Niccolò Fabi incanta lo Splendor nell’apertura della Saison
Niccolò Fabi PH-Roger Berthod
CULTURA & SPETTACOLI, Musica
di Erika David  
il 18/10/2025

Niccolò Fabi incanta lo Splendor nell’apertura della Saison

Il cantautore romano registra il primo sold-out della nuova programmazione della Saison con un concerto intimo, mai gridato, ma potente che emoziona e scalda il cuore dello Splendor

Un passo indietro, cappellino a nascondere i ricci bianchi e a fare ombra sul viso, «non per vezzo, ma per sentirmi più protetto» spiega, Niccolò Fabi ha aperto ieri sera, venerdì 17 ottobre, al Teatro Splendor, la Saison Culturelle 2025/2026.

Il cantautore romano registra il primo sold-out della nuova programmazione della Saison con un concerto intimo, mai gridato, ma potente che emoziona e scalda il cuore dello Splendor, tutto in piedi sui bis finali.

Il concerto di apertura della Saison Culturelle di Niccolò Fabi

Un tappeto di luci e suoni

Scenografia essenziale, strumenti e tante luci a tessere un tappeto sonoro e di stelle.

Fabi entra insieme alla sua band, il gruppo di musicisti e amici con cui ha registrato La libertà negli occhi, in una baita tra le montagne della Val di Sole, e parte Alba: «Io sto nella pausa che c’è tra capire e cambiare».

Dopo i primi brani –Alba, Andare oltre, È non è, Una somma di piccole cose-, c’è spazio per i saluti.

«Lo sapete non mi distinguo per un savoir-faire particolarmente brillante» scherza Fabi che racconta il concerto come «una danza con i miei demoni, ogni volta sempre più complicata» e quindi, «dobbiamo essere tutti tristi stasera, mi dispiace».

«Buon compleanno Bob!»

Roberto Bob Angelini PH-Roger Berthod

Un momento di chiacchiere e racconto intimo con il pubblico che l’artista si prenderà più volte durante la serata.

Il concerto prosegue intrecciando brani dell’ultimo album e i pezzi più classici L’amore capita, Nessuna battaglia, Casa di Gemma.

Fabi presenta i musicisti a partire da Roberto Bob Angelini, alle chitarre, «testimone dei momenti più belli e più brutti della mia vita» salutato da un «Buon compleanno Bob!» urlato dalla platea, ma non ci saranno torte o ballerine, «mi dispiace, il concerto non prevede questo tipo di distrazioni, dobbiamo essere tutti tristi anche oggi» scherza il cantante. Insieme a Angelini ci sono Alberto Bianco al basso, Filippo Cornaglia alla batteria e i giovani allievi Cesare Augusto Giorgini e Giulio Carnevale.

Si prosegue con I cerchi di gesso («le vasche da bagno lasciate nei campi, per far bere gli animali»), Chi mi conosce meglio di te.

Non può mancare una riflessione sull’attualità, «eventi così traumatizzanti per la nostra sensibilità».

La poetica una forma di politica

«Se sono qui, di fronte a voi è perché penso che la poetica sia una forma di politica. La mia speranza è che queste due ore che passiamo insieme ci permettano, una volta usciti di guardare all’altro come a qualcuno da ascoltare, da comprendere e non qualcuno da aggredire, combattere, uccidere».

Ecco Io sono l’altro e poi  Scotta, Ecco, Vince chi molla, cantata da solo, alla tastiera, Una mano sugli occhi, Una buona idea, Costruire.

«Mi rendo conto che libertà sia una parola molto complessa che porta con sé tante sfumature a seconda dei contesti» dice Fabi introducendo il brano che dà il nome all’album, Libertà negli occhi, e parafrasando la visione della vita suggeritagli da un amico motociclista che gli spiegava come affrontare le curve: «guarda sempre la fine della curva perché la motocicletta segue il tuo sguardo».

«Ecco non so se nella vita è possibile fare altrettanto, credo che se guardiamo per terra è quasi sicuro che cadremo per terra, se proviamo a guardare un po’ più in alto, in avanti, c’è magari la possibilità di fare un passo in avanti».

Encore

La band torna sul palco chiamata da un applauso che non si spegne mai con Facciamo finta e poi gli altri encore sui quali il cantautore romano concede al pubblico di sgranchirsi un po’ con, «incredibilmente, allo scoccare della seconda ora, una canzone felice, sperando che non vi sconvolga troppo», Lontano da me e l’ultima Lasciarsi un giorno a Roma.

Tripudio. L’affetto e il calore dello Splendor emozionano gli artisti che si prendono tutti gli applausi, finalmente, sorridendo.

(erika david)