Operazione Pusher: maxi condanna ai due presunti capi della banda che reclutava baby spacciatori ad Aosta
Sono stati entrambi condannati gli imputati nel processo scaturito dall’Operazione Pusher della Sezione narcotici della Squadra mobile della Questura di Aosta: Essaid El Basraoui, 21 anni di Aosta, è stato condannato questa mattina dal collegio presieduto da Paolo De Paola (giudici a latere Davide Paladino e Paola Cordero) a 3 anni e 6 mesi di reclusione (1.000 euro di multa) per cessione di sostanze stupefacenti, estorsione e tentata estorsione, mentre il cognato Mostafa Hamaras, 24 anni, a 3 anni e 5 mesi (900 euro di multa).
I fatti a loro contestati – secondo l’accusa, rappresentata in aula dal sostituto procuratore Pasquale Longarini (che aveva chiesto una condanna a 4 anni per El Basraoui e a 3 anni e 8 mesi per Hamaras) – risalgono al periodo compreso tra l’agosto del 2012 e il febbraio del 2013, quando all’interno dell’abitazione della famiglia di Essaid El Basraoui, in via Festaz ad Aosta, sarebbero avvenuti la cessione e il successivo consumo di sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana e hashish, che avrebbero coinvolto un gruppo di una ventina di minorenni, che dietro la cessione gratuita della droga sarebbero stati reclutati come baby spacciatori nel Capoluogo.
Più nel dettaglio, le indagini della Sezione narcotici della Squadra mobile della Questura di Aosta scattarono il 13 gennaio 2013, quando un ragazzo aostano – all’epoca minorenne – venne fermato in piazza Narbonne, ad Aosta, con 16 grammi di stupefacente addosso.
Il giovane, messo alle strette dalla Polizia, «disse di averlo acquistato da Essaid El Basraoui, peccato che lo stesso giorno, nel corso di una perquisizione in casa del mio assistito, gli inquirenti non trovarono assolutamente nulla», ha precisato questa mattina in udienza il legale difensore sia di Essaid El Basraoui che del cognato Mostafa Hamaras, l’avvocato Andrea Urbica del foro di Aosta.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, all’interno dell’abitazione di via Féstaz sarebbe avvenuta una «sistematica attività di cessione e di consumo di stupefacente», attività che sarebbe stata promossa e organizzata in concorso da El Basraoui e Hamaras.
«Contro i miei assistiti ci sono soltanto le dichiarazioni di tre personaggi che, peraltro, si sono dimostrate piene di imprecisioni e contraddizioni – ha spiegato l’avvocato Urbica -. In tutta questa vicenda manca il corpus delicti, in quanto nemmeno un grammo di stupefacente è stato mai sequestrato né addosso a El Basraoui e Hamaras, né nell’abitazione di via Féstaz. Qua si sta celebrando un processo basato soltanto sulle testimonianze rese da tre personaggi amici tra loro, la cui attendibilità è stata in diverse occasioni messa in discussione».
Essaid El Basraoui, una volta chiamato a deporre davanti al collegio, ha dichiarato di avere effettivamente organizzato qualche festino nella casa di via Féstaz, ma «soltanto tra la fine di dicembre del 2012 e l’inizio di gennaio del 2013, quando i miei genitori non c’erano», precisando che «ognuno portava il suo stupefacente (marijuana e hashish, ndr)».
Nell’ambito della testimonianza resa questa mattina in aula dal teste chiave nel processo, Moad Lotf Allah, all’epoca dei fatti residente a Nus e ora trasferitosi in Belgio, sono poi spuntate fuori altre circostanze inquietanti: il 9 febbraio 2013 il ragazzo si sarebbe recato nell’abitazione di via Féstaz «perché Essaid El Basraoui mi voleva parlare». In tale circostanza, il giovane sarebbe stato chiuso in casa «per diverse ore», minacciato (anche di morte) e «costretto a sottoscrivere una dichiarazione di debito di 6.000 euro» in favore di Mostafa Hamaras. «Ogni volta che incontravo El Basraoui in giro, mi minacciava chiedendomi sempre soldi», ha dichiarato in aula Lotf Allah.
«Peccato che di questa dichiarazione di debito da 6.000 euro non vi è traccia, non è mai stata prodotta agli atti da nessuno», ha replicato l’avvocato Andrea Urbica.
Il 22 febbraio 2013, secondo la ricostruzione dell’accusa, ci fu poi un’aggressione in piazza Chanoux, ad Aosta, da parte di El Basraoui ai danni di Lotf Allah, che l’11 marzo sarebbe stato avvicinato ancora da El Basraoui e condotto in via De Tillier, nell’abitazione di un «sedicente avvocato», un’aostana di 35 anni, che gli avrebbe intimato di onorare la dichiarazione di debito sottoscritta in precedenza «altrimenti avrebbe rivelato ai miei genitori che facevo uso di stupefacenti», ha dichiarato il teste in aula.
«Se questa circostanza fosse stata vera, perché la Procura ha deciso di archiviare la posizione della donna? Ci sarebbero stati tutti gli estremi per un suo concorso in estorsione, se la circostanza fosse stata vera», ha puntualizzato in aula l’avvocato Urbica, che ha poi concluso: «Così come è stata archiviata anche la posizione di colui (un cittadino marocchino di 34 anni attualmente in carcere, Abdelkrim Bouzadi, ndr) che, secondo gli inquirenti, era solito rifornire di droga i miei assistiti. Se la fattispecie fosse stata provata, perché non è stato rinviato a giudizio?».
L’avvocato Andrea Urbica ha già annunciato ricorso in Appello.
(patrick barmasse)