Covid, inchiesta sui decessi in micro e rsa: chiesta l’archiviazione
Erano 13 in totale gli indagati - a vario titolo - per omicidio ed epidemia colposi
La Procura della Repubblica di Aosta ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di procedere con l’archiviazione del fascicolo per omicidio ed epidemia colposi aperto un anno fa a seguito dell’esplosione dei casi Covid all’interno di varie strutture per anziani.
Gli indagati erano 13 ma, per il sostituto procuratore Francesco Pizzato, nei loro confronti non è possibile esercitare l’azione penale.
Le indagini
Nel corso delle indagini, i Carabinieri del Nas di Aosta hanno effettuato numerosi sopralluoghi in varie residenze o strutture sanitarie per anziani.
Come si legge nella richiesta di archiviazione firmata dal pm, «nello specifico l’indagine si è concentrata sulle strutture in cui si è verificata un’ampia diffusione del virus e un elevato numero di contagi di degenti che, in taluni casi, sono deceduti dopo aver contratto l’infezione».
Le strutture
La prima struttura su cui avevano messo gli occhi inquirenti, comunque, era è stata il Refuge Père Laurent di Aosta.
Le indagini hanno appurato che su un totale di 122 ospiti, 73 sono deceduti; tra questi, 36 sono risultati positivi al coronavirus. Il lavoro del NAS ha «accertato alcune criticità in seno alla struttura» legate ad esempio «all’improvvisa carenza di personale dovuta al fatto che molti lavoratori sono risultati assenti per malattia o ferie in corrispondenza con l’esplosione dell’emergenza epidemiologica». Fatto, quest’ultimo, che la Procura ritiene «difficilmente imputabile alla direzione della struttura».
Ma all’aggravamento della situazione avrebbero contribuito anche «una iniziale difficoltà di approvvigionamento dei DPI» e «un non corretto utilizzo degli stessi». Sul punto, nelle carte si legge: «In alcuni casi la direzione ha dato l’indicazione di disinfettare» i DPI «per un loro successivo riutilizzo». In questo contesto, comunque, viene evidenziata «la quasi impossibilità nel marzo 2020 di reperirne in commercio».
Vi fu però anche «un’iniziale sottovalutazione del rischio di propagazione del virus da parte della direzione». Ne sarebbe una prova il fatto che «il personale è stato in un primo tempo invitato a un uso dei DPI in modo da “non fare cinema” al fine di non far preoccupare parenti/visitato (a cui inizialmente era consentito l’accesso nonostante il rischio di contagio ndr) e utenti».
Sotto la lente dei militari, però, ci era finita anche la microcomunità Foyer de Vie di Doues, struttura gestita dall’Unité des communes Grand Combin. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, durante la fase acuta della prima ondata di Covid sono deceduti cinque pazienti positivi.
E le indagini avevano raggiunto anche la Piccola casa della Divina Provvidenza Cottolengo, struttura socioassistenziale residenziale per anziani privata (22 posti, di cui 5 in convenzione con la Regione). Finiti nelle carte dell’inchiesta anche l’Istituto clinico Valle d’Aosta di Saint-Pierre (dove già dal primo controllo gli inquirenti non hanno rilevato criticità), il centro riabilitativo terapeutico Residenza Dahu di Brusson e la Casa protetta per anziani di Antey-Saint-André.
Ma non è tutto: il NAS aveva anche acceso i fari sulla gestione del reparto di Psichiatria dell’ospedale di Aosta. Qui, le indagini hanno accertato che «presso la struttura vi è stata una corretta divisione degli spazi, che ha consentito di isolare i pazienti positivi e di impedire la diffusione del virus nella struttura».
La richiesta di archiviazione
Dopo aver ricostruito tutte le vicende avvenute nelle sette strutture nei mesi iniziali della pandemia, nella richiesta di archiviazione il pm Pizzato evidenzia come non sia configurabile il reato di epidemia colposa in quanto si tratterebbe unicamente di condotte omissive.
Rispetto ai decessi di alcuni pazienti, invece, il sostituto scrive: «Non è possibile accertare con certezza – quantomeno facendo applicazione dei criteri penalistici in materia di accertamento del nesso di causalità – la sussistenza di un nesso causale tra le condotte colpose dei responsabili delle strutture e tali eventi».
In aggiunta, «i responsabili delle strutture si sono trovati ad affrontare una pandemia che ha colto impreparato il mondo intero», quindi, «non è possibile affermare al di là di ogni ragionevole dubbio che il contagio sia ricollegabile causalmente a specifiche condotte colpose degli indagati».
(f.d.)