Operazione Golfo: assolto presunto mandante estorsione ai Verta
E’ stato assolto «per non avere commesso il fatto», Giuseppe Paciolla, 49 anni di Nus, nel processo conclusosi questa mattina davanti al giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Davide Paladino. Dopo una camera di consiglio durata poco più di due ore, il giudice non l’ha ritenuto responsabile del reato di concorso nella tentata estorsione perpetrata nel 2013 ai danni degli imprenditori aostani Sandro e André Verta, suoi ex soci in affari.
«Si è trattato di un processo portato avanti sul nulla, o meglio su una costruzione artificiosa retta da un’intercettazione di una telefonata ambivalente e su fantasie costruite dall’imputato Antonio D’Agostino», ha dichiarato nella sua arringa l’avvocato Salvo Lo Greco di Torino, difensore di Giuseppe Paciolla, per il quale il sostituto procuratore Pasquale Longarini aveva chiesto invece la condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione.
L’ipotesi accusatoria
Secondo l’ipotesi accusatoria, a incaricare Antonio D’Agostino, 36 anni di Pollein, di gambizzare l’imprenditore aostano André Verta, sarebbe stato Giuseppe Paciolla, sposato con la cugina di D’Agostino, visto il contenzioso scoppiato all’interno della loro impresa edile a seguito delle accuse di presunti ammanchi per oltre 50 mila euro mosse al Paciolla da Sandro e André Verta, con quest’ultimo che – nell’ottobre 2012 – assunse la qualità di amministratore unico della società sostituendo di fatto Giuseppe Paciolla come amministratore delegato e la moglie come presidente.
Un cambio al vertice che lo stesso Paciolla ha ammesso non aver preso affatto bene, ma alla domanda se fosse stato lui a incaricare Antonio D’Agostino – già condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione nel processo con rito abbreviato del 30 aprile 2015 – di gambizzare André Verta se non avesse pagato la somma di 100 mila euro, ha risposto: «Assolutamente no». A ruota è quindi intervenuto il difensore Lo Greco: «Perché avrebbe dovuto incaricare qualcuno di gambizzare Verta per avere dei soldi se aveva già avviato tutta una serie di iniziative in sede civile che gli hanno dato tutte ragione?».
Secondo la difesa, Antonio D’Agostino – alla disperata ricerca di una dichiarazione di assunzione per scongiurare un nuovo ingresso in carcere – si sarebbe spacciato come intermediario con i Verta per risolvere bonariamente la questione, nel tentativo di convincere padre e figlio imprenditori a consegnargli una dichiarazione fittizia di assunzione.
Il filone del furto in villa
Nell’ambito della cosiddetta ‘Operazione Golfo’ della Squadra mobile della Questura di Aosta, «avviata nellestate del 2013 nellambito di unattività tecnica su Antonio DAgostino», allalba del 28 ottobre 2013 vennero arrestati lo stesso DAgostino e i torinesi Valter e Roberto Fonsato, padre e figlio finiti nelle pieghe dellinchiesta per un furto in abitazione perpetrato in una villa di Chevrot a Gressan. Accompagnati sul posto da DAgostino, «lorganizzatore» secondo l’accusa, Roberto Fonsato «eseguì materialmente il furto» la mattina del 20 settembre 2013, mentre Valter Fonsato «funse da autista», e per questo motivo questa mattina è stato condannato a un anno e 6 mesi di reclusione oltre al pagamento di 750 euro di multa per concorso in furto aggravato. La difesa, rappresentata in aula dall’avvocato Stefano Caniglia di Torino, ha sostenuto nella sua arringa il fatto che Valter Fonsato «soltanto durante il tragitto da Torino ad Aosta ha appreso di un sopralluogo per un furto che il figlio (Roberto Fonsato, che ha già patteggiato la pena di 8 mesi, ndr) doveva effettuare nei giorni successivi», chiedendo quindi l’assoluzione dell’imputato «per mancanza assoluta dell’elemento soggettivo».
(pa.ba.)