Morte Vincenzo Di Placido: assolto il capocantiere dall’accusa di omicidio colposo
Assolto «per non aver commesso il fatto». E’ la sentenza pronunciata stamane dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore, nei confronti di Aldo De Toni, 70 anni di Alleghe, in provincia di Belluno, capocantiere della Funimont Srl e accusato di omicidio colposo in relazione alla morte di Vincenzo Di Placido, la guida alpina di La Thuile deceduta nel tardo pomeriggio del 17 settembre del 2012 a causa di un incidente sul lavoro.
Di Placido, originario di Cassino, in provincia di Frosinone, arrivato a La Thuile nel 2000, era impegnato in lavori di manutenzione sul tratto di funivia che da Youla porta alla cresta Arp, nella val Veny: salito sul cosiddetto ‘cestino’ per eliminare un contatto tra la fune traente e la fune portante dell’impianto, attorno alle 15.30 – a poca distanza dalla stazione di arrivo – sarebbe stato sbilanciato dall’improvvisa messa in funzione della funivia da parte del macchinista Andrea Balzarini, precipitando quindi al suolo da un’altezza di una decina di metri.
Per quella morte il macchinista – il 15 maggio scorso patteggiò tre mesi di reclusione, detenzione sostituita col pagamento di 22.500 euro di multa.
Aldo De Toni, capocantiere e titolare della Funimont Srl, società bellunese alla quale venne appaltato l’intervento di manutenzione dalla Courmayeur Mont Blanc Funivie, in relazione alla mancata vigilanza sul fatto che Di Placido «utilizzasse correttamente i dispositivi di protezione individuale preordinati a evitare la caduta dall’alto», non sarebbe stato «tenuto a mantenere una costante sorveglianza», ha dichiarato in aula il legale difensore di De Toni, l’avvocato Andrea Serlenga di Torino.
«Gli stessi operai, in caso di anomalia, avrebbero dovuto prontamente avvisare il preposto, che avrebbe impartito le direttive del caso – ha aggiunto l’avvocato Serlenga -. Ma a De Toni, che si trovava dieci volte più lontano dell’operaio più vicino al Di Placido, non fu segnalato nulla».
Secondo quanto emerso dalle indagini compiute dai Carabinieri insieme ai tecnici della sicurezza sui luoghi di lavoro dell’Usl, Vincenzo Di Placido salì sul ‘cestino’ slegato.
In sede civile le compagnie assicurative hanno già provveduto – qualche giorno dopo il rinvio a giudizio dei due imputati da parte del gup Eugenio Gramola – al risarcimento del danno in favore dei genitori di Vincenzo Di Placido, della compagna Miriam, delle due figlie e delle due sorelle, mentre rimane ancora aperto il procedimento in favore di due nipoti della sfortunata guida alpina (i figli di una delle sorelle), neo costituita parte civile nell’udienza del 15 aprile scorso.
(pa.ba.)