‘ndrangheta: l’avvocato Bagalà non risponde alle domande del gip
La penalista aostana, attualmente ai domiciliari, si è avvalsa della facoltà di non rispondere; il suo difensore annuncia che si rivolgerà al Tribunale del Riesame
Si è avvalsa della facoltà di non rispondere Maria Rita Bagalà, l’avvocata aostana finita ai domiciliari sette giorni fa nell’ambito dell’operazione Alibante coordinata dalla DDA di Catanzaro. La penalista, indagata per concorso esterno in associazione mafiosa e altri reati, è arrivata alle 9.24 in via Ollietti, ad Aosta, per l’interrogatorio di garanzia in rogatoria davanti al gip.
Bagalà, mascherina e occhiali scuri a coprire il volto, è giunta a piedi accompagnata dal marito Andrea Giunti; anche lui avvocato e anche lui indagato (a piede libero) nell’ambito della medesima inchiesta. Anche nei confronti di quest’ultimo la Procura aveva chiesto l’applicazione della misura cautelare; tuttavia, il gip non ha ritenuto raggiunta la soglia della gravità indiziaria, anche perché «sebbene caratterizzino l’indagato quale affarista spregiudicato che non disdegna di intraprendere operazioni dai risvolti quantomeno opachi», gli elementi raccolti «sono totalmente inidonei a radicare la sua partecipazione nel sodalizio criminale».
La difesa: «Non abbiamo ancora visto gli atti»
Maria Rita Bagalà, comunque, è rimasta dentro al Tribunale per circa 20 minuti insieme all’avvocato Michel Milliery, presente in sostituzione del collega Mario Murone.
Contattato telefonicamente, Murone ha spiegato: «Ancora non abbiamo piena contezza degli atti, anche perché ci è stato consegnato un dischetto ma non è stato possibile aprirlo. Al momento abbiamo letto solo l’ordinanza, quindi non avremmo potuto fare scelte diverse oggi».
Il legale ha poi annunciato che, appena possibile, si rivolgerà al Tribunale del Riesame. D’altronde, già nei giorni scorsi l’avvocato Murone aveva evidenziato come «l’interrogatorio in rogatoria è fatto da un giudice che non è quello competente. La sede difensiva naturale sarà quella del riesame in cui chiederemo la revoca della misura cautelare».
L’accusa
L’avvocato Bagalà, figlia del presunto boss Carmelo Bagalà, per gli inquirenti coordinati da Nicola Gratteri era la «mente legale della cosca». Nello specifico, avrebbe garantito «l’amministrazione di diversi affari illeciti della compagine» occupandosi «della cura degli interessi economici e finanziari del sodalizio».
Nelle carte dell’accusa, il suo nome emerge principalmente per i presunti “legami” con due società: la Sole srl e la Calabria Turismo srl. Per gli investigatori, nella prima aveva assunto il ruolo di prestanome, mentre nella seconda sarebbe stata amministratrice occulta.
Entrambe le società, comunque, erano parte del progetto di ristrutturazione dell’Hotel dei Fiori di Falerna. E proprio come amministratrice di fatto della Calabria Turismo, Bagalà avrebbe agito al fine di consentire la «fuoriuscita degli storici prestanome» utilizzati dalla cosca per poter poi procedere con «l’alienazione dell’intera società». Il tutto, sempre per l’accusa, sarebbe stato «preordinato a evitare che Carmelo Bagalà comparisse nella complessiva operazione, poiché ciò avrebbe con ogni probabilità determinato controlli antimafia sull’intera vicenda».
(f.d.)