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  • Lavoro e cittadinanza, la sfida del referendum: come funziona
    AskaNews
    di Administrator admin  
    il 05/06/2025

    Lavoro e cittadinanza, la sfida del referendum: come funziona

    Roma, 5 giu. (askanews) – Si vota in Italia l’8 e 9 giugno per 5 referendum che potrebbero avere un impatto significativo: sia sul mercato del lavoro, sia sulla legge sulla cittadinanza, sia sul governo di Giorgia Meloni.

    Quattro dei cinque quesiti, proposti dal sindacato CGIL, modificano le norme a tutela dei lavoratori, il quinto dimezza (da 10 a 5 anni) il termine necessario perché uno straniero residente in Italia possa chiedere la cittadinanza. I partiti di governo sono contrari, quelli di opposizione, generalmente, favorevoli a tutti i quesiti: per questo il successo dei referendum sarebbe una brutta notizia per Meloni, ma è improbabile che accada.

    COME FUNZIONA: IL PROBLEMA DEL QUORUM

    Si tratta di referendum abrogativi: è quindi necessario ottenere il cosiddetto quorum, ovvero che voti il 50%+1 degli elettori, altrimenti la consultazione non è valida. Infatti ministri e parlamentari di maggioranza invitano a non andare proprio alle urne; Giorgia Meloni è stata molto criticata per aver detto che lei al seggio ci andrà, ma senza votare (a effetti pratici per il quorum, quindi, sarebbe lo stesso che non andare). È possibile anche ritirare solo le schede di alcuni quesiti. Ma il testo sulle schede (a cui si deve rispondere sì o no) è astruso, composto di articoli di legge (volete voi abrogare dal comma x al comma y.), e districarsi non è facile. Con l’eccezione del 2011, quando si votò fra l’altro per impedire la produzione di energia nucleare, tema molto sentito, nessun referendum dal 1997 ha mai raggiunto il quorum. Per questo si ritiene generalmente poco probabile che avvenga in questo caso, soprattutto considerando l’affluenza in costante calo negli ultimi anni anche nelle elezioni politiche e amministrative.

    CHI PUO’ VOTARE

    I cittadini italiani residenti in Italia alle urne; i cittadini italiani iscritti all’AIRE fino al 5 giugno con le schede ricevute a casa; i cittadini italiani fuori sede non iscritti all’AIRE avrebbero dovuto richiedere le schede con largo anticipo.

    COSA DICONO I REFERENDUM SUL LAVORO

    I quesiti sono quattro. Il primo abolisce nella sua interezza in cosiddetto “Jobs Act” che fu voluto dal governo Renzi, quando Renzi era segretario del Partito Democratico. In sostanza, in caso di licenziamento senza motivo (“giusta causa”, ovvero comportamenti illeciti) una azienda di più di 15 dipendenti avrebbe l’obbligo di reintegrare il lavoratore. Il secondo riguarda le aziende con non più di 15 dipendenti cioè la grande maggioranza in Italia: il lavoratore licenziato senza giusta causa adesso percepisce 6 mensilità di indennizzo, in futuro il giudice potrebbe stabilire la somma in base alla gravità del danno subito. Il terzo intende porre un freno all’abuso dei contratti a termine modificando la legge (anche questa del governo Renzi) secondo cui si può stipulare un contratto inferiore a 12 mesi di durata, senza motivazioni. Il quarto riguarda la sicurezza, per tutelare chi lavora in ditte in subappalto: se passasse, il dipendente che avesse un infortunio (per esempio muratore in un cantiere) potrebbe rivalersi anche sulla ditta appaltatrice (che ha commissionato il lavoro al datore del dipendente) e pure sul committente (un ente pubblico e anche un soggetto privato, per il principio che debbano verificare la sicurezza). Il tema è molto sentito in un paese dove muoiono in media due persone al giorno sul lavoro.

    COSA DICE IL REFERENDUM SULLA CITTADINANZA

    Modifica la legge attuale in vigore dal 1992 che prevede per un extracomunitario maggiorenne almeno 10 anni di residenza continuativa in Italia prima di poter chiedere la cittadinanza. Il termine passerebbe a 5 anni (come era nella precedente legge). I promotori di questo quesito (il partito + Europa di Riccardo Magi e della ex radicale Emma Bonino, oltre a numerose associazioni per i diritti civili) sono gli stessi che avrebbero voluto far approvare in Parlamento una legge per facilitare l’ottenimento della maggioranza per i minorenni cresciuti in Italia (che ora devono aspettare il 18esimo compleanno e comunque dimostrare i 10 anni di residenza continuativa). Questo referendum è un altro corno della questione, ma avrebbe un grande impatto su centinaia di migliaia di immigrati; il percorso a ostacoli verso la cittadinanza (fra lungaggini burocratiche, verifiche, ricerca di documenti sono necessari almeno tre anni dalla richiesta, ma possono diventare molti di più) rimarrebbe lo stesso ma. partirebbe prima. In ogni caso non risolverà il problema dei ragazzi che si trovano a dover chiedere un visto per partecipare alla gita scolastica a Parigi, o non possono concorrere a iniziative sportive, perché “non sono italiani”. Non basta nascere in Italia per diventare italiani; bisogna avere almeno un genitore già cittadino. Lo chiamiamo ius sanguinis, il diritto del sangue, in opposizione allo ius soli o diritto della terra (quello in vigore nei paesi di diritto anglosassone come gli Stati Uniti, anche se Trump vorrebbe abolirlo: basta nascere negli Usa per essere cittadino americano).

    COSA CAMBIEREBBE?

    Per i lavoratori, maggiori tutele, ma soprattutto per le piccole e medie imprese, parecchi potenziali problemi, con il rischio di sborsare molto più denaro in indennizzi. Per gli immigrati, un percorso più breve anche se non più facile verso l’agognato diritto a chiamarsi italiani.

    QUANDO SI SAPRÀ?

    Si vota domenica 8 dalle 7 alle 23, lunedì 9 dalle 7 alle 15. L’indicazione sul quorum però arriverà molto prima coi dati dell’affluenza; se il quorum sarà raggiunto è quasi certo che vincano i sì.

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