Contraddizioni, potere, decolonizzazione: il Power 100 di Art Review
AskaNews
di admin Administrator  
il 07/12/2025

Contraddizioni, potere, decolonizzazione: il Power 100 di Art Review

Milano, 7 dic. (askanews) – L’arte contemporanea, quando è di valore, è capace di canalizzare in opere, installazioni o film un’analisi reale della società, uno sguardo critico che si suppone libero ed è anche uno spazio dove le contraddizioni vengono accolte, come parte dello stesso modo di pensare il lavoro artistico. Del resto i grandi protagonisti del contemporaneo spesso portano avanti con il loro lavoro una denuncia sociale forte e, al medesimo tempo, sono parte di un Sistema dell’arte che garantisce loro notorietà e guadagno, un sistema che diventa più potente e più ricco grazie anche alle opere che mostrano tutte le sue storture e le sue follie. In questo senso è emblematica la classifica dei Power 100 che ogni anno viene stilata su scala globale dalla rivista Art Review: al vertice dei più influenti personaggi dell’arte oggi c’è un artista ghanese, Ibrahim Mahama, che da sempre lavora su temi del colonialismo, dello sfruttamento del lavoro, della violenza insita nei grandi commerci e, per estensione, in tutto il sistema capitalistico.Una figura importante, quella di Mahama, che rappresenta un modo di essere artista particolarmente in linea con la sensibilità di oggi e con il discorso globale e decolonizzato che la stessa Art Review da anni porta avanti.

Al secondo e al terzo posto della classifica, però, ci sono due donne che vengono dal mondo arabo, la nuova e straordinariamente ricca frontiera dell’arte contemporanea che, come ha tentato di fare nel calcio l’Arabia Saudita, sta continuando a allargare la propria influenza e ad attrarre artisti, manifestazioni e capitali. Seconda nel Power 100 si posiziona la sceicca Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al-Thani, alla guida dei musei del Qatar, Paese che a lei e allo sconfinato potere economico ha affidato la missione di soft-power culturale e che si propone come nuova sede per Art Basel. Subito dietro a lei ecco Hoor Al Qasimi, sceicca degli Emirati Arabi Uniti e direttrice della Biennale di Sharjah nonché fondatrice della Sharjah Art Foundation nella terza città più importante degli EAU. Due figure che stanno certamente ampliando lo spazio dell’arte e che possono rappresentare anche il discorso sui diritti delle donne, ma che sono contemporaneamente espressioni di un mondo che trae la propria rilevanza dall’economia del petrolio e rappresenta oggi una delle forme extra europee che sta assumendo il potere, con la p maiuscola. È ovvio che la relazione tra i potenti e l’arte è vecchia come l’umanità, dalla Grecia Classica fino al Rinascimento italiano e all’età della Rivoluzione industriale, ma è altrettanto ovvio che un osservatore esterno non può non notare questi elementi, che alimentano il senso delle contraddizioni come motore di ogni ragionamento sull’arte contemporanea. Che Art Review, con la sua postura me-too e post-ideologica, porta avanti al massimo grado, anche accogliendo gli elementi di frizione.

Scendendo dal podio si conferma tutta la prospettiva globalista che oggi permea la scena: quarto l’artista egiziano Wael Shawky, quinto l’artista di Singapore Tzu Nyen Ho, sesta l’artista statunitense Amy Sherald, che con il connazionale Kerry James Marshall (settimo) rappresenta il movimento della Blackness. Ottavo posto per la filosofa Saidiya Hartman, che studia i temi razziali, nono per il collettivo Forensic Architecture, che da anni indaga la relazione tra la cultura e i diritti umani e infine, al decimo posto, Wolfgang Tillmans, il fotografo che ha cambiato il modo di pensare la stessa rappresentazione fotografica contemporanea nel senso di un recupero dell’idea di comunità informale. Con l’eccezione di Tillmans, l’Europa è assente, ma, anche qui, leggendo poi le biografie dei vari personaggi in classifica, si vede come le istituzioni culturali europee, e occidentali più in generale, siano spesso i luoghi di lavoro degli artisti, a testimonianza di un potere che cambia e si muove e perde il pelo colonialista, ma non perde mai del tutto, se così si può dire, il vizio.

Del resto l’apertura inevitabile a tutte le culture che per secoli abbiamo considerato “altre” è un discorso che negli ultimi anni è stato portato avanti, oltre che dai più importanti musei del mondo, anche da istituzioni come la Biennale di Venezia, che continua a spalancare il proprio sguardo lontano dall’occidente, come la Biennale Arte di Adriano Pedrosa nel 2024 ha certificato in maniera evidente a tutti, ma lo stesso tipo di lavoro era già in corso nelle Biennali di Architettura ormai almeno dal 2016. Certo, un conto è se questo discorso lo porta avanti la più importante istituzione al mondo sul contemporaneo, un altro è se il mercato dell’arte lo fa proprio e se lo sussume perfino il Sistema. Cosa che, ormai da diverse edizioni, Art Review ci dice che sta effettivamente avvenendo. Con tutte le contraddizioni che inevitabilmente accadono e che è tipico della postura artistica abbracciare, talvolta anche utilitaristicamente.

La classifica prosegue con altri grossi nomi che si sposano bene con i ragionamenti fatti finora: Rirkrit Tiravanija, Mark Bradford, Julie Merhetu, Yinka Shonibare e poi ancora, saltando lungo le posizioni, si trovano Theaster Gates (16), Nan Goldin (22) e Hito Steyerl (25), ma anche il ministro della Cultura dell’Arabia Saudita (21) e, notevole e un po’ sorprendente ritorno, Marina Abramovic (28). Prima italiana è Miuccia Prada, 32esima, l’anno scorso era scesa al 79esimo posto, poco più indietro, 36esima, Patrizia Sandretto Re Redaudegno, anche lei in risalita dodici mesi dopo dalla 44esima posizione. Entra in classifica poi, 96esimo, Eugenio Viola, curatore italiano, tra l’altro del Padiglione Italia di Gian Maria Tosatti alla Biennale 2022, che dal 2019 dirige però il Museo Mambo di Bogotà. Anche qui, una volta di più, si tratta di pensare le geografie, ma anche i corpi e le idee, in modo diverso. (Leonardo Merlini)

[Una classifica come specchio, imperfetto, del Sistema dell’arte|PN_20251207_00029|in02| https://askanews.it/wp-content/uploads/2025/12/20251207_155747_B27BEB88.jpg |07/12/2025 15:57:56|Contraddizioni, potere, decolonizzazione: il Power 100 di Art Review|Arte|Cultura]

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