Saint-Vincent: il Consiglio toglie la fiducia al presidente Ciambi
L'opposizione ormai maggioranza vota compatta a 9, il Presidente prende tempo
Saint-Vincent: passa con nove voti a favore e otto contrari la risoluzione con la richiesta di immediate dimissioni del presidente del Consiglio Paolo Ciambi, che prende atto delle decisioni del Consiglio e prende tempo per valutare.
«Non esiste nel regolamento un atto che imponga al presidente del Consiglio di dare le dimissioni; per noi, tuttavia, è un importante atto politico. Non ci sentiamo tutelati e siamo stati lesi nella nostra immagine». Ha esordito così Maurizio Castiglioni del gruppo misto nell’illustrare la risoluzione di revoca della fiducia al presidente dell’assemblea cittadina. Ha proseguito: «Come presidente del Consiglio non può entrare nell’agone politico; la sua è stata un’entrata a gamba tesa mentre dovrebbe essere arbitro». Si riferisce Castiglioni all’appunto mosso da Ciambi lo lo scorso 30 dicembre, che aveva definito «teatrale e poco rispettosa» la scelta dei nove consiglieri di minoranza- maggioranza di abbandonare l’aula. La notizia, ripresa dagli organi di informazione, e in qualche modo legata alla mancata revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, avrebbe generato soprattutto sui social pesanti accuse nei confronti dell’opposizione.
Rincara Castiglioni: «Ha lasciato intendere una qualche simpatia per il ventennio. Nessuno di noi ha problemi nel votare il disconoscimento ma è un atto senza valore visto che il personaggio in questione è morto 70 anni fa. Celebriamo piuttosto le persone che hanno messo a repentaglio la loro vita per atti eroici. Meglio. La campagna elettorale non la può fare dallo scranno che occupa. Per onestà intellettuale faccia un passo indietro».
La spiegazione
Lunga e articolata la spiegazione di Ciambi. «I riflettori della televisione pubblica erano dunque puntati sul nostro Consiglio comunale e su quell’unico argomento. Era palese – e mi meraviglio che amministratori di esperienza decennale tra le fila dell’opposizione non lo abbiano valutato – che il rifiuto di discutere quel punto, indipendentemente da ogni mio comunicato, avrebbe suscitato clamore, perché era oggettivamente una notizia impossibile da non dare». «È palese che nella nota non vi siano neanche velate allusioni al fatto che i consiglieri comunali di opposizione possano aver abbandonato l’aula per simpatie fasciste. Il loro allontanamento dall’aula – ripeto – è chiaramente ricondotto al dissenso verso la Giunta Borgio».
«Il ruolo del presidente del consiglio non può restare soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza. La revoca di detta carica non può essere attivata per motivazioni politiche, ma solo istituzionali, quali la ripetuta e ingiustificata omissione della convocazione del Consiglio o le ripetute violazioni dello statuto o dei regolamenti comunali».
«Avevo dunque il diritto di criticare il comportamento dell’opposizione e l’ho fatto con una nota che aveva lo scopo di preservare l’immagine del Consiglio. Cos’è, dunque, questo documento: a mio avviso è solo un modo per scaricare su altri responsabilità che sono solo vostre e per offrire ai vostri sostenitori lo scalpo di un membro della maggioranza. Voi sbagliate, io vi critico, voi mettete in piedi una sorta di tribunale dove avete la maggioranza e io dovrei dimettermi. La definirei una situazione kafkiana».
Infine interviene Ruggero Meneghetti che taccia di filippica il lungo resoconto di Ciambi. Bastava Lei dicesse «ho sbagliato. Lei continua a sbagliare. Se ne faccia una ragione».
(da.ch.)