Presunta estorsione a ‘La Pineta’ di Pontey: «Da questa vicenda un danno incalcolabile, tirato in ballo senza nemmeno saperlo»
Sono sentimenti contrastanti, quelli che popolano la mente dell’aostano Fabian Marciano, 36 anni, all’indomani della sentenza con la quale il collegio presieduto da Massimo Scuffi (giudici a latere Marco Tornatore e Anna Bonfilio) l’ha assolto dall’accusa di concorso in estorsione aggravata nell’ambito dell’inchiesta avviata a seguito delle minacce e delle richieste di denaro avanzate questa estate all’ex titolare de ‘La Pineta Pizza House’ di Pontey, David Jean Laurent Pezzana, trentenne di St-Vincent.
«Se da una parte non posso che esprimere la mia grande soddisfazione per una sentenza che ha dimostrato la mia totale estraneità ai fatti contestati, e di questo devo ringraziare l’obiettività dei giudici, il grande lavoro effettuato dal mio legale (l’avvocato Nicoletta Spelgatti di Aosta, ndr) e le intercettazioni a opera dei carabinieri attraverso le quali è stata dimostrata la mia innocenza, dall’altra non posso non sentirmi dispiaciuto per il mese trascorso in carcere, senza motivo, circostanza che ha creato sofferenze a me e a mia madre, oltre ad avermi creato un danno di immagine e professionale incalcolabile», è lo sfogo di Marciano, che aggiunge: «In Valle d’Aosta non sto più lavorando, non mi chiama più nessuno».
Fabian Marciano, titolare di un’impresa di installazione di impianti tecnologici, il 20 agosto scorso fu raggiunto a Piacenza (dove vive sua madre) da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere perché considerato «il mandante» delle richieste di denaro promosse nei confronti del titolare de ‘La Pineta Pizza House’ di Pontey dagli albanesi residenti a Milano, Leart Bejko, 32 anni, e Rajmondi Shaholli, 31, condannati ieri a 8 mesi di carcere ciascuno (pena sospesa, quindi scarcerati) a seguito della derubricazione del reato da estorsione in esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.
Marciano, arrestato il 20 agosto scorso, fu scarcerato il 12 settembre, «dopo essere stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Reggio Emilia, come il peggiore dei delinquenti. Mi è cascato il mondo addosso», afferma, precisando come «ora valuterò insieme al mio legale un’eventuale richiesta di risarcimento dei danni patiti a causa di questa incredibile vicenda, in cui mi sono trovato tirato in ballo senza nemmeno saperlo».
Insomma, lei non è mai stato «il mandante». «Macché mandante – ha sbottato ieri, mercoledì, in aula -. Io mi sono soltanto preoccupato del fatto che i due ragazzi albanesi potessero entrare in possesso dei soldi che avevano maturato con il loro lavoro di addetti alla sicurezza a ‘La Pineta’, mi sentivo responsabile nei loro confronti, visto che ero stato io a presentarli al Pezzana».
(pa.ba.)