Meloni imbarazzata da Orban (e Salvini) e il richiamo di Mattarella
Roma, 2 nov. (askanews) – Giorgia Meloni è stata quasi “costretta” a ricevere Viktor Orban a Palazzo Chigi lunedì 27 ottobre. In realtà la premier, che già da qualche mese si è progressivamente “sganciata” dal leader ungherese, ne avrebbe volentieri fatto a meno. Purtroppo, però, non ha potuto sottrarsi: Orban era a Roma per recarsi da papa Leone e ha chiesto l’incontro. Quindi obtorto collo ha dovuto vederlo (ben consapevole dei rischi diplomatici che avrebbe portato con sé) dando però l’ordine di tenere il profilo più basso possibile. Ciò nonostante, – come previsto – quell’ora di faccia a faccia è stato un mezzo disastro.
Prima di entrare nel palazzo del governo, Orban è stato intercettato da alcuni giornalisti fuori da suo albergo. Ha detto, tra le altre cose, che sull’Ucraina “rispetto a Usa e Russia l’Europa non ha un ruolo, il futuro della sicurezza e dei rapporti tra Ucraina e Russia sono in mano a Russia e Usa, l’Europa è fuori dai giochi” e annunciato di voler incontrare la prossima settimana Donald Trump per “fargli togliere le sanzioni” a Mosca. Dunque quando ha varcato il portone della Presidenza del Consiglio il tentativo di tenere il basso profilo era già naufragato. E la differenza dei resoconti diffusi al termine mostra tutto l’imbarazzo di Palazzo Chigi. Se Orban su X scriveva che “è stato un piacere rivedere la premier Giorgia Meloni. Abbiamo parlato di guerra, dell’economia europea in difficoltà, dei prezzi dell’energia e di migranti. Restando uniti e forti, difenderemo le nostre nazioni”, dallo staff italiano è stato diffuso uno scarno comunicato in cui si parla di un colloquio che “ha consentito di mettere a fuoco le prospettive delle relazioni bilaterali e di avere uno scambio di vedute sui principali temi dell’attualità internazionale, con particolare riferimento alla situazione in Ucraina, agli sviluppi in Medio Oriente e all’agenda europea”.
Proprio l’Ucraina è il punto che maggiormente imbarazza Meloni: Orban è ormai stabilmente il portatore delle istanze filo-russe in Europa, si oppone a tutte le decisioni che il Consiglio europeo vota a sostegno di Kiev (anche all’ultimo summit) e vuole espandere la rete di influenza del Cremlino creando un’alleanza con la Slovacchia di Robert Fico e con la Repubblica Ceca dove il populista di destra Andrej Babis, ha da poco vinto le elezioni parlamentari. L’obiettivo è creare un fronte di Paesi con una linea avversa a Kiev. “Nell’Europa centrale, il fronte pacifista sta crescendo. Con l’aggravarsi delle difficoltà economiche in Europa, sempre più nazioni si renderanno conto che la pace è l’unica strada. Penso che succederà, e sarà sempre più evidente”, ha detto a Politico il consigliere del magiaro (e omonimo) Balazs Orban.
Chi certo, nella visita di Orban a Roma, non ha tenuto un basso profilo è stato Matteo Salvini che ha incontrato il premier e compagno di famiglia politica (i Patrioti) rilasciando poi una nota dai toni entusiastici ed estremamente euro-scettici, a testimoniare le – almeno – due linee completamente diverse di politica estera presenti nel governo. Un incontro “affettuoso” lo ha definito il Mit in cui sono stati affrontati “temi come la pace, la dura critica al green deal e alle politiche suicide dell’Unione europea”. Parole che hanno fatto balzare dalla sedia l’europeista Antonio Tajani, costretto ancora una volta a ricordare – e questo è sintomo del problema – che “la politica estera la decidiamo io e Meloni” e che “la linea politica del governo è chiara: noi siamo dalla parte di Kiev”.
Chissà se le polemiche suscitate dalla visita di Orban abbiano avuto un peso nell’intervento che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto il 29 a Firenze, incontrando il board della Bce. “Occorre ritrovare lo slancio e il coraggio che animarono i grandi passaggi istituzionali del processo di integrazione europea fino all’adozione della moneta unica. E’ urgente accelerare”, ha detto il capo dello Stato, stigmatizzando “la carenza di un’azione comune adeguata” che “indebolisce tutti” e citando un grande europeista come Carlo Azeglio Ciampi che parlò di “zoppia dell’Unione”. Un messaggio indirizzato a chi frena una maggiore integrazione, compresa Meloni contraria (come Orban) a ogni ipotesi di superamento del meccanismo dell’unanimità nelle decisioni di politica estero o comunque nei vertici dei capi di Stato e di Governo.
Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli


