Sentenza Geenna: il Locale «poteva condizionare le scelte dei politici eletti»
Per i giudici aostani è «acquisita la prova»; lo scrivono nelle motivazioni della sentenza di primo grado
Sentenza Geenna: il Locale «condizionava le scelte dei politici eletti».
E’ il mese di aprile del 2016 quando i due presunti vertici del Locale di ‘ndrangheta aostano Antonio Raso e Marco Di Donato – entrambi condannati in primo grado in Geenna – iniziano a discutere in merito ai futuri candidati da appoggiare all’interno dell’Union valdôtaine in vista delle elezioni regionali del 2018. I due decidono di sostenere Ego Perron, che all’epoca dei fatti era assessore regionale al Bilancio. Tuttavia, prima della competizione elettorale, il Locale arriva a definire una strategia molto più complessa: «il nuovo obiettivo era quello di sostenere di candidati dei maggiori partiti autonomisti e non semplicemente un unico candidato».
Lo scrivono i giudici del Tribunale di Aosta nelle motivazioni della sentenza Geenna, il processo incentrato sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella regione alpina, di fatto abbracciando le basi da cui parte la ricostruzione accusatoria su cui è al lavoro la DDA di Torino nell’ambito dell’inchiesta Egomnia.
Già in apertura del processo Geenna, i pubblici ministeri Stefano Castellani e Valerio Longi avevano depositato l’annotazione dei Carabinieri da cui è scaturita la nuova indagine incentrata sul presunto condizionamento della ‘ndrangheta sulle regionali del maggio 2018; il “dossier” era entrato nel processo, ma le indagini su Egomnia sono ancora in corso. E’ comunque cosa nota il fatto che nel 2019 l’allora presidente Antonio Fosson, gli ex assessori Laurent Viérin e Stefano Borrello, e il consigliere regionale Luca Bianchi avevano ricevuto un’avviso di garanzia per voto di scambio.
Al momento, solamente loro quattro risultano indagati in Egomnia.
La sentenza
Nelle 548 pagine delle motivazioni di Geenna, il giudici aostani – che hanno condannato Marco Sorbara, Monica Carcea, Antonio Raso, Nicola Prettico e Alessandro Giachino in primo grado – dedicano un intero capitolo al «condizionamento delle elezioni regionali del maggio 2018».
I giudici ricordano che all’epoca «tra i partiti autonomisti si collocavano l’Uv, che annoverava tra i suoi leader Augusto Rollandin e tra i candidati Marco Sorbara, Luca Bianchi e Renzo Testolin; l’Uvp, il cui esponente principale era Laurent Viérin; e il partito della Stella alpina, facente parte della coalizione Ac-PNR-Sa, tra i cui candidati vi erano Stefano Borrello e Antonio Fosson».
Prima delle elezioni, il Locale decide di puntare su più “cavalli vincenti”. Nella sentenza si legge che «i motivi che hanno spinto il sodalizio verso questa strategia elettorale sono chiaramente comprensibili e vanno identificati nell’obiettivo di acquisire un “credito” di riconoscenza nei confronti dei candidati da loro stesso sostenuti in campagna elettorale e anche di avere un maggior numero possibile di consiglieri sui quali poter contare nell’assemblea elettiva regionale, quale che fosse stato l’esito della competizione elettorale».
Insomma, «l’incertezza politica impone l’adozione di una strategia che punti sul numero più alto possibile di candidati».
Dopo aver ricostruito gran parte degli episodi contenuti nell’annotazione relativa all’inchiesta Egomnia, i giudici aostani spiegano: «L’importanza assunta dal sodalizio criminoso» è attestata «dall’interessamento dei vertici della politica valdostana verso i fratelli Di Donato (Marco e Roberto, entrambi condannati in abbreviato nel processo Geenna ndr), chiaramente percepiti come soggetti potenzialmente in grado di condizionare le preferenze elettorali degli elettori valdostani di origine calabrese, residenti ad Aosta e nelle immediate vicinanze». Eloquenti al riguardo «le lamentele di Laurent Viérin per l’assenza di Roberto Di Donato a un pranzo elettorale»; «l’interessamento di Pierluigi Marquis per lo stesso Di Donato, clamorosamente rifiutato da quest’ultimo»; «l’atteggiamento affettuoso e riconoscente di Renzo Testolin verso Alessandro Giachino»; «l’assoluta dipendenza di Marco Sorbara da Antonio Raso»; «il continuo sostegno elettorale del sodalizio e di Giachino in particolare verso Luca Bianchi».
La sentenza continua: «Risulta poi significativo, ai fini della prova dell’importanza che la ‘ndrangheta valdostana aveva assunto nella politica locale, che ben tre presidenti della Regione, succedutisi nel tempo, si siano rivolti al sodalizio criminale per ricercare il sostegno elettorale».
Il Collegiale composto da Eugenio Gramola, Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco, poi, conclude: «Può dunque ritenersi acquisita la prova che almeno due importanti personaggi pubblici sono stati sostenuti dalla ‘ndrangheta (Viérin e Testolin) e un terzo abbia infruttuosamente ricercato l’appoggio elettorale (Marquis). Da ciò traspare in modo evidente la capacità del sodalizio criminale di infiltrarsi nella politica valdostana, di condizionare le preferenze elettorali degli elettori di origine calabrese e, in prospettiva, di condizionare anche le scelte dei politici favoriti, i quale, se non altro per sdebitarsi del favore ricercato e ricevuto, non avrebbero potuto che assecondare le richieste del sodalizio criminale. In questo senso – si legge ancora -, va dunque delineato il programma criminale perseguito dal Locale di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta».
(f.d.)