Processo bestiame: scontro in aula sulla pericolosità delle «Fontine rosse allo streptococco»
Scontro tra consulente tecnico di parte e accusa, quella andata in scena questa mattina nell’aula al terzo piano di palazzo di giustizia, sede – dopo la pausa estiva – della seconda udienza autunnale del processo per il bestiame contaminato e le Fontine adulterate, che vede complessivamente sul banco degli imputati 48 tra allevatori e loro collaboratori, veterinari, responsabili di laboratori di analisi e produttori lattiero caseari operanti in Valle d’Aosta.
Tra i diversi testimoni chiamati a deporre stamane, anche il professor Valerio Giaccone, ordinario presso il Dipartimento di medicina animale, produzioni e salute dell’Università degli Studi di Padova, chiamato a riferire in qualità di perito della difesa del veterinario aostano Claudio Trocello, che negli anni 2008 e 2009 era stato incaricato di svolgere controlli nel caseificio di Eliseo Duclos a Variney di Gignod.
In riferimento alle Fontine dalla colorazione rossa, che secondo l’accusa sarebbero state prodotte con latte allo streptococco con conseguenti pericoli per la salute umana, il professor Giaccone ha sostenuto in aula che «la colorazione rossa delle Fontine non è dovuta allo streptococcus bovis perché questo non rilascia pigmenti, ma ad altri batteri innocui per l’uomo».
Ma c’è di più, perché secondo il professor Giaccone «la tipologia di streptococco che c’è nell’intestino bovino, che potrebbe in qualche caso andare a infettarne il latte, non può in alcun caso andare a infettare l’uomo, in quanto le patologie che potrebbero colpire l’uomo sono legate a uno streptococco ‘cugino’, nemmeno ‘fratello’, di quello presente nei bovini».
Un’esposizione, quella del consulente tecnico di parte, a cui il pm Pasquale Longarini ha prontamente replicato: «Eppure, da una ricerca effettuata ieri su siti specializzati in Internet, la letteratura dice tutt’altro», ovvero che «lo streptococco nel latte è pericoloso» per la salute umana.
Altro capitolo della perizia, quella legata all’efficacia della «pastorizzazione artigianale», tirata in ballo in quanto all’epoca il caseificio di Eliseo Duclos era sprovvisto di un pastorizzatore meccanico per la debatterizzazione dello zangolato da commercializzare poi come burro.
«Tutto dipende dalla temperatura e dalla durata del processo – ha spiegato il professor Giaccone -. In questo caso so che il veterinario Trocello accertò la pastorizzazione attraverso il raggiungimento di una temperatura di 80°C per 15 secondi, quindi reputo che siano stati distrutti tutti gli agenti patogeni a tale temperatura».
Un’affermazione, quella del perito, che ha fatto nuovamente scattare in piedi il sostituto procuratore Pasquale Longarini, che ha tuonato: «Lei ha effettivamente assistito alle operazioni di pastorizzazione? Il fatto è che la sua perizia si basa soltanto su dichiarazioni e materiale che le sono stati forniti dalla difesa dell’imputato. Risponda a questa mia domanda: lei lo avrebbe mangiato lo zangolato?».
Una domanda, quest’ultima, a cui il perito ha risposto: «Lo zangolato viene utilizzato per altre produzioni».
L’udienza del processo sul bestiame contaminato e sulle Fontine adulterate è stato aggiornato a domani, venerdì.
Nella foto il professor Valerio Giaccone durante la deposizione di questa mattina davanti al collegio presieduto dal giudice Marco Tornatore (giudici a latere Davide Paladino e Paolo De Paola) e al pm Pasquale Longarini.
(pa.ba.)