Geenna, il marito di Carcea: «Nessun sostegno elettorale da Raso e Di Donato»
Giuseppe Lazzaro, sentito come teste, ha spiegato che in occasione delle comunali del 2015 «ci contattarono gli ex sindaci di Saint-Pierre Giuseppe Jocallaz e Daniela Lale Demoz, ma anche Alessia Favre»
Geenna, il marito di Carcea: «Nessun sostegno elettorale da Raso e Di Donato».
In occasione delle elezioni comunali del 2015, in tanti volevano avere Monica Carcea in lista a Saint-Pierre. Secondo quanto dichiarato dal marito dell’imputata per concorso esterno in associazione mafiosa, Giuseppe Lazzaro – sentito come teste nel processo Geenna -, il primo a contattare la donna fu l’ex sindaco Giuseppe Jocallaz. «Era il 2014 – ha spiegato il l’uomo -. Monica si era appena laureata e avevamo organizzato una festa in un bar di Saint-Pierre. Lì era presente altra gente, tra cui Jocallaz. Lui si dimostrò interessato al tipo di laurea di Monica perché cercava qualcuno per preparare una lista». Carcea, però, non era interessata perché «voleva aprire uno studio da commercialista».
Sempre in previsione delle comunali del 2015, comunque, «ci contattò l’ex sindaca Daniela Lale Demoz e poi Alessia Favre. Noi però decidemmo di andare con la lista Uv, Stella alpina e indipendenti perché erano stati i primi a contattarci».
Lazzaro ha poi parlato dei rapporti della sua famiglia con Marco Fabrizio Di Donato, imputato in Geenna in abbreviato e ritenuto dagli inquirenti una figura di spicco del presunto locale di ‘ndrangheta valdostano. Di Donato «l’ho conosciuto nel 2005. Mi occupavo della ristrutturazione di un residence a Saint-Pierre e dovevo consegnare i lavori a giungo. Un muratore si era tirato indietro quindi mi sono mosso. Qualcuno mi fornì numero di Marco Di Donato. Lo incontrai e parlammo del lavoro. Chiuso quel discorso per anni non l’ho più sentito. So però che è stato residente a Saint-Pierre per un certo periodo e so anche che mia moglie, per questioni di scuola, aveva avuto contatti con la moglie di Di Donato». In aggiunta, la moglie di Di Donato – anche lei sentita come teste – avrebbe dato un aiuto in matematica alla figlia più grande di Carcea e Lazzaro. «Con il tempo – ha aggiunto Lazzaro -, si era instaurato un rapporto di amicizia tra la nostra famiglia e quella di Di Donato. Finita la scuola le mamme organizzavano grigliate e cene per far stare insieme i figli».
Rispondendo alle domande dell’avvocato Claudio Soro (difesa Carcea), il teste ha precisato: «Sapevo che Di Donato aveva precedenti penali, ma non so di che genere. Poi non ero preoccupato perché alle cene era presente anche un carabiniere di Saint-Pierre, veniva con la moglie e le figlie. Insomma, le bimbe giocavano e noi facevamo due bistecche e una birretta».
Lazzaro ha poi riferito che Antonio Raso (ristoratore aostano imputato per 416 bis) «l’ho conosciuto nel 2008 penso. Un mio amico mi invitò ad Aosta a vedere le Reines. A me non interessava ma mia figlia ci teneva. Finito l’evento in piazza Chanoux siamo andati a bere qualcosa alla Rotonda. Ci ha fatto accomodare: era un compleanno a sorpresa. Nel ristorante di Raso ci sono tornato poi altre volte per vari compleanni dei bambini. La bistecca enorme mi piaceva e piaceva anche ai nostri figli». Nonostante nelle carte della DDA vi siano più incontri documentati e intercettazioni, Lazzaro ha confermato al pm Stefano Castellani che tra lui e Raso «c’era un rapporto cliente-ristoratore». «Ma perché accompagnava sempre sua moglie?», ha chiesto Castellani. Risposta: «Non lo nascondo, sono un po’ geloso».
Il teste ha poi risposto «assolutamente no» al pubblico ministero che aveva chiesto: «In campagna elettorale Di Donato e Raso hanno appoggiato Carcea?». Sul punto, Lazzaro ha precisato: «Mi ricordo che una volta, un mese prima del voto del 2015, mi chiamò Di Donato. Mi chiese se noi, avendo una famiglia numerosa, potevamo aiutare Alessia Favre. Io ho detto di no perché era candidata mia moglie. Dopo qualche giorno mi telefonò Raso e mi chiese in che lista era Monica. Io ho risposto che era nella lista dell’Uv, non in quella dell’Uvp (cioè quella di Favre ndr)». Il pm ha incalzato: «Come mai questa richiesta da Raso? Le risulta che lui possa votare a Saint-Pierre?». «Non ne ho la minima idea – ha risposto Lazzaro -. Non ho dato peso alla cosa e non so dov’è residente Raso. Non mi sono posto il problema».
(f.d.)