Arpa, Edoardo Cremonese: «Basta negare, riscaldamento così mai avvenuto in 10 mila anni»
«Ci stiamo scaldando, inutile continuare a negarlo: questa cosa non è mai successa in dieci mila anni». Non usa mezzi termini il ricercatore di Arpa Valle d’Aosta, Edoardo Cremonese, per definire il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici in atto in tutta Italia e in particolare nella nostra Regione e nella Plaine di Aosta, al centro del primo appuntamento dell’Osservatorio comunale sulla qualità dell’ambiente urbano.
A guidare le danze il presidente dell’osservatorio, l’assessore all’Ambiente del Comune di Aosta, Loris Sartore, che per l’occasione ha voluto coinvolgere anche tutti i 15 comuni della Plaine, oltre al coordinatore del Dipartimento Ambiente della Regione Luca Franzoso, all’omologo Roberto Ducourtil, al sindaco Gianni Nuti, al rappresentante di Arpa, Edoardo Cremonese e all’ingegnera Rosalia Guglielminotti del Coa Energia.
Il Comune di Aosta
«Il problema dei cambiamenti climatici deve essere affrontato nel modo più condiviso possibile, perché gli effetti interessano l’intero pianeta e non hanno confini – ha spiegato Sartore -. Il più grande sbaglio è credere che le azioni le facciano altri per noi».
Ricordata l’adesione al Patto dei sindaci per clima ed energia, nonché l’adozione del PAESC, Sartore ha voluto allargare il mirino.
«Serve una rete che condivida le buone pratiche – ha detto -. La partecipazione della Plaine, dove vive il 50% della popolazione, è fondamentale, perché qui siamo in presenza di un catino “ideale” per la concentrazione delle emissioni. Ci auguriamo un percorso condiviso con tutti i Comuni, Regione e Coa; gli effetti climatici sono ormai sotto gli occhi di tutti, così come i loro effetti economici, che penalizzano le fasce più deboli».
Arpa
Non usa mezzi termini il ricercatore di Arpa Valle d’Aosta, Edoardo Cremonese.
«Ci stiamo scaldando, questi non sono cicli naturali, queste cose non sono mai accadute in 10 mila anni in termini di rapidità e omogeneità dei cambiamenti – esclama Cremonese -. E tutto questo accade a causa dei gas serra, su questo la comunità scientifica non ha dubbi».
Cremonese sposta il mirino sulla Plaine, proprio come sta avvenendo per le ricerche di Arpa.
«Stiamo toccando i massimi storici dagli anni ’70 – continua -. Nelle ultime settimane stiamo vivendo il clima che avremo nel 2030, 2040 secondo gli scenari peggiori. Nella migliore delle ipotesi ci scalderemo di 1.5-2 gradi, 3-4 nella peggiore, a seconda di quanto ridurremo le emissioni».
Le conseguenze sono presto spiegate.
«Ci saranno sempre più eventi estremi, dal caldo alle maggiori precipitazioni in autunno – continua Cremonese -. Per ridurre gli impatti bisogna lavorare su mitigazione e adattamento. Il primo significa ridurre i gas che causano l’effetto serra, con azioni legate a trasporti, energia e industria. La tecnologia c’è, non cadete nelle retorica».
L’adattamento, invece, si concretizza nel «capire quali saranno gli impatti sulla vita di tutti i giorni e sui settori socio-economici – conclude Cremonese -. Ad Aosta ci sono quartieri più esposti all’isola di calore urbano (come si vede nell’immagine con i dati calcolati a partire dal sensore ECOSTRESS della NASA, montato sulla stazione spaziale internazionale, dove la zona blu indica una temperatura inferiore ai 25°, ndr.) e che dovranno affrontare la diminuzione delle precipitazioni. Per l’agricoltura ci sarà maggiore bisogno di acqua, mentre il turismo dovrà sfruttare le modificazioni climatiche».
Regione
Ha parlato di una Valle «da considerarsi neutra» a livello di emissioni di anidride carbonica il coordinatore del Dipartimento Ambiente della Regione, Luca Franzoso.
«Le emissioni che produciamo sono compensate, anche se non interamente, dagli assorbimenti delle foreste» e dalla forte produzione idroelettrica.
Questo, però, «non vuol dire che siamo virtuosi – continua Franzoso -, ma fortunati, perché le emissioni sono nella media italiana, se non più elevate. Siamo, però, dove tanti vorrebbero essere nel 2030».
Franzoso ha poi parlato del Piano regionale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, che prevede interventi su trasporti e riscaldamento.
«Gli interventi sul settore industriale e su quello agricolo sono più complessi – conclude -. Non dobbiamo tornare all’età della pietra, ma cercare di fare le stesse cose che facciamo oggi con maggiore attenzione. Bisogna dare alle persone gli gli strumenti per avere un’impronta ambientale più leggera».
(alessandro bianchet)
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