna di imporla nell’agenda del Partito socialista, che a sua volta pressò così tanto il governo che Giolitti non poté girarsi dall’altra parte. Se nel 1902 anche l’Italia ebbe la sua prima normativa in materia il merito è molto di Anna Kuliscioff.
E poi? Poi l’Italia tende a dimenticare. “Subito dopo la fine della guerra – scrive l’autore nella nota finale al romanzo – la città di Milano ha dedicato a Filippo Turati un’importante via del centro storico, mentre ad Anna Kuliscioff solo all’inizio degli anni Ottanta è stata dedicata una via della periferia ovest”.
