‘ndrangheta: Marco Sorbara resta agli arresti domiciliari
Il Tribunale del Riesame di Torino ha rigettato l'appello. Antonio Raso, invece, attende la pronuncia del Tribunale in merito al sequestro di beni e la richiesta di sorveglianza speciale
‘ndrangheta: Marco Sorbara resta agli arresti domiciliari.
Marco Sorbara, l’ex consigliere regionale condannato il primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, resta ai domiciliari. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Torino rigettando l’appello presentato dall’avvocato (e fratello) Sandro Sorbara, il quale ne chiedeva la liberazione.
Ancora non sono state rese note le motivazioni dell’ordinanza dei giudici torinesi.
Nel frattempo, però, l’avvocato Sandro Sorbara fa sapere che intende fare ricorso in Cassazione. «Andrò avanti fino in fondo – afferma -. E’ una situazione paradossale e totalmente inammissibile».
Il 13 ottobre, il Tribunale di Aosta aveva già respinto l’iniziativa del legale che chiedeva «la totale remissione in libertà» del fratello in quanto «non sussistono più esigenze cautelari che possano legittimare la privazione della libertà personale dell’imputato».
Condannato a 10 anni nel processo Geenna, Marco Sorbara era stato arrestato il 23 gennaio 2019, quando era finito in carcere. Dopo 7 mesi di detenzione, gli avvocati Sandro Sorbara e Raffaele Della Valle erano riusciti a fargli ottenere i domiciliari.
Sorveglianza speciale: Raso attende pronuncia Tribunale
E’ invece attesa entro 90 giorni la pronuncia del Tribunale di Torino – sezione misure di prevenzione – in relazione al sequestro proposto dalla Direzione investigativa antimafia nei confronti di Antonio Raso, il ristoratore aostano condannato per associazione mafiosa in primo grado nel processo Geenna. Martedì 12 gennaio si è infatti conclusa la discussione. Lo riporta il settimanale Gazzetta Matin in edicola lunedì 18 gennaio.
Nel dicembre 2019, la DIA aveva sequestrato a Raso quote di partecipazione in tre società, due immobili, due autovetture e diversi rapporti finanziari stimati dall’antimafia in oltre un milione di euro.
Il procedimento davanti alla sezione misure di prevenzione del Tribunale torinese era iniziato nel gennaio scorso e, nel corso delle varie udienze, è andata in scena una vera e propria battaglia di perizie condita dal deposito di numerose memorie. Secondo la DIA, i beni di cui dispone Raso e il suo stile di vita non sarebbero compatibili con i suoi redditi. Di parere opposto gli avvocati difensori Pasquale Siciliano e Ascanio Donadio che, a sostegno della loro tesi, hanno prodotto della documentazione redatta da un perito.
Oltre al sequestro finalizzato alla confisca, la Direzione investigativa antimafia ha anche chiesto che nei confronti di Raso sia attivata la “sorveglianza speciale”. Ora, l’ultima parola spetta ai giudici.
(Federico Donato)