Maria Barosso: due mostre sulla donna che disegnò i Fori e l’Appia
Roma, 16 nov. (askanews) – Una pioniera, la prima donna assunta alla direzione Antichità e Belle Arti a Roma: Maria Barosso per quarant’anni dal 1905 a dopo la guerra, disegnò le scoperte archeologiche in tutta Italia. Al suo lavoro nelle chiese dell’Appia Antica – San Cesareo e Santo Stefano costruite sui resti romani – rende omaggio una mostra nel parco archeologico , con una serie di disegni riemersi dagli archivi. Diplomata all’accademia di Belle Arti, diventa archeologa di fatto, sul campo.
Uno dei curatori, Matteo Mazzalupi: “Era una signora di Torino che si trasferisce a Roma all’inizio del 1900 e diventa collaboratrice dell’archeologo più importante dell’epoca, Giacomo Boni, colui che fece gli scavi del foro Romano e del Palatino. A Roma ci sono decenni compresa tutta l’epoca fascista in cui non si può fare a meno di lei”.
La direttrice del parco archeologico dell’Appia antica Luana Toniolo: “Lei è stata la prima donna ad essere seconda e poi prima disegnatrice. In un momento in cui c’era non tantissima fiducia verso la fotografia, il disegno permetteva di conservare tutte le fasi del lavoro di scavo che è distruttivo. Molti di questi disegni ci fanno vedere momenti che non potremo mai più ricostruire, ad esempio a San Cesareo di Appia vediamo contemporaneamente il grande soffitto ligneo e un mosaico romano, che ora è coperto da un pavimento”.
Una delle curatrici, Ilaria Sgarbozza: “Quando si ritrova sui luoghi fa quello che deve fare però ogni tanto si ritaglia del tempo per realizzare degli acquerelli, delle “impressioni dal vero” come abbiamo chiamato la mostra, che passano pure per il colore”.
Donna solitaria, fervente ammiratrice del fascismo, Barosso morì quasi dimenticata nel 1960. L’unica foto di lei che si conosce è quella sulla sua tomba al Verano.
La mostra sull’Appia è aperta fino al 12 aprile – ma la storia vive di coincidenze: e doveva essere l’epoca di riscoprire Barosso, perché un’altra mostra alla centrale Montemartini fino a febbraio espone 150 suoi pezzi fra litografie, disegni, acquerelli, il lavoro di tutta una vita, dalla villa dei Misteri a Pompei, alle grandi demolizioni con cui Mussolini fece spazio a via dei Fori Imperiali.
Barosso documentò nei dettagli la distruzione dell’epoca; un lavoro certosino per un mestiere che andava scomparendo mentre il tessuto urbano di Roma veniva trasformato.
“Una dedizione assoluta al lavoro in anni in cui la condizione femminile era orientata su altre attività e altre occupazioni”, conclude Sgarbozza.
