Aosta: ok a parità di genere per la toponomastica, astenute Lega e Forza Italia
Il consiglio comunale ha approvato l'ordine del giorno proposto da Rinascimento VdA e sorretto dalla maggioranza; si punta a intitolare vie, strade e parti importanti della città alle donne, unendo iniziative formative
Un riequilibrio di genere nell’intitolazione di vie, piazze e monumenti per dare più spazio alle donne. Questo il senso dell’ordine del giorno sul riequilibrio di genere della toponomastica cittadina, approvato, con l’astensione di Lega e Forza Italia, dal consiglio comunale aostano, che ha preso il documento originario targato Rinascimento Valle d’Aosta e l’ha emendato con l’apporto della maggioranza e, in particolare, con le firme dei consiglieri Sarah Burgay, Giuliana Rosset e Pietro Varisella.
L’ordine del giorno
In particolare, il documento impegna l’amministrazione aostana a rivedere in chiave di genere toponomastica e numerazione civica, con tanto di consultazione della Consulta per le pari opportunità e per la non discriminazione.
Inoltre, il governo aostano dovrà intitolare in futuro, vie, monumenti, sentieri, edifici e luoghi vari in percentuale maggiore a figure femminili, così da ridurre l’attuale divario.
Infine, dovrà promuovere una riflessione nelle scuole, magari introducendo concorsi di idee per confrontarsi sulla scelta dei nomi, mettendo poi in evidenza le storie di donne che hanno dato il loro importante contributo alla crescita culturale e al progresso di città, Regione e Paese.
L’idea
L’idea nasce da quanto promosso dall’Associazione Toponomastica femminile, costituita nel 2014 con l’obiettivo di analizzare in ottica di genere la situazione della toponomastica in Italia.
Da questo studio è emerso che l’intitolazione femminile si ferma tra il 3% e il 5% (in prevalenza Madonne e Santi), mentre quella maschile si attesta intorno al 40%.
«È come se le donne fossero state pressoché assenti dal progresso e dalle battaglie della nostra società» evidenzia la relatrice Carla Roberta Balbis, che poi legge i dettagli della proposta.
La situazione in Valle
Secondo quanto riportato dal documento, la città di Aosta vede circa 267 tra strade, piazze e vie di cui il 97,3% è intitolato a uomini e solamente tre di queste intitolate a donne (Via della Consolata, Piazza Ducler e Via Vuillerminaz).
In Regione, tra tutti 74 comuni valdostani, sono solamente 16 le intitolazioni femminili e di queste 8 sono Madonne o Sante.
A tutto questo si aggiunge la presenza, ad Aosta, di sole due statue femminili (Fontana della Dora e il busto di Josephine Teppex Duc), mentre la sola biblioteca di viale Europa è intitolata a un donna, in particolare Ida Desandré.
Le motivazioni
Per questo motivo i consiglieri propongono di cambiare strada, perché «i toponimi contribuiscono a veicolare la storia e a creare la cultura di un popolo, definendone i modelli – si legge nel documento -. La preponderanza di figure maschili contribuisce a cancellare una parte della nostra storia, perpetrando la marginalizzazione del contributo femminile» in tantissimi campi, privando così le donne e le nuove generazioni «di modelli».
A questo si aggiunge il fatto che «la toponomastica ha grande forza simbolica», è in grado di favorire la memoria e tramandare la storia e deve quindi essere vista come «strumento di valorizzazione delle diversità che può favorire una cultura non discriminante nei confronti delle donne», magari aiutando a frenare il preoccupante fenomeno, peraltro in ascesa, «della violenza contro le donne».
Gli interventi
Sottolinea l’importantissimo «lavoro di approfondimento della consigliere Balbis e Burgay» l’assessora con delega alle Politiche sociali, Clotilde Forcellati, che poi entra nei dettagli.
«L’argomento non sembra così importante, che cosa ci cambia una piazza? – continua -. Invece cambia. Sono il valore e la forza simbolica del dare nomi femminili a parti importanti della città che ci permetteranno di lavorare anche con le giovani generazioni».
E attacca.
«La percentuale a livello regionale e nazionale grida vendetta – esclama -. È come se le donne non avessero partecipato a costruire la società. È bello poi che questo lavoro sia fatto dalle donne insieme per le donne; la conflittualità è uno degli aspetti che impediscono alle donne di essere ai vertici».
Una delle firmatarie, Sarah Burgay di PCP (che come tutti i compagni di movimento e Giuliana Rosset ha appuntata al petto la spilla arcobaleno per stigmatizzare l’affondamento del DDL Zan) punta su un aspetto particolare.
«Solo ieri c’è stata l’approvazione della legge sul gender paygap, per cui era normale che una donna venisse pagata meno – ricorda -. Ci sono tanti ostacoli, ma i più grandi sono nelle nostre teste. Se abbiamo solo modelli di un certo tipo, difficilmente potremmo pensare di fare qualcosa di diverso».
Lega astenuta
Si astiene la Lega, come spiega il capogruppo Sergio Togni.
«Riteniamo che buona parte degli elementi dell’ordine del giorno sia assolutamente condivisibile e rifletta una realtà oggettiva – spiega -. Crediamo che la parità in tutti i settori sia fondamentale, ma poi in questo modo creiamo un’impegnativa che favorisce un genere rispetto a un altro».
E conclude.
«Credo che le persone siano tutte uguali come “enti” – conclude -. Rimarcare ulteriormente queste differenze di sesso significa non aver capito che la parità di genere debba essere fondante: tutte le persone sono uguali, senza distinzione. Le riserve indiane servono solo a lavarsi la coscienza e riscrivere la storia. Noi siamo per il merito e la toponomastica dovrebbe seguire questo principio».
Favorevoli
«Dite guardiamo il merito, ma visti i dati è necessario rimettere un minimo di parità – replica Cecilia Lazzarotto (PCP) -. Per anni le donne sono state messe nell’angolo e non considerate. Noi in consiglio abbiamo la preferenza di genere e il risultato si vede, mentre in Regione, con la preferenza unica, sono solo quattro».
E continua.
«Credo sia un argomento che riguarda tutti e permette una proficua collaborazione – conclude -. Mi auguro che un giorno in tutto il mondo non ci sia bisogno di queste cose per ottenere la parità».
Ribatte anche l’assessora Forcellati, per cui l’intervento di Togni fa «capire che ‘è ancora tanto fare, siamo pieni di stereotipi. Gli uomini, spesso, hanno messo, se le avevano, le competenze in soffitta, mentre le donne devono essere continuamente sotto esame».
Giovanni Girardini di Rinascimento specifica che le «quote rosa non mi piacciono e mi fanno ridere, ma senza sarebbe ancora peggio – spiega -. Sottolineo solo che questo non è un lavoro delle donne, ma anche degli uomini che le amano e le stimano come loro pari. Abbiamo costruito insieme questa società».
Ma puntualizza.
«Sono contento per la condivisione – conclude -, ma dispiaciuto per il fatto di dover portare un’iniziativa che non dovrebbe esistere».
Forza Italia astenuta
«Ci asteniamo perché riteniamo che si debba capire la necessità di andare oltre gli stereotipi – esclama Paolo Laurencet di Forza Italia -. Sappiamo che c’è tanto lavoro da fare su questa strada, ma speriamo che questo entusiasmo sia spostato anche in tanti altri argomenti, ad esempio gli asili nido, che potrebbero contribuire a colmare questo gap. E questo indipendentemente dai proponenti».
E chiosa.
«Il mercato del lavoro, spesso, è più avanti dell’uomo – conclude Laurencet -. Sposiamo in pieno il fatto che non si dovrebbe nemmeno parlare di un argomento simile, dovrebbe prevalere il merito e basta».
(alessandro bianchet)