Tentò violenza su minore, 30 mesi a marocchino
Due anni e mezzo di reclusione, con revoca della sospensione condizionale della pena legata a una precedente condanna passata in giudicato il 16 ottobre 2014, oltre al pagamento di 8.000 euro di risarcimento danni alla parte civile.
Questa mattina, davanti al collegio presieduto da Massimo Scuffi e con giudici a latere Anna Bonfilio e Marco Tornatore, il 26enne di origine marocchina, Abderrahim Chakir, è stato condannato per i reati di violenza sessuale e minacce perpetrate all’indirizzo di una minore valdostana, «non ancora 15enne al momento dei fatti contestati», ha tenuto a ribadire in aula il legale di parte civile, l’avvocato Ascanio Donadio.
Una vicenda, quella approdata in aula stamane, che si compone di due momenti distinti. Il primo risale al 7 novembre 2014, quando Chakir – dopo essersi seduto su una panchina accanto alla 14enne, che stava aspettando il treno in stazione ad Aosta per rientrare a casa – «iniziò ad accarezzarle i capelli per proseguire poi tra le gambe, come d’altra parte fissato in sede di incidente probatorio», ha ricostruito il sostituto procuratore Pasquale Longarini durante la sua requisitoria, in cui ha aggiunto: «A un certo punto la tirò per un braccio, provando a trattenerla».
La ragazza, che denunciò il fatto in Questura, provvedette a riconoscere «senza dubbio l’odierno imputato attraverso specifico riconoscimento fotografico», ha concluso Longarini, che per Chakir aveva chiesto la condanna a 24 mesi di carcere.
Il secondo momento della vicenda, invece, risale al 10 dicembre 2014, quando nei confronti della minore, che si trovava nuovamente nella zona della stazione ferroviaria di Aosta insieme ad alcuni suoi coetanei, l’imputato avrebbe proferito l’espressione «La prossima volta di ammazzo», accompagnata – stando alla testimonianza di un amico che si trovava con lei in quel momento – «dal gesto del taglio della gola».
Dal canto suo, la difesa di Abderrahim Chakir, rappresentata in aula dall’avvocato Oliviero Guichardaz, ha puntato sull’insussistenza della minaccia di morte, considerato che «fa strano che il gesto del taglio della gola sia emerso soltanto quest’oggi in giudizio, prima nessuno ne aveva mai fatto menzione, nemmeno la ragazza», mentre per quanto riguarda l’accusa di violenza sessuale «la condotta si colloca in una zona grigia, essendo configurabile piuttosto il reato di molestia sessuale».
Secondo la difesa, il suo assistito avrebbe allungato le mani sulla ragazza «nell’interno coscia, all’altezza del ginocchio, senza dimenticare che la durata dell’incontro fu all’incirca di un quarto d’ora, quindi viene sicuramente meno il carattere della repentinità dei toccamenti e delle carezze».
Una linea, quella difensiva, non condivisa dal collegio, che anzi ha pronunciato una sentenza di condanna più pesante rispetto a quelle che erano state le richieste del pubblico ministero.
(pa.ba.)