Federico Massone firma per la Reale Mutua: «Torino era nel mio destino»
Paolo Moretti, Federico Massone e Giorgio Bottaro
SPORT
di Enrico Formento Dojot  
il 25/06/2025

Federico Massone firma per la Reale Mutua: «Torino era nel mio destino»

Il 27enne forte play aostano spiega i motivi della sua scelta di lasciare Cremona per accettare la proposta di coach Paolo Moretti

Federico Massone è un nuovo giocatore della Reale Mutua Torino.

Il 27enne forte play aostano cambia maglia e si avvicina ulteriormente a casa, firmando per una delle piazze storiche del basket italiano, attualmente in serie A2.

Corsi e ricorsi non sono una pura invenzione teoretica di Giambattista Vico, buona per riflessioni filosofiche, ma sostanzialmente priva di ricadute pratiche.

Esistono nella realtà e ne fa ora esperienza l’enfant prodige valdostano Federico Massone.

Una scelta che unisce basket e ricordi, passione e affetti che coesistono come un tutt’uno.

Federico Massone alla Reale Mutua Torino

Federico, come nasce questo nuovo rapporto con Torino?

«Ero a Cremona, dove mi sono trovato bene. Individualmente ero soddisfatto, come squadra forse si poteva fare qualcosa di più, ma comunque ci siamo salvati. Mi ha contattato il coach della Reale Mutua, Paolo Moretti, e me la sono sentita di firmare per due anni; tra l’altro non ho mai concluso un contratto così presto, di norma avveniva a luglio. Mi sono reso conto che non esisteva alternativa migliore».

È stato convinto dal progetto?

«Certo. Torino è una società seria e intende partire da alcune pedine importanti, tra le quali io: cresceremo insieme. Una bella squadra, un allenatore bravissimo, un preparatore atletico come Roberto Marocco con cui ho già collaborato a Biella, un ambiente molto positivo».

Senza contare la trepidazione di giocare al Palazzetto intitolato al grande Gianni Asti.

«Gianni Asti è il mio padre cestistico, una valanga di ricordi affolla la mia mente, sarà emozione ogni volta che salirò sul parquet».

Nessun rimpianto per l’addio a Trapani

Rimpiange il trasferimento, un paio di anni fa, da Trapani a Verona, visto l’exploit dei siciliani, arrivati fino alle semifinali scudetto?

«All’epoca si era all’inizio di un ciclo, con le conseguenti incognite, e non si sapevano gli sviluppi. Non mi pento di avere scelto Verona, una società di rilievo assoluto: il rammarico riguarda piuttosto l’infortunio che mi ha negato tre quarti di stagione».

Un giovane vincente nello sport e nello studio

Lei continua a coniugare con profitto sport e studio.

«A settembre conseguirò la laurea magistrale in Economia. Ho affiancato sport e studio fin da bambino, mi sembrerebbe strano non farlo. Ritengo che sia molto utile avere più opzioni, anche per il futuro: il basket non può durare all’infinito. Ma al di là di questo, coltivare diverse passioni arricchisce, e una spinge l’altra, si alimentano e rafforzano a vicenda».

Si sente un esempio per i ragazzi che si affacciano alla vita?

«Ho visto negli anni tanti compagni che hanno abbandonato lo sport perché lo ritenevano di impedimento, e altri che lasciavano gli studi per puntare a una carriera in serie A. Quando vado nelle scuole, insegno come la metodologia dello studio e la disciplina dello sport siano non solo compatibili, ma si integrino generando un valore aggiunto ragguardevole. Cerco di fare capire questo concetto ai ragazzi e soprattutto ai genitori, che si preoccupano per il futuro dei loro figli. Personalmente, sono stato fortunato, perché i miei sono persone eccezionali e mi hanno trasmesso valori e principi giusti».

La famiglia al centro della vita e Camogli un posto speciale

Per lei la famiglia è centrale.

«Assolutamente. Le scelte di Cremona e Torino sono nate anche dalla vicinanza con la nostra Camogli. La famiglia accoglie nei momenti sfavorevoli e sprona in quelli favorevoli. So che non è una fortuna che tocca a tutti. La famiglia si costruisce tutti i giorni, con i sacrifici, anche, che ogni relazione duratura richiede. Sì, per me la famiglia è centrale. Torino, in particolare, ospita l’ospedale nel quale è stata ricoverata mia sorella quando le ho donato il midollo osseo. Al di là delle motivazioni sportive, Torino era evidentemente nel mio destino, e ne sono contento».

Chiudiamo con Camogli, oggi la “sua” Camogli.

«È diventato il mio posto del cuore, insieme ad Aosta, dove sono vissuto per quindici anni. E direi che oggi Camogli è il mio posto nel mondo. Sembra di vivere in un’altra epoca, con le case colorate dei pescatori, i ritmi umani che rispettano la mia andatura. È come stare in un tempo sospeso, fuori dal chiasso e dall’inutile affanno generale. D’altra parte, il golfo di Camogli si chiama Golfo Paradiso».

(enrico formento dojot)

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