Confisca beni Nirta: chiesto alla Svizzera il rientro dei soldi
La Procura di Torino ha chiesto alle autorità svizzere il rientro in Italia di 933 mila franchi – pari a 860 mila euro – investiti in due conti correnti che, secondo gli inquirenti, sarebbero riconducibili a Giuseppe Nirta, 63 anni di San Luca, ma residente a Quart, condannato a 7 anni e 8 mesi per traffico di sostanze stupefacenti.
L’istanza dei magistrati torinesi è stata presentata in esecuzione del provvedimento di confisca divenuto definitivo il 18 marzo scorso, con i giudici della Corte di Cassazione a confermare la sentenza d’appello pronunciata a inizio 2014 dal Tribunale per le misure di prevenzione di Torino.
A Giuseppe Nirta, uscito dalla casa circondariale di Bologna per fine pena il 12 dicembre 2014, oltre ai 933 mila franchi depositati in due conti correnti in Svizzera, figurano confiscati diversi beni immobili tra terreni, autorimesse e case a Quart, Charvensod, Aosta e Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, che secondo i magistrati sarebbero la dimostrazione «dell’accertata sproporzione tra i redditi dichiarati da Giuseppe Nirta e l’ingente patrimonio riconducibile allo stesso». «Di provenienza illecita», dunque.
Dal canto suo, la famiglia Nirta – anche attraverso l’azione del suo legale, il professor Mauro Ronco di Torino – ha sempre ribadito la provenienza lecita dei beni, in molte occasioni in virtù di accordi di cambio lavoro «regolarmente registrati», dichiarò qualche mese fa a Gazzetta Matin proprio Giuseppe Nirta, che anticipando l’intenzione di impugnare il provvedimento definitivo di confisca dei suoi beni davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo, in riferimento ai due conti correnti in Svizzera, aveva precisato: «La confisca dei 933 mila franchi è stata promossa nonostante i conti non siano a me intestati».
(pa.ba.)