Carovana dei Ghiacciai registra l’agonia del Rutor: persi 4 km² in 150 anni
La campagna di Legambiente sui ghiacciai e il riscaldamento globale parte dalla Valle d'Aosta, con la salita sul ghiacciaio del Rutor che negli ultimi 50 anni è arretrato di circa 700 metri
La Carovana dei Ghiacciai parte dalla Valle d’Aosta per la sua nuova campagna, la quarta, di sensibilizzazione sul riscaldamento globale registrando l‘agonia del ghiacciaio Rutor.
Il terzo maggiore ghiacciaio valdostano ha perso dal 1865, anno di fondazione del Comitato glaciologico italiano e delle prime misurazioni, una superficie di 4 km², di cui 1,5 km² negli ultimi cinquant’anni, con un arretramento del fronte tra i 650 e 750 metri.
Il grido d’allarme lo lancia Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente e presidente Cipra Italia, la sezione italiana del Comitato internazionale di protezione delle Alpi nella conferenza stampa di questa mattina per illustrare i dati del monitoraggio e presentare la nuova campagna.
«Dobbiamo prendere coscienza tutti quanti che non si può più fare finta di niente» dice Bonardo sottolineando come «la coscienza comune debba essere costruita a partire dai dati, poi dal punto di vista politico ognuno faccia le sue scelte».
Vanda Bonardo ricorda che lo scioglimento dei ghiacciai mette di fronte «non solo ad aspetti scientifici ma apre a riflessioni che vanno al di là, sono mondi e ambienti che rischiamo di perdere».
«La montagna è emblematica per raccontare la crisi climatica e noi abbiamo scelto i ghiacciai come emblema» sottolinea.
La Carovana dei Ghiacciai sul Rutor
Gli attivisti di Legambiente sono saliti ieri, lunedì 21, alle pendici del ghiacciaio del Rutor per inaugurare la nuova campagna con un flash mob contro l’eliturismo, invitando le amministrazioni locali e eliminare questa pratica dannosa per l’ambiente, la fauna e anche chi cerca una fruizione silenziosa della montagna.
In seguito ci sono state attività di monitoraggio e osservazione delle morfologie glaciali a cura di Paolo Pogliotti e Federico Tognetti, (Arpa Valle d’Aosta); Marta Chiarle (Cnr-Irpi); Marco Giardino (Cgi).
Il bardo suonatore di cornamusa Valerio Zanchetti ha poi suonato il Saluto al ghiacciaio, prima della discesa.
Questa mattina la conferenza con la restituzione delle attività di monitoraggio.
Lo stato di salute del Rutor
Marco Giardino, vice presidente del Comitato glaciologico italiano (Cgi) ha illustrato come dal 1895 il Ghiacciao del Rutor abbia perso 4 km² di superficie, 1,5 km² solo negli ultimi 50 anni.
I dati di quest’anno sono ancora parziali, come ha sottolineato Marta Chiarle, ricercatrice del Cn-Irpi e del Cgi, ma evidenziano «un ritiro tutto sommato contenuto rispetto ad altri ghiacciai, ma il paragone è con il 2022 che è stato un anno drammatico, tremendo per gli scarsi accumuli nevosi e le elevate temperature».
Lo scorso anno il ritiro del fronte del Ghiacciaio del Rutor si è attestato sui 6 metri, «modesto rispetto ad altri che hanno registrato ritiri a due cifre, e molto più contenuto rispetto ai ghiacciai del Gran Paradiso arretrati di circa 300 metri per il distacco della parte frontale».
Marco Cappio Borlino, direttore tecnico dell’Arpa Valle d’Aosta, sottolineando che «l’ondata di calore di questi ultimi giorni non promette niente di buono», per il Ghiacciaio del Rutor parla di un «accumulo nevoso migliore dello scorso anno, che però è stato un anno disastroso».
Nel suo complesso, la dinamica di ritiro del Rutor risulta condizionata dal paesaggio geomorfologico caratterizzato da un’alternanza di conche colme di sedimenti e ricche di laghi e dorsali rocciose allineate alle strutture geologiche alpine. Questo fa sì che il ritiro non avvenga in modo lineare, ma alternando fasi relativamente stazionarie o di lento ritiro (come l’attuale) quando la fronte si trova in prossimità di una conca, fino a quando emerge una barra rocciosa che isola la fronte dal resto del ghiacciaio, momento in cui si verifica un marcato e rapido regresso della fronte.
Il riscaldamento globale e il negazionismo
«Abbiamo iniziato le indagini in alta quota sui cambiamenti climatici nel 2000/2001. Ancora non se ne parlava e abbiamo fatto fatica a mantenere un nucleo di persone che si occupassero di quello con accumulo dati e informazioni – spiega il direttore tecnico dell’Arpa Vda -. Eravamo i rompiballe che mettevano i puntini sulle i, ora per fortuna si è capita l’importanza di quel lavoro».
«È brutto sentire affermazioni che non stanno né in cielo né in terra, certo è che la comunicazione del riscaldamento globale è difficile perché è un fenomeno difficile da percepire, spesso si confonde meteorologia e clima – aggiunge Cappio Borlino -. Il riscaldamento globale ha un andamento su una scala molto più lunga per l’uomo, ma breve per la natura, sono fenomeni non lineari è tutto difficile da capire e da comunicare e questo lascia campo aperto a chi vuol dire che tutto questo non esiste».
Serve un cambio di mentalità e approccio
«L’insieme dei dati provenienti da ghiacciai diversi ci restituisce il puzzle di cosa sta succedendo ad alta quota – aggiunge Chiarle -. Il dato, l’indagine scientifica, deve essere il punto di partenza di ogni decisione e ogni azione successiva».
La ricercatrice sottolinea inoltre la particolare attenzione alla criosfera della Valle d’Aosta, «da sempre abituata a convivere con il movimento dei ghiacciai, serve la stessa attenzione anche altrove».
«Serve un cambio di mentalità e di approccio – aggiunge Chiarle -. Occorre modificare anche le tecniche di indagine: i paradigmi che funzionavano in passato adesso non funzionano più di fronte a situazioni che in passato non erano contemplate».
Cosa si può fare
«Ognuno di noi può fare qualcosa, siamo granellini, ma la spiaggia è fatta di granellini» ricorda Vanda Bonardo.
«Dobbiamo cambiare paradigma e lo devono fare le amministrazioni locali, non solo adottando la Carta-di-Budoia, cosa che in Valle d’Aosta praticamente tutte le amministrazioni hanno fatto, ma speriamo che la mettano in atto adottando politiche di adattamento al cambiamento climatico».
Legambiente e i ricercatori bocciano l’ipotesi, emersa nei giorni scorsi a proposito delle temperature particolarmente elevate sul Ghiacciaio della Marmolada, di coprire i ghiacciai con teli per contrastarne lo scioglimento.
«La copertura dei ghiacciai lascia grosse perplessità per il dispendio di Co2 superiore al non fare nulla» dice Marco Giardino.
La produzione stessa dei teli, il disporli per l’estate (senza contare che è sempre più labile il confine tra una stagione e l’altra), rimuoverli in inverno per lasciare la possibilità al ghiacciaio di alimentarsi con le precipitazioni richiederebbe un dispendio di Co2 e di risorse economiche, pubbliche, troppo elevato rispetto al risultato che si potrebbe ottenere.
«I teli sono utili per lo snowfarming, eventualmente, ma non sono la strada giusta, l’unica strada è difendere il clima: salvando il ghiacciaio non risolvo il riscaldamento globale».
Non va tanto per il sottile Vanda Bonardo che a proposito dei teli sul Ghiacciaio della Marmolada parla di «strumentalizzazione del problema» e di chiaro «interesse economico per mantenere una pista da sci fregandosene del ghiacciaio, un elemento vivo che si muove e respira».
Il telo «è una toppa assurda a vantaggio di poche persone con il soldo pubblico e a svantaggio della comunità, il che è profondamente scorretto».
La prossima tappa
Dopo la Valle D’Aosta la Carovana dei Ghiacciai 2023 farà la sua seconda tappa in Piemonte, sul Ghiacciaio del Belvedere, focalizzata su ghiacciai e rischi in alta montagna, dal 24 al 26 agosto.
Si proseguirà dal 26 al 30 agosto sui Ghiacciai di Dosè in Lombardia, dal 31 agosto al 2 settembre ci si sposterà sui Ghiacciai di Lares e Mandrone in Trentino per concludere con le prime tappe internazionali della Carovana dei Ghiacciai, dal 4 al 6 settembre sul Ghiacciaio Ochsentaler in Vorarlberg, Austria e dal 7 al 10 settembre sul Ghiacciaio del Morteratsch nei Grigioni, Svizzera.
In soccorso dei giganti bianchi
Per maggiori informazioni sulle attività della Carovana dei Ghiacciai si può visitare la pagina sul sito di Legambiente e sostenere le sue iniziative qui.
(erika david)