Benny Carbone: «Da tempo qualcuno voleva la mia testa, costretto alle dimissioni da inaccettabili forzature tecniche»
«Venerdì sera è successo qualcosa di grave sul quale non potevo passare. Ci ho pensato tutta la notte confrontandomi con le persone a me più vicine e questa mattina ho deciso che dovevo dimettermi. Lo so che è una scelta forte, ma l’ho fatto per il bene della società». Benito Carbone ha spiegato al telefono il perché del clamoroso addio alla panchina del Vallée d’Aoste, arrivato poco prima della rifinitura di questa mattina a Rozzano. Il tecnico è arrivato all’impianto milanese come d’abitudine con l’auto messa a disposizione dalla società, ma, mentre la squadra era pronta nello spogliatoio, invece di iniziare la rifinitura, ha avuto un faccia a faccia con il direttore sportivo Christian Filippella. Al termine dell’incontro, nel quale si sussurra che si sia alzata la voce, il tecnico e il ds hanno incontrato la squadra e Carbone ha annunciato le dimissioni. Un gesto fortissimo, che ha pochissimi precedenti nella storia del calcio professionistico. In settimana, come ha poi confermato Christian Filippella, il mister di Bagnara Calabra aveva rassegnato le dimissioni due volte, ma la società l’aveva convinto a rimanere al suo posto e ieri, nell’incontro con la stampa seguito all’ultimo allenamento in terra valdostana, lo stesso allenatore aveva confermato che era stata ritrovata l’unità di intenti e che era fiducioso per il delicatissimo match di Fano. E, invece, venerdì sera è successo «qualcosa» che ha sparigliato le carte, mettendo club e calciatori in una situazione a dir poco difficile. Sul che cosa e, soprattutto, sul con chi, Carbone rimane criptico. «La situazione era difficile da tempo – ha dichiarato l’ormai ex mister -. Continuavano a girare voci pesanti nello spogliatoio, fatte filtrare dall’esterno e finalizzate a far cadere la mia testa. Questo ha creato tensioni e ansie che hanno fatto male alla squadra. Ci sono poi state delle forzature tecniche che io non posso accettare: da quel punto di vista non scendo a compromessi con nessuno, le scelte le faccio solo io, perché se devo sbagliare, lo voglio fare con la mia testa. Non c’erano più le condizioni per andare avanti e ho fatto l’unica cosa che c’era da fare. Mi dispiace moltissimo per i ragazzi, che sono stati con me fino all’ultimo (i soliti ben informati, invece, da qualche settimana sostenevano che il mister avesse perso il feeling con parte della squadra ndr). Li ho abbracciati tutti e ho augurato loro di salvarsi nelle prossime quattro partite, io so che ce la possono fare. Ringrazio di cuore il dottor Corrado Musso e Christian Filippella per l’appoggio che mi hanno dato e per il bene che mi hanno voluto. I calciatori devono ottenere la salvezza per queste due grandi persone».
Il direttore sportivo granata, che all’ora di pranzo aveva richiamato al timone Giovanni Zichella (il preparatore dei portieri Gabriele Corvo è stato mandato a Torino a prelevare il tecnico per portarlo nel ritiro di Rimini), respinge l’accusa di forzature delle scelte tecniche. «Io guardo al futuro, abbiamo una partita delicatissima da preparare in poche ore – ha fatto sapere in serata – e non voglio cadere in sterili polemiche. Con Benito Carbone ho sempre avuto un rapporto speciale, che ci ha portato spesso a confrontarci sulle strategie da seguire negli impegni che ci attendevano, ma questo sempre nell’ambito di un normale rapporto che deve esserci tra allenatore e direttore sportivo. La società, poi, ha una sua linea sul minutaggio dei giovani, ma questa è chiara fin dall’inizio stagione e, quindi, non ha mai creato alcun problema. Il capitolo Carbone si è chiuso, adesso sono concentrato sul match con il Fano, che, già prima di questo terremoto, era il più difficile della stagione. Zichella è arrivato e sta già pensando a come affrontare la gara. E’ un grande lavoratore, un professionista serio, in settimana in società avevamo già deciso che in caso di addio di Carbone avremmo richiamato lui senza prendere in considerazione altre strade». Ma mai avrebbero pensato di doverlo fare a poco più di 24 ore dalla partita che può valere una stagione.
(davide pellegrino)