Rogo doloso: una condanna e un’assoluzione per l’incendio di un Suv a Challand-St-Victor
Una condanna e un’assoluzione. Si è chiuso in questo modo, questa mattina dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Paola Cordero, il processo di primo grado per l’incendio doloso del 16 aprile 2012 a Challand-St-Victor, in cui venne bruciata una Bmw X3 di proprietà di una parente di un amministratore locale.
Non tutti i misteri che avvolgono questo fatto sono stati però dissipati, anzi tutt’altro.
Giovanni Catizone, 27 anni originario di Cuorgné, è stato condannato a un anno di reclusione per i reati di danneggiamento e di violazione di domicilio, mentre Vincenzo Grisolia, 46 anni di Rivarolo, è stato assolto per insufficienza di prove.
I fatti contestati – così come ricostruito in aula dal vpo Cinzia Virota – risalgono alla notte tra il 15 e il 16 aprile del 2012, quando andò in fiamme – in frazione Nabian di Challand-St-Victor – una Bmw X3.
«Incendio doloso», fu subito la sentenza di Carabinieri di Verrès e Vigili del Fuoco giunti sul posto attorno all’una del mattino, anche perché accanto al Suv «era stata lasciata una tanica di benzina», ha spiegato questa mattina la pubblica accusa.
Giovanni Catizone, la sera del rogo, si trovava a Challand-St-Victor, «lo conferma la cella telefonica agganciata dalla sua utenza telefonica», ha aggiunto il vpo Cinzia Virota.
Secondo l’accusa, quella sera, Catizone – a bordo della Fiat Grande Punto di colore grigio metallizzato di proprietà di Vincenzo Grisolia – sarebbe salito a Challand-St-Victor in qualità di accompagnatore di una terza persona, alla guida dell’automobile del Grisolia.
«A confermarlo ci sono i fotogrammi estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza del casello autostradale – spiega ancora l’accusa -. Catizone era presente sulla Fiat Grande Punto insieme a un’altra persona, che però non è mai stato in grado di dire chi era».
In frazione Nabian, quella notte, qualcuno entrò in una proprietà privata per poi appiccare le fiamme alla Bmw X3.
«Non so quella sera chi potesse avere in uso la mia auto, visto che, oltre a me, a turno la utilizzavano anche mio fratello e il signor Catizone», ha dichiarato questa mattina in aula Vincenzo Grisolia, che la sera del rogo – tabulati telefonici alla mano – non sarebbe stato in Valle d’Aosta.
Mistero sul movente del gesto.
«Nessuno ha mai fornito indizi utili e concreti, ci sono soltanto ipotesi, ma queste non sono mai state suffragate da prove o testimonianze probanti», ha concluso il vpo Cinzia Virota.
(pa.ba.)
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