Caccia al cinghiale con radiotrasmittenti modificate: tutti assolti
Sono stati assolti «perché il fatto non costituisce reato», con il giudice che ha ordinato la trasmissione degli atti al Ministero dello Sviluppo economico per l’eventuale contestazione di violazioni amministrative, Giuseppe e Salvatore Timpano, 53 e 29 anni, Gualtiero Bartolucci, 69, Tindaro Borrello, 52, e Armando Dall’Omo, 69, i cinque cacciatori valdostani finiti a processo questa mattina davanti al giudice del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore.
Secondo quanto emerso a seguito delle indagini effettuate dal Corpo forestale unitamente ai funzionari del Ministero dello Sviluppo economico, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino, competente in tema di reati legati alle telecomunicazioni, i cinque nella battuta di caccia al cinghiale dell’8 gennaio 2015 – nei boschi di Bellecombe di Châtillon – avrebbero utilizzato delle radiotrasmittenti con in memoria (anche) frequenze che ricadono nelle bande riservate al sistema del Ministero della Difesa, più precisamente del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Dettaglio non consentito per via di possibili interferenze, e quindi perseguibile penalmente, con pene che possono andare da uno a 4 anni di reclusione.
Le radiotrasmittenti sulle quali sono stati effettuati gli accertamenti tecnici, furono sequestrate nel corso di un blitz a battuta di caccia in corso, che portò anche alla rilevazione di segnali emessi da particolari collari gps applicati sui cani da caccia, anche se questi non vennero materialmente trovati dagli inquirenti, nemmeno dopo alcune perquisizioni domiciliari.
Al sostituto procuratore Carlo Introvigne, dopo avere derubricato il reato in danneggiamento, chiedendo la condanna di tutti gli imputati a quattro mesi di reclusione, hanno replicato le difese dei cinque imputati, rappresentati in aula dagli avvocati Claudio Soro e Ascanio Donadio, che nelle loro arringhe hanno sostenuto che le radiotrasmittenti incriminate non avrebbero in alcun modo potuto creare interferenze per via sia del fatto che le frequenze in memoria erano quelle del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco – e non del Comando regionale – sia perché il loro segnale copriva a malapena l’area in cui si era svolta la battuta di caccia.
(pa.ba.)