Accusato di usura, cambista di St-Vincent assolto perché «anticipò soldi che i suoi clienti avevano già a disposizione sui conti correnti»
E’ stato assolto «per non aver commesso il fatto» e «perché il fatto non sussiste», a seconda dei diversi fatti contestatigli dal sostituto procuratore Pasquale Longarini, il settantaseienne di St-Vincent, Mariano Sisto, cambista nelle zone esterne della casa da gioco valdostana, chiamato a giudizio per usura questa mattina davanti al collegio presieduto da Anna Bonfilio (giudici a latere Marco Tornatore e Giuseppe De Filippo).
Al cambista, nel periodo compreso tra il giugno del 2010 e il marzo del 2012, l’accusa contestava la consegna di denaro contante a giocatori del Casinò in cambio di assegni, dai quali però Mariano avrebbe trattenuto una cifra pari solitamente al 10% giustificandola come commissione di cambio.
Più nel dettaglio, sono stati complessivamente 12 gli assegni constestati all’imputato, per un importo totale pari a 25.050 euro liquidati a vario titolo alle tre persone offese di questo processo, tutti e tre imprenditori provenienti da fuori Valle (uno da Piacenza, un altro dalla provincia di Torino e un altro ancora dalla provincia di Pavia).
Secondo le diverse dichiarazioni rilasciate nel corso del dibattimento in aula, i testimoni chiamati a deporre hanno effettivamente confermato di aver ricevuto denaro liquido nei pressi del Casinò di St-Vincent da Mariano Sisto, che in cambio chiedeva l’emissione di un assegno «compilato soltanto con la cifra e la firma», hanno dichiarato.
Peccato che, rispetto alla cifra scritta sull’assegno, dall’importo immediatamente liquidato venisse sistematicamente decurtata una commissione di cambio pari al 10%: da qui l’imputazione per usura formulata dalla Procura della Repubblica di Aosta, che però non è stata accolta dal collegio, che ha invece fatto proprie le ragioni della difesa di Sisto, rappresentato dall’avvocato Corrado Bellora di Aosta.
Sulla base di una sentenza della Corte di Cassazione del 2010, il legale difensore ha infatti sostenuto che in questo caso i fatti contestati non sono da considerare alla stregua di «prestiti o finanziamenti, bensì di anticipazioni di denaro che gli stessi clienti di Sisto avevano già a disposizione sui rispettivi conti correnti. Prova ne è che i diversi testimoni hanno affermato di aver emesso assegni immediatamente incassabili, quindi coperti, motivo per cui non sussiste lo stato di necessità e, dunque, l’usura, che avrebbe potuto invece configurarsi nell’eventualità di prestiti o finanziamenti con una sproporzione degli interessi», ha spiegato Bellora, che all’uscita dall’aula, ha concluso: «Questa è una tesi che sostengo da 15 anni, fa piacere che sia stata finalmente accolta».
(pa.ba.)