Calcio: addio a Ferruccio Mazzola, a metà degli anni ’90 provò inutilmente a salvare l’Aosta
E’ scomparso ieri a Roma a 68 anni Ferruccio Mazzola (foto), figlio del grande Valentino e fratello dell’ex capitano dell’Inter Sandro. Le strade di Ferruccio Mazzola e della Valle d’Aosta del pallone si incrociarono a metà degli anni ’90. Chiamato con la squadra in fondo alla classifica di C2 dal presidente Massimo Pavan a fine dicembre del ’94 per sostituire Giuliano Ciravegna, Mazzola portò la squadra ai play out, ma poi non riuscì a evitare la retrocessione nello spareggio con la Centese. Nella stagione successiva, con i rossoneri in serie D, Ferruccio Mazzola restò come direttore generale e assunse in panchina Ferinando Donati, mentre da direttore sportivo fungeva Lucio Mongardi (scomparso qualche anno fa). La rosa allestita, nonostante la società sull’orlo del fallimento, fu importante, con giocatori del calibro, tra gli altri, di Alberto Fontana, Claudio Fermanelli e Igor Zaniolo. L’Aosta rimase in vetta alla classifica per due terzi di torneo, battendo anche il Pisa di capitan Gianluca Signorini al Puchoz per 1-0, ma nel finale di stagione i problemi societari ebbero la meglio e, pur non perdendo né all’Arena Garibaldi, né al Lamarmora di Biella, l’Aosta subì il sorpasso dei neroazzurri toscani e ai play off si presentò in campo con quasi tutta la Juniores.
«Ferruccio Mazzola è stata la persona più importante che ho conosciuto a livello calcistico – ricorda Mauro Cusano, all’epoca vice allenatore dei rossoneri -; tra di noi si era creata una grande amicizia, che è proseguita negli anni. Era un grand’uomo, un intenditore di calcio, che colpiva per l’educazione e per la grande umiltà che possedeva, nonostante il cognome che portava. Il suo pregio più grande era il saper parlare con la gente, a livello umano era davvero speciale: riusciva a far sentire importanti tutti, dal magazziniere, al giocatore che passava più domeniche in partita che in campo. Purtroppo è arrivato ad Aosta in un periodo difficile, ma nonostante questo riuscì a valorizzare i nostri giovani, mandando Fusani e Sorrenti all’Inter e Ceccato alla Lazio. Anche lui, però, fu vittima delle invidie e delle gelosie che, da sempre, sono il male maggiore del calcio valdostano: non c’è niente da fare, non riusciamo ad apprezzare le professionalità valide che hanno molto da insegnare».
(davide pellegrino)