Rally: la storia di Patrizia Perosino, la valdostana volante
La driver originaria di Saint-Vincent ha concluso una stagione soddisfacente; al suo fianco una navigatrice d'eccezione, la figlia Veronica Verzoletto
Benché sia da tempo residente a Biella, ci piace considerarla la “valdostana volante”, per origine familiare e per nascita della passione per i rally. Patrizia Perosino ha da poco concluso un 2020 che, date le premesse di carattere generale, possiamo definire assai soddisfacente, sempre navigata dalla figlia Veronica Verzoletto e supportata dalla Skoda Fabia R5, una delle vetture di riferimento delle corse su strada. Questo è, quindi, il momento giusto per fare il punto della situazione e conoscere meglio questa sanvincentina doc, che dal mitico papà Luigi (il nostro indimenticato collaboratore scomparso nell’estate del 2019) ha ereditato, al pari del fratello Bebo e della sorella Simonetta, la passione genuina per lo sport.
«Ho ereditato la passione da mio padre, che mi portava a vedere i Gran Premi di Formula 1»
Patrizia, facciamo un bel passo indietro. Quando è nata la sua passione per i motori?
L’ho ereditata da mio padre, che mi portava in giro per l’Europa a vedere i Gran Premi di Formula 1. Più avanti un amico mi ha offerto l’opportunità di provare una macchina da corsa. È scattata la scintilla. Nel 1993 il primo rally, con Cristina Droz come navigatrice. Entrambe non sapevamo cosa significasse guidare e leggere le note. Eravamo a digiuno di tutto. Abbiamo continuato per qualche anno.
Nel frattempo è arrivata una priorità.
La famiglia. Mi sono sposata e ho avuto due figli. Finché non sono cresciuti, ho voluto dedicarmi a loro. Ho ricominciato nel 2014, con varie coéquipier, tra cui Milva Manganone.
Due anni fa, però, è arrivato il cambio di marcia.
Esatto, da quando mi affianca mia figlia Veronica. E quest’anno, disputando l’intero campionato italiano, abbiamo conquistato tre titoli: classifica femminile, “Over” concorrendo insieme ai maschi, e Coppa di zona dopo la finale a Como.
«È stato un anno molto impegnativo, sempre in viaggio e in gara»
Una stagione di grandi soddisfazioni.
Sì, sono molto contenta. La passione è forte ma è stato un anno molto impegnativo, sempre in viaggio e in gara. Ho disputato il “Lana”, la gara di casa cui non volevo mancare, il “Roma Capitale” valida per il campionato europeo, il “Ciocco”, il “Sicilia”, il “Merende”, il “Due Valli”, il “Como” e il “Tuscan Rewind”. Purtroppo è saltato il “Sanremo”, cui tenevo molto, per l’alluvione: spaventoso, le strade non c’erano più.
Alla “Targa” si è tuffata nella storia dell’automobilismo sportivo. Immagino l’emozione nel passare davanti alle tribune di Cerda.
Una emozione difficilmente descrivibile, ho pensato a tutti i campioni che hanno corso lì, mi sono veramente immersa in quegli anni d’oro, in quell’atmosfera.
In questa stagione si è trovata a provare, per la prima volta nella sua vita, le gare senza pubblico. Come le ha vissute?
Durante le speciali sono molto concentrata, ovviamente, ma il pubblico si sente e ti dà quella spinta in più. Il tifo ti infonde una carica diversa.
E’ passata dalla Peugeot 208 alla Skoda Fabia R5. Cosa ne dice?
Chè è stato un bel salto. La Fabia è molto performante, con la trazione integrale, il turbo, la frenata potente e l’assetto ottimale. Tanti cavalli, il che è positivo, ma devi anche saperli gestire, soprattutto in staccata. Un errore non ti viene perdonato.
La Fabia dispone anche di una coppia di tutto rispetto.
Sì, è una macchina divertente. Occorrono svariati test per capirla pienamente, per scoprire tutto il suo potenziale, per sfruttarla al limite.
«Con mia figlia si è creata una complicità particolare, ma mi viene istintivo tenere un margine di sicurezza»
So che sto per porre la classica domanda banale e ormai scontata, ma non posso sottrarmi: cosa significa avere come navigatrice la propria figlia?
È un’arma a doppio taglio. Da una parte è una situazione intrigante, si è creata nel tempo una complicità particolare. Dall’altra, spesso per me subentra la mamma, più che il pilota, e mi viene automatico e istintivo frenare, tenere un margine di sicurezza. Anche se è Veronica che mi spinge a tirare, ad esempio quando, in relazione alla gara, io magari propendo per fare punti in ottica campionato. È l’incoscienza della gioventù, ma anche l’abitudine a misurarsi con se stessa e con gli altri, che le ha dato il tennis svolto a livello agonistico. Mi piace rimarcare la complicità che si è creata, frutto della fiducia reciproca, io alla guida, lei alle note.
Per lei lo sport non è solo la competizione, visto che da tempo lo coniuga con la solidarietà.
Supporto la Fondazione “Edo Tempia”, creata da un padre per ricordare la figura di un figlio, Edo Tempia, mancato di tumore. Si occupa di salute a 360 gradi, dalla prevenzione alle cure alla psicologia oncologica. Sono legata con il cuore a questa Fondazione, alla quale è stato devoluto l’importo assicurato dagli sponsor che appaiono sulla mia vettura. Sulla tuta, porto il simbolo dell’albero verde. Anche il “Trofeo delle Merende” trasferisce parte degli incassi alla Fondazione. È il mio modo di stare vicina alle persone molto sfortunate, attraverso lo sport. La solidarietà è importante almeno quanto il risultato in gara.
Un aggettivo che la definisce, a tutto tondo, a livello personale.
Domanda difficile. Direi altruista.Qual è la dote che pretende in un’amica?La sincerità. Soprattutto quando ha da dirti qualcosa che non ti piace, quando ti fa vedere gli errori che commetti e ti aiuta a comprenderli.
«Non ho alcuna difficoltà a mettermi in gioco, c’è sempre da imparare»
E la caratteristica che non può mancare in un uomo?
L’onestà. E un po’ di brillantezza, di allegria. Aggiungo di spensieratezza, andando avanti con gli anni non viene naturale come in gioventù. E, fondamentalmente, di serenità, di tregua nella quotidianità spesso convulsa.
Il difetto che Patrizia Perosino proprio non riesce a sopportare?
La falsità.
Ci dice il periodo storico in cui le piacerebbe vivere?
Fermo restando che sto benissimo in questa era, direi il Rinascimento. Un’epoca storica caratterizzata dal trionfo delle arti e dal progresso. Una scelta che denota apertura di vedute, disponibilità al confronto. Non ho alcuna difficoltà a mettermi in gioco. Sono fermamente convinta che ci sia sempre da imparare, a costo di sbagliare.
Si definisce più riservata o compagnona?
Entrambe le cose. Riservata quando si tratta della sfera personale, della famiglia, dei sentimenti. Per il resto amo stare in compagnia, in amicizia.
Città in cui vorrebbe abitare?
Non ho dubbi: Roma. Mi affascina per la sua storia, i suoi monumenti, Per il rally “Roma Capitale” partiamo da Castel Sant’Angelo e, scortati dalla Polizia, attraversiamo questo stupendo museo a cielo aperto. La città si ferma al nostro passaggio, è sempre un’emozione impagabile.
«Durante il lockdown l’unico sfogo era il balcone, purtroppo ho perso alcuni amici e conoscenti»
Lo sport ha sempre avuto una grande importanza nella sua vita. Quali altre discipline pratica o ha praticato?
Su tutte, il tennis. L’ho praticato tanti anni a livello agonistico alto, sono stata al numero 53 del ranking mondiale della mia categoria. Così come lo sci, tutti gli anni disputo due gare di prestigio, tranne nel 2020, per ovvi motivi.
Come ha attraversato questi mesi di pandemia?
Nel lockdown primaverile, l’unico sfogo era il balcone, abitando in città e non avendo verde disponibile. Purtroppo ho perso alcuni amici e conoscenti. Della seconda ondata non mi sono quasi accorta, perché ero quasi sempre in viaggio per le gare. In area protetta, ma di fondo con il naturale timore del contagio. Mi manca la fluidità dei rapporti personali; non abbracciare gli amici mi pesa.
Chi è la sua rallysta di riferimento?
Michèle Mouton, ma è una risposta scontata. Una leggenda, dotata di talento, personalità e carisma. l’unica in grado di competere con i piloti maschi e di batterli. Una figura come lei non si è più materializzata nel nostro mondo. Credo che incidano anche i costi elevati dell’automobilismo; può darsi che una ragazza abbia stoffa, ma che non riesca a emergere perché non è in grado di far fronte alle spese che sono davvero molto alte.
Tra le gare cui ha assistito, quale le è rimasta nell’anima?
Sono due. Le Mans e Daytona, le famose 24 Ore. Vale la pena seguirle, almeno una volta nella vita. Anche per il contorno. A Daytona, all’ombra della ruota panoramica, i tifosi arrivano dieci giorni prima in camper e fanno festa, senza soluzione di continuità.
Quando si tratta di correre, invece, mi sembra di capire che lei preferisca le gare su strada.
Sì, perché si è in due e lo scenario cambia continuamente, non è monotono come la pista.
«Una gara che amo è il Rally Roma Capitale, il clima del campionato europeo è impagabile»
C’è una gara che ama particolarmente?
Il Rally Roma Capitale. Il percorso si snoda in collina, mi piace e il clima del campionato europeo è impagabile.
Qual è la gara che considera più ostica?
Nonostante la sua storia e il fatto che i siciliani che sono stupendi perché ti danno il cuore, devo dire la “Targa Florio”. Le strade sono scivolose, c’è poca aderenza e la prima preoccupazione è quella di tenere la macchina in strada.
Facciamo un rapido salto indietro sui banchi di scuola: qual era la sua materia preferita?
L’italiano.
E quella che detestava?
La matematica.
«Mi sento portata per fare la mamma; amo le castagne in tutti i modi»
Ci svela il sogno che aveva da bambina?
Il desiderio di una bella famiglia, mi sento portata per fare la mamma.
Qual è la sua vacanza ideale?
Stati Uniti. New York, Miami. Mi affascina la mentalità un po’ “pazzariella”, anche se non mi piace l’alimentazione.
A proposito di cucina. Piatto preferito?
Le castagne, in tutti i modi. Mi piace una cucina salutare, senza troppi condimenti e salse.
(enrico formento dojot)