La terapia in acqua ha già aiutato 15 bambini autistici
In quindici hanno potuto toccare con mano, dal 2010 a oggi, i benefici derivanti dalla Terapia Multisistemica in Acqua, che ha nell’acqua l’elemento terapeutico in grado di innescare un processo di cescita cognitiva e comportamentale negli autistici e in chi soffre si disturbi dello sviluppo. Messa in pratica, per la prima volta in Italia, in Valle d’Aosta, la sperimentazione, portata avanti nella piscina di Sarre, ha portato a buoni risultati.
«E’ un metodo innovativo ed efficace per aiutare i bimbi in difficoltà legate all’autismo e, in generale, a disturbi dello sviluppo», ha sottolineato l’assessore alla Sanità Albert Lanièce nella conferenza stampa nella quale si è fatto il punto sul metodo elaborato, tra gli altri, dallo psicologo Paolo Maietta. L’assessore ha poi ricordato il servizio di accoglienza diurna che «va incontro alle famiglie che si devono confrontare con una patologia faticosa quale è quella dell’autismo» e delle sinergie «tra scuola, Associazione valdostana autismo, operatori di Splash e reparto di neuropsichiatria infantile dell’Umberto Parini che, insieme, lavorano per colmare il gap relazionale degli autistici». Dell’importanza della rete costruita dall’assessorato ha parlato anche Chatrian Valori, presidente dell’Associazione valdostana autismo. «Dal 2010 abbiamo costruito un gruppo di lavoro e ci sentiamo, come genitori di giovani autistici, coccolati e non abandonati a noi stessi; una rete efficiente ed efficace e il percorso strutturato permettono ai nostri ragazzi di condurre una vita normale o quasi».
«Con questa tecnica abbiamo posto le basi – ha spiegato Maietta – per la creazione di nuovi percorsi futuri quali possono essere le attività in contesti naturali come una gita sulla neve, un’uscita al cinema. Attraverso il Tma si riorganizza il sistema relazionale ed emotivo, migliorando la cognizione e il fattore comportamentale». Maietta ha annunciato per il mese di giugno un corso di aggiornamento che richiamerà in Valle d’Aosta operatori da tutt’Italia.
Paola Davico, dirigente della Struttura disabilità, ha parlato della terapia in acqua come «una tecnica che richiede una presa in carico individuale da parte di educatori qualificati con i quali i bambini creano un rapporto che li aiuta a relazionarsi anche con i coetanei normodotati».