Ingiurie e minacce a disabile condannato un autista
Il caso è avvenuto il 25 ottobre 2016 sulla tratta Châtillon-Torgnon; condannato a 4 mesi e 2.500 euro di provvisionale Dante Caracciolo di Saint-Vincent
Quattro mesi di reclusione e 2.500 euro di provvisionale per tentata violenza privata. Questa la pena inflitta a Dante Caracciolo, 49 anni di Saint-Vincent, autista della Savda, condannato nel primo pomeriggio di giovedì per aver sottoposto a una sorta di bullismo un ragazzo (all’epoca quasi diciottenne) sull’autobus di linea Châtillon-Torgnon.
La decisione del giudice Maurizio D’Abrusco è arrivata al termine di un dibattimento che ha visto il giovane, invalido civile al 100% all’epoca dei fatti (ora 80%) per una disfunzione dell’apprendimento e un disturbo dello spettro autistico, ricostruire l’accaduto del 25 ottobre 2016, quando il ragazzo sarebbe stato apostrofato in maniera pesante dall’autista (“puzzi di mucca“, “Vai a raccogliere patate che puzzi meno“, “Torna dalle tue mucche“), venendo poi minacciato, vedendosi intimare di scendere a una fermata precedente alla propria, distante poco meno di due chilometri dall’abitazione della famiglia a Torgnon. L’autista (difeso dall’avvocato Andrea Noro) sarebbe stato poi rimproverato sul mezzo dalle compagne di scuola del giovane torgnolen, che avrebbero poi riferito il tutto, il giorno successivo, all’insegnante di sostegno.
Il giudice ha accolto solo in parte le richieste dell’accusa, tenuta dalla pm Cinzia Virota, e della parte civile, che chiedevano rispettivamente 7 mesi di reclusione e 7 mila euro di provvisionale per violenza privata.
Le testimonianze
In aula sono sfilati diversi testimoni, ma, in primis la vittima, che ha sottolineato come «oggi sono tranquillo ma quando lo vedo mi viene una paura tremenda», ha detto il ragazzo, che ha passato poi la parola ad alcune compagne di classe. Una, in particolare, ha ricordato che «molte volte (l’autista ndr.) gli diceva cose sgradevoli» e che nel giorno in questione, il Caracciolo avrebbe «fermato il pullman alla fermata prima, dicendogli che doveva scendere; lui ha detto di no, così l’ha lasciato a quella dopo». La ragazza ricorda altri «episodi analoghi» in cui «lo prendeva in giro aprendo tutti i finestrini». Il risultato? Il ragazzo sarebbe sceso dal pullman «piangendo», fatto questo evidenziato anche dalla madre che ricorda di averlo visto arrivare «a casa con le lacrime», dicendo «l’autista parla troppo». Non ricevendo ulteriori spiegazioni, ma vedendo la ritrosia del figlio ad andare a scuola, il giorno successivo arriva la chiamata dalla scuola Binel Viglino di St-Vincent «in cui mi hanno raccontato ciò che è successo il giorno prima». Da qui la presentazione di un «reclamo alla Savda» e, la sera, finalmente il racconto del ragazzo che ha parlato di «appellativi non piacevoli», del fatto che l’autista volesse «buttarlo giù dal pullman» una fermata prima del dovuto e che poi l’abbia fatto scendere «300 metri più sopra, sulla regionale, dove non ci sono nemmeno marciapiedi». A confermare la versione, una delle insegnanti di sostegno del giovane torgnolen, che ha ricordato il grande lavoro fatto per permettere al ragazzo di rapportarsi con gli altri e comunicare. Dopo la giornata, egli sarebbe di ventato «cupo, ansioso, quel giorno aveva le lacrime agli occhi» e avrebbe iniziato a parlare «solo dopo che è intervenuta una compagna». Da quel giorno è «cambiato», diventando timoroso di «incontrare l’autista»; gli abbiamo affiancato un’insegnante di diritto per «per fargli acquisire consapevolezza sui suoi diritti».
La difesa
E’ accorata la difesa dell’imputato, Dante Caracciolo, che ricorda «20 anni di servizio» e di conoscere il ragazzo «dalle elementari». Con lui avrebbe sempre «scherzato, mi dispiace di essere stato frainteso». Caracciolo nega di averlo fatto scendere prima, visto che «la fermata dista almeno un chilometro dalla casa», e sottolinea come se «l’avessi fatto» la strumentazione di bordo «l’avrebbe segnalato», come risulterebbe anche dai tabulati del documento di viaggio. Il risultato, comunque, è stata una sospensione di cinque giorni da parte dell’azienda, anche se «ho scritto a Savda che non ho fatto niente», ma le giustificazioni non sono «risultate attendibili».
In sede di richiesta, la pm Cinzia Virota è tornata alla carica, parlando di «responsabilità provata in dibattimento» e di dichiarazioni dell’imputato «non attendibili e in contraddizione», visto che risulta «più di una sanzione disciplinare» a suo carico. «Tutti i testi – ha concluso –, sottolineano l’atteggiamento intimidatorio per far scendere il ragazzo». La difesa di parte civile, infine, ha ricordato come, vista la disabilità «il ragazzo non ha sovrastrutture mentali, per cui non ha la possibilità di ricostruire in maniera alterata la realtà» e che l’autista avrebbe adottato questo atteggiamento «volto a ridicolizzare» in quanto il ragazzo «non aveva strumenti per replicare». La parola «sono triste» pronunciata dal giovane, rappresenta, per la parte civile «umiliazione e mortificazione» che vanno «sanzionate in maniera esemplare».
(alessandro bianchet)