Inchiesta Finaosta: attesa per il 26 aprile la sentenza d’Appello per Rollandin, Perron e Lévêque
L'accusa ha chiesto la condanna a un anno per tutti e tre gli imputati; oggi, giovedì 11 marzo, concluse le arringhe difensive
E’ attesa per il 26 aprile la sentenza per il processo d’Appello relativo alla nomina di Massimo Lévêque a presidente di Finaosta. Alla sbarra, oltre al manager, vi sono l’ex presidente della Regione e attuale consigliere regionale Augusto Rollandin e l’ex assessore regionale Ego Perron. Per tutti l’accusa è turbata libertà di scelta del contraente. In primo grado erano stati tutti assolti.
Dopo che nell’udienza del 3 febbraio il pg Giancarlo Avenati Bassi aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati a un anno di reclusione e l’avvocato Giorgio Piazzese (difesa Rollandin) aveva pronunciato la sua arringa, oggi (giovedì 11 marzo), è stato il turno degli avvocati Corinne Margueret (difesa Perron) e Maria Rita Bagalà (difesa Lévêque). Terminate le arringhe difensive, la Corte d’Appello ha rinviato l’udienza per le repliche dell’accusa.
L’inchiesta
L’inchiesta, coordinata dal pm Luca Ceccanti, riguarda la nomina di Lévêque a presidente della finanziaria regionale. Secondo l’accusa, nel marzo 2015, prima che fosse pubblicato il bando per la nomina del presidente di Finaosta, Augusto Rollandin ed Ego Perron ne avrebbero comunicato il contenuto a Lévêque. I due amministratori regionali (Rollandin era presidente della Regione, mentre Perron era assessore al bilancio), e quindi “pubblici ufficiali”, si sarebbero anche spesi in rassicurazioni, arrivando a garantire a Lévêque che il compenso previsto (31 mila 500 euro all’anno), sarebbe stato aumentato fino a 100 mila euro; secondo la ricostruzione degli inquirenti, Lévêque ne aveva chiesti almeno 80 mila.
Assolti in primo grado
Il 13 maggio 2019, al termine del processo di primo grado (celebrato con rito abbreviato), tutti e tre erano stati assolti dal gup del Tribunale di Aosta Luca Fadda «perché il fatto non sussiste». Nelle motivazioni, il giudice sostiene che la procedura relativa alla scelta del presidente di Finaosta non possa considerarsi procedura selettiva in quanto il provvedimento dirigenziale non potrebbe rientrare nella nozione di “bando o altro atto equipollente”, quindi mancherebbe un elemento strutturale della fattispecie contestata.
Insomma, secondo il gup, il procedimento amministrativo relativo alla nomina del presidente della finanziaria regionale non può essere considerato una gara. In aggiunta, il provvedimento dirigenziale con cui è stato integrato “l’avviso pubblico di cui al provvedimento dirigenziale relativo alle nomine in scadenza nel 1° semestre 2015, con le cariche in seno agli organi sociali di Finaosta spa” non può essere considerato un bando o altro atto equipollente.
Nella vicenda per cui erano chiamati a rispondere i tre imputati, secondo Fadda «non si è svolta alcuna “gara” (..) poiché il sistema previsto dalla legge regionale n°11 del 1997, cui il provvedimento dirigenziale fa integralmente riferimento, è privo di precisi criteri di selezione e sostanzialmente rimesso alla valutazione fiduciaria dell’organo competente».
Il gup, infatti, evidenzia che «il provvedimento dirigenziale con cui è stato dato avviso pubblico delle cariche in scadenza in Finaosta spa nulla dice in ordine ai criteri di selezione» e solo in alcune schede allegate prevede i requisiti specifici oltre a quelli previsti dalla normativa in esame.
«Orbene – conclude Fadda – la lettura di tale legge evidenzia il carattere assolutamente discrezionale della nomina».
Tesi non abbracciate dalla Procura della Repubblica di Aosta, che aveva deciso di ricorrere in Appello.
(f.d.)