I primi 90 anni di Livio Stuffer, poliedrico atleta innamorato dello sport
Il gardenese trapiantato a Courmayeur che ha partecipato a tre Olimpiadi ha festeggiato il compleanno circondato dall'affetto della sua famiglia
I primi 90 anni di Livio Stuffer tra ricordi, sorrisi e amore per la famiglia.
Un bel traguardo che questo campione poliedrico – ha praticato fondo, biathlon, scialpinismo, ciclismo – ha celebrato lunedì 4 agosto con una dolce e appagata serenità, circondato dall’affetto della sua bella famiglia.
Mille vite si stratificano e si intersecano per un uomo che ha vissuto tante esperienze, sempre con un approccio pacato – che non significa distaccato – e positivo.
Livio Stuffer: «Sono rimasto in Valle d’Aosta per seguire la mia vocazione da atleta»
Livio, originario di Ortisei, capitale della Val Gardena, arriva giovanissimo in Valle. Alpino che ha perso la penna, come si dice scherzosamente.
«Ero di leva a Courmayeur. La Scuola Militare Alpina effettuava selezioni e i più bravi rimanevano per le gare. A un certo punto, dovevo scegliere e non ho avuto dubbi: sono rimasto in Valle a seguire la mia vocazione di atleta. E la stessa scelta l’ha fatta mio cugino Mario, lo scultore, che tra le altre, ha realizzato il Cristo dello Chamolé, a Pila. Lui era un saltatore, ma poi si è innamorato della scultura».
Livio Stuffer: «In Libano ho vinto due splendidi cedri che ho ancora a Courmayeur»
Le sue specialità principali erano fondo e l’antesignano del biathlon, all’epoca sotto l’egida dei corpi militari.
«Era così, ma se ci pensiamo bene anche ora, quasi tutti gli atleti fanno parte di reparti militari. Ho vinto dei titoli mondiali militari. Allora il biathlon non esisteva, si parlava di fondo e tiro. Ricordo le edizioni in Svizzera e in Libano, nel 1966. Il Libano era bellissimo, veramente il Paese dei cedri. Eravamo a Les Cèdres e come premio mi hanno regalato due piante che oggi ancora svettano qui a Courmayeur, invito tutti ad ammirarli».
Livio Stuffer in una gara di biathlon
Le tre Olimpiadi di Livio Stuffer
Per lei tre Giochi Olimpici di fila.
«Già. Squaw Valley negli Stati Uniti nel 1960, Innsbruck nel 1964, Grenoble nel 1968. In otto anni, una grande evoluzione. Per un giovane come ero allora andare in America era qualcosa di unico, anche se stavamo in un luogo frequentato solo dagli atleti, eravamo tutti assieme. Nel 1964 già era cambiata l’organizzazione: noi del fondo e del salto a Seefeld, gli hockeysti in città e gli slalomisti in un altro paese. A Grenoble, invece, venivamo ospitati in appartamenti di un vero villaggio olimpico. Tra noi, una genuinità semplice che oggi non esiste più».
Aveva notato un’evoluzione anche dal punto di vista dei materiali?
«Direi di no. L’evoluzione c’è stata nel mio ultimo anno, il 1970, quando un americano aveva inventato il passo di pattinaggio. La specializzazione è arrivata molto dopo».
I Mondiali e i titoli tricolori di Livio Stuffer
Livio, per lei non solo Olimpiadi.
«Ho partecipato a due Mondiali, Oslo 1962 e Zakopane 1966. Ho vinto quattro titoli italiani di fondo, di cui uno nella 30 chilometri e tre nella 50».
Livio Stuffer impegnato nel fondo
Insomma, gestiva la gara e grazie alle doti di resistenza fregava gli avversari alla fine…
«Sì, possiamo dire che andava proprio così (ride di gusto, ndr)».
Livio Stuffer, un atleta poliedrico innamorato dello sport
Grazie alla sua versatilità ha abbracciato anche altre discipline.
«Tra fondo, biathlon, scialpinismo e ciclismo ho disputato un centinaio di gare. Poi, ho fatto tante salite con Walter Bonatti, che abitava anche lui a Courmayeur. E lo scialpinismo mi ha visto gareggiare con Gianfranco e Aldo Stella, Epis e altri. Con Palmiro Serafini ci siamo aggiudicati la prova ciclistica “Aosta-Courmayeur”, una cronometro a coppie, poi abbandonata per la pericolosità. Oggi vanno tanto di moda le corse in montagna, ma noi c’eravamo già arrivati tanti anni fa: con Carlo Trojer abbiamo vinto la Granta Coursa, gara molto impegnativa che partiva da Plan Vény per raggiungere il Col Chasseur, il ghiacciaio, il Rifugio Monzino e ritorno a Plan Vény».
Livio Stuffer durante una competizione ciclistica
La lunga attesa per l’aranciata a Zakopane
Un episodio curioso, tra i tanti, che le è rimasto impresso?
«Ai Mondiali di Zakopane. In albergo ordinavamo, ad esempio, un’aranciata, e ci rispondevano che doveva arrivare da Varsavia e, infatti, ci metteva due giorni. Da allora è diventata tra noi atleti una battuta, quando si verificavano i ritardi. Ancora adesso, quando mi fanno aspettare qualcosa, mi viene da dire: ma deve arrivare da Varsavia?».
Il rammarico del Trofeo Mezzalama
Tra le tante soddisfazioni, c’è un rammarico?
«Eh sì: il Trofeo Mezzalama. Oggi è di moda, è un evento non solo sportivo, anche mediatico. All’epoca, ci ritenevano un gruppo di matti che chissà dove volevano andare. Al Mezzalama ho sfiorato concretamente la vittoria. Correvo con Serafini e Gianfranco Stella ed eravamo davanti. Le condizioni meteo proibitive, però, consigliarono, all’inizio del Castore, la sospensione della gara, che fu rinviata a settembre. Sfortunatamente, mi sono infortunato in estate e addio. Ma non è un grosso rammarico, in verità. Nella vita non si può avere tutto, è corretto accontentarsi e io sono contento di ciò che ho realizzato».
La seconda e terza vita di Livio Stuffer
Terminata la carriera sportiva, è iniziata una nuova vita.
«Da Maresciallo degli Alpini come responsabile del magazzino, fino alla pensione. Poi, maestro di sci di fondo e anche di discesa, per un fondista tutt’altro che scontato».
E oggi si gode la sua famiglia.
«Ho due figlie, un figlio e cinque nipoti, tutti qui a Courmayeur. Accudisco i nipoti e il fatto di essere tutti assieme mi gratifica molto. Mi sento proprio appagato, non potevo chiedere di meglio».
Una grande lezione di vita.
Buon compleanno, Livio, con tutto il cuore.
(enrico formento dojot)