La storia di Claudio Vona: il pilota col vizio del gol
"Pacione", dopo aver appeso gli scarpini da calcio a 5 al chiodo, si sta togliendo diverse soddisfazioni nei rally
È lo zenit di una carriera. Per molti, resta un sogno coltivato da piccoli e un miraggio confinato nell’anima nella vita adulta. Disputare un rally del Mondiale WRC, questo è il sogno e il miraggio. Claudio Vona li ha resi realtà al Rally ACI Monza, ultima prova del circuito iridato che ha laureato campione del mondo per la settima volta Sébastien Ogier sulla Toyota Yaris.
Claudio Vona primo tra gli italiani
Il driver valdostano, in coppia con Simone D’Agostino, non solo ha chiuso la gara, ma ha conquistato il cinquantunesimo posto assoluto, quarto di classe RC4 e primo degli italiani, preceduto da tre piloti del Mondiale Junior. Un risultato assai lusinghiero, in un rally contraddistinto da condizioni estreme. Per gli addetti ai lavori è stato il “Monte Monza”, perché il brutto tempo e la collocazione a dicembre l’hanno assimilato alla gara più famosa del pianeta.
In realtà, per le condizioni mutevoli, ha ricordato anche il Rally di Svezia per la neve, il Rally di Finlandia per l’acquitrino e il Rally del Galles per fango e nebbia.
«Non me l’aspettavo, è stato un rally complicatissimo»
Claudio, una prestazione da incorniciare.
Non ce l’aspettavamo proprio. È stato un rally complicatissimo, a partire dalle prove speciali a Monza, con il ritorno agli anni ‘70-’80, quando il percorso comprendeva, come quest’anno, non solo l’autodromo, ma anche i viottoli del parco. Quindi sterrato, prato, ghiaia e asfalto quando si riprendeva il tracciato dell’autodromo, con le gomme sporche di fango. Velocità ed equilibrismi, un binomio non facile da declinare. Ci siamo appoggiati a un muretto, per fortuna senza conseguenze gravi, ma pagando una ventina di secondi.
«Allo scollinamento abbiamo tirato un sospiro di sollievo»
E il sabato com’è stato?
Sulle colline bergamasche abbiamo trovato pioggia e neve, neve su patina di ghiaccio, non si stava in strada. Professionisti del mondiale hanno abbandonato lì i sogni di gloria, primo fra tutti Evans, capofila iridato. Ricordo, oltre alle speciali, anche un tratto di trasferimento in salita insidiosissimo. La macchina si fermava, qualcuno ha alzato bandiera bianca. Allo scollinamento, abbiamo tirato un sospiro di sollievo e in discesa, centellinando l’andatura, ce l’abbiamo fatta a superare la difficoltà. E siamo anche rimasti vittime di una foratura.
Dopo due giornate da tregenda, la domenica ha vestito i panni del ragioniere.
Eravamo quarti di classe e primi tra gli italiani. Non potevamo rischiare di mandare a monte tutto, abbiamo badato a mantenere le posizioni.
«Abbiamo attaccato quando la situazione lo permetteva»
Insomma, in questo Monza ha dosato una giusta miscela di attacco e conserva.
Proprio così. Abbiamo attaccato quando la situazione lo permetteva e gestito quando capivamo che avremmo rischiato di compromettere la nostra prestazione.
E ha affrontato condizioni estreme con una vettura a ruote motrici.
Abbiamo corso con la Ford Fiesta Rally 4. Davanti a noi partivano novanta vetture a trazione integrale. Quando toccava a noi, le condizioni si complicavano ulteriormente per i solchi e i buchi scavati dalle 4×4.
«Sulla terra devi guidare come se disponessi di una trazione integrale»
L’ha colta il pensiero di cosa avrebbe potuto realizzare con una macchina a trazione integrale?
Ho disputato parecchi rally con le 4×4 e le Super1600. Prima in Valle, poi, quando sono venuti a mancare sia il “Valle d’Aosta” che il “Jolly”, fuori dal nostro contesto. Certo, ci ho pensato, ma i costi che avrei dovuto sostenere per un rally del Mondiale WRC erano proibitivi. Mi sono divertito lo stesso: sulla terra devi guidare come se disponessi di una trazione integrale.
Quanti treni di gomme ha utilizzato?
Tre della Hankook, che ringrazio per il prezioso supporto, e due Pirelli termiche.
«Simone è stato affidabilissimo»
L’abbinata con Simone D’Agostino ha funzionato alla grande.
E pensare che Simone non era espertissimo, aveva appena quattro rally alle spalle. Non ha sbagliato nulla, né alle note né al timbro: peraltro, nei rally del Mondiale in un minuto passano due macchine ed è un attimo perdere il tempo, con conseguente penalità, come è accaduto ad altri. Simone è stato un coéquipier affidabilissimo.
In questo travagliato 2020, com’è saltato fuori il budget per Monza?
Con Marco Scaramuzza, il mio navigatore, avevamo in programma la disputa delle quattro prove dell’International Rally Cup. Al Rally del Casentino abbiamo vinto la classe Super2000, poi al “Bassano” ci ha tradito un guaio elettrico. “Appennino Reggiano” e “Taro” sono stati sospesi e abbiamo chiuso al secondo posto nell’IRC. È rimasto quindi un po’ di budget per l’avventura nel Mondiale. Mi sento in obbligo di ringraziare gli sponsor che mi hanno aiutato, tra i quali “Boffa Combustibili”, “Officina Pisano” e “Tecnoserramenti”: senza il loro supporto, non avrei potuto cogliere l’appuntamento mondiale.
«La passione per il rally nata quando ero bambino»
Com’è nata la passione di Claudio Vona per il rally?
E’ una passione nata quando ero bambino, perché ho un cugino a Chambave che si chiama Vincenzo Pantuso. Lui partecipava sempre con la sua Uno Turbo al Rally della Valle d’Aosta. Mi ricordo che lo aspettavo sul balcone di casa quando passava in trasferimento per andare sulla prova speciale di Pila. Mio papà, poi, mi portava a St-Vincent all’arrivo per andare ad accoglierlo. Per me sono ricordi forti, indelebili. Proprio da Vincenzo sono arrivati i primi consigli e i primi caschi per il mio debutto nel mondo dei rally avvenuto nel 2006.
«Ho tante gare nel cuore»
Prima di Monza si era tolto già diverse soddisfazioni. Quali ama ricordare?
Sono tante le gare che ho nel cuore, però posso citarne tre oltre, ovviamente, al mondiale della settimana scorsa. Sicuramente il Rally des Alpes del 2017, l’ultimo organizzato in Valle d’Aosta. C’era tantissima gente e ho conquistato, assieme al mio amico e navigatore Michael Pisano, una bellissima vittoria in Super 2000, arrivando settimo assoluto in mezzo alle R5. Un’altra gara stupenda è il Rally Legend di San Marino. L’anno scorso, proprio insieme a Simone D’Agostino sulla Super 2000; mentre quest’anno, con Darwin Salvoldi, abbiamo chiuso quarti assoluti su una Fantastica Porsche gruppo 4. E non posso dimenticare, nel 2018, la mia prima vittoria assoluta conquistata insieme a Erik Rollandin nel Rally delle Valli Cuneesi Storico a bordo di una Delta gruppo A.
«Quando ho il casco provo tante sensazioni»
Qual è la sensazione più bella che prova mentre è al volante in prova speciale?
Purtroppo non riesco a spiegarla. Quando ho il casco in testa sono tante le sensazioni che provo, una vera e propria tempesta emotiva. Forse la più bella è quando vedi la gente che si diverte e ti incita al tuo passaggio mentre fai un tornante di leva spazzolando.
Un’ottima partecipazione al mondiale è in archivio, che sogni rimangono nel cassetto?
Partecipare a una gara del mondiale era un grandissimo sogno e finalmente sono riuscito a realizzarlo. A questo punto un altro sogno potrebbe essere la partecipazione al Rally di Montecarlo.
«Il calcio a 5 è la mia seconda passione»
Claudio Vona non è solamente sinonimo di rally.
In effetti, il calcio a cinque è la mia seconda passione. E lo è stata a livello agonistico per quindici anni. Prima con la maglia dell’Aymavilles, che mi ha portato a vivere l’esperienza nella Nazionale Under 21, poi con quella dell’Aosta Calcio 511. Ho giocato in serie A2 e in serie B, con una stagione da trenta reti. In mezzo, la parentesi nel “Claude Sport”, il grande campionato amatoriale della Valle d’Aosta. Sono state annate di grandi soddisfazioni. Quest’anno, con il prossimo arrivo di mia figlia e l’incertezza legata alla pandemia, ho ritenuto di appendere le scarpette al chiodo. Dovevo scegliere tra il calcetto e il rally e la passione per il volante mi ha portato a privilegiare le quattro ruote.
«Quando Gigi Concio mi ha chiesto di provare non sono più tornato indietro»
Lei appartiene a una generazione cresciuta con il calcio. Com’è arrivato il salto al futsal?
Ho iniziato a giocare a 5 anni nello Charvensod squadra del paese dove abitavo con i miei genitori. Ho giocato fino ai 17 anni, poi, un bel giorno, mio cugino Gigi Concio mi ha chiesto di provare un allenamento con la sua squadra, l’Aymavilles Calcio a 5. Lì è nata la mia passione per questo sport e non sono più tornato indietro.
«Non dimenticherò una doppietta contro l’Aosta, se ci penso mi viene la pelle d’oca»
Lei ha segnato molte reti: ce n’è una in particolare che non riesce a togliersi dagli occhi?
Beh, non ricordo l’anno, ma non posso dimenticare un derby contro l’Aosta di Lino Gomez al Montfleuri finito 3-3 con una mia doppietta nei minuti conclusivi. Stavamo perdendo 3-1, ero in panchina e mister Osvaldo Chabod mi disse: “Pacio scaldati”. Entrai e la prima palla che mi arrivò guadagnai una preziosissima punizione dal limite, che trasformai nel gol del 3-2. A due minuti dalla fine, poi, rubai palla a centrocampo e mi trovai uno contro uno contro Gomez. Non so come feci, ma riuscii a saltarlo e di punta firmai il 3-3 in un Montfleuri stracolmo di tifosi. Se ci penso, ancora adesso mi viene la pelle d’oca.
«La mia squadra ideale la farei allenare a Gigi Concio e Rodrigo Rosa»
In tutte queste stagioni ha giocato assieme a tanti giocatori di alto livello. Ci dice qual è il suo quintetto ideale?
Tra i pali, sicuramente, ci metto il portierone Fabio Impieri. A destra Douglas Corsini o Geovanne Da Silva, a sinistra Roberto Concio o Simone Dosso; davanti senza dubbio Eric Chatrian. Questa squadra la farei allenare a Gigi Concio e Rodrigo Rosa.
C’è un allenatore al quale si sente di dire un grazie particolare?
Beh, come ho già spiegato prima, sicuramente Gigi Concio. È lui che mi ha portato nel mondo del futsal, insegnandomi parecchie cose. Oltre a essere mio cugino, è anche un mio grande amico.
«L’Aymavilles non meritava un simile fallimento»
Lei è un agonista: c’è una partita che vorrebbe rigiocare perché proprio non riesce a digerirne l’esito?
Ho molte partite che non posso dimenticare, però, forse più che un match, non riesco a digerire qualcosa di più brutto. Parlo della fine dell Aymavilles Calcio a 5, una società storica, che ha costruito tante vittorie e tante imprese. Non meritava un simile fallimento.
(di enrico formeto dojot e davide pellegrino)