Don Ciotti: la Valle d’Aosta non è immune alle infiltrazioni mafiose
Appalti truccati, corruzione e voto di scambio: per i valdostani questa è la mafia. E’ quanto emerge dai dati presentati questa sera, lunedì 14 gennaio, nella sala conferenze di palazzo regionale da Liberaidee, aprendo alla presenza dello storico fondatore Don Ciotti la Settimana della Legalità.
Il fenomeno mafia
Proprio l’analisi di questi dati deriva da un questionario distribuito sul territorio valdostano che mostra appunto dati interessanti. «Se sono convinto che un fenomeno sia presente sul mio territorio, allora mi comporterò di conseguenza – commenta la dottoressa Joselle Dagnes -; Il mio modo di agire apparirà a me e a chi condivide con me questa percezione giusto e normale. Poco importa se il fenomeno sia realmente presente o meno, e questo modus operandi lo vediamo anche in Valle d’Aosta e spesso applicato nei confronti di fenomeni illegali anche legati alla mafia».
Parlando della visione che i valdostani hanno della mafia, «La considerano come un fenomeno globale e non più nazionale – ancora Dagnes -. Questa idea di mafia ci racconta una mafia forse un po’ altra e lontana dalla nostra quotidianità, e sempre osservando i dati ottenuti dal questionario per due rispondenti su cinque la mafia è un fenomeno marginale, e solo per un rispondente su cinque è un fenomeno realmente pericoloso».
La percezione della mafia
Particolare è il dato relativo alla percezione valdostana in merito agli affari mafiosi «Infatti è molto più alta la risposta dei locali in merito alla mafia presente negli appalti pubblici, al riciclaggio di voti e alla corruzione – continua Dagnes -; per i valdostani è dunque un fenomeno specifico. Un valdoastano su tre afferma di conoscere almeno una persona implicata in appalti pubblici truccati o alla quale sono state offerte tangenti. È questo risultato è in linea anche con la percezione che il locale ha in merito all’infiltrazione mafiosa nella giustizia, che è vista come molto frequente».
Nonostante la consapevolezza della presenza delle associazioni a delinquere presenti sul territorio, i cittadini credono che la forza della mafia dipenda non dall’assenza dello Stato e delle istituzioni «ma da un fattore culturale legato alla famiglia nella quale il mafioso cresce ed è cresciuto. Questo è un dato preoccupante, perché indica un senso di sconforto e impotenza da parte dei valdostani nella lotta alla criminalità organizzata», conclude Dagnes.
«È importante fare emergere le cose positive fatte da noi e da chi di dovere – dice don Ciotti -. La memoria di chi ha sacrificato la propria vita è tra le azioni fondamentali dalle quali partire. Lo Sstato e la legge stanno procedendo passo dopo passo, ed è importante lodare questi passi in avanti. Oggi emerge un progressivo aumento del raggio di azione delle organizzazioni anche al di fuori del territorio di origine. Nessuna regione italiana può considerarsi immune da questa piaga, neanche la vostra. Hanno reso flessibile la loro presenza regionale, hanno creato una rete forte tra loro e spesso associazioni e famiglie diverse, Cammora, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta ad esempio, gestiscono affari assieme. Le ragioni della forza dei mafiosi vanno rintracciate nella loro capacità di avvalersi del sostengo, della collaborazione e del supporto offertogli da altri soggetti, loro esistono ovunque perché qualcuno li aiuta a esistere. La mafia anche qui è percepita come un fenomeno del Sud ma così non è. La mafia è in Piemonte, che ha perso negli anni Ottanta un procuratore capo a Torino, è in Emilia Romagna e nei comuni commissariati in Lombardia, è arrivata anche a Bardonecchia! Anche qui c’è, lei è ovunque».
Beni confiscati, questi sconosciuti
Continuando in merito all’importanza dei beni confiscati, i valdostani risultano non essere a conoscenza di quali essi siano, ma la maggioranza è concorde nel loro riutilizzo a favore della comunità. «Questa è la vittoria – conclude don Ciotti -, ovvero quando vedi dei giovani, sul loro territorio, a casa loro riutilizzare i beni che furono dei boss questo non ha prezzo. Quando vedi lo Stato sequestrare in Piemonte un villone ricco di marmi e farne un asilo nido, forse ora il più bello al mondo, anche questo non ha prezzo».
(laurent bionaz)