Sindacati, Cgil, Cisl e Uil tuonano: «Manovra inadeguata»
Le sigle confederali attaccano la legge di bilancio allo studio che non considera le fasce più deboli della popolazione
Una manovra inadeguata, che non risponde alle esigenze dei ceti meno abbienti in materia di lavoro, pensioni, fiscalità e sviluppo. Non le mandano a dire i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, che giovedì, all’auditorium delle scuole del Villair di Quart, hanno convocato un’assemblea unitaria per tenere il punto su una legge di bilancio «che non dà risposte sufficienti per contrastare le diseguaglianze».
Qui Cgil
E l’assemblea arriva in un momento di grande mobilitazione sindacale, con i vertici nazionali nuovamente convocati a Palazzo Chigi e le varie sigle di categoria impegnate negli incontri in azienda, anche sul territorio valdostano.
«Nel confronto sulla legge di bilancio i sindacati dovrebbero giocare un ruolo importante, con proposte articolate su lavoro e pensionati, ma incontrano molte difficoltà» spiega la segretaria della Cgil VdA, Vilma Gaillard, parlando di una sorta di muro contro muro.
«Ci sono manifestazioni in tutta Italia – spiega ancora Gaillard -, vogliamo parlare in maniera definita di una manovra che condizionerà pesantemente il futuro nostro e dei nostri figli, alla luce degli investimenti per l’industria, la digitalizzazione e la riconversione verso un’economia sostenibile, ma fatta senza condivisione con le parti sociali, col rischio di avere un boomerang per le generazioni future».
In attesa di ottenere riscontri, ma valutando anche «misure più opportune», Vilma Gaillard mette nel mirino il fisco.
«Nell’incontro del 29 è stato sollevato un muro, con un documento già scritto con le nostre osservazioni tecniche e puntuali, che non è mai stato nemmeno valutato» attacca.
A lasciare insoddisfatti è «la variazione delle aliquote» che, secondo la segretaria della Cgil, «non soddisfa le esigenze di tutela di lavoratori e pensionati con redditi più bassi». I sindacati chiedono «un sistema di detrazioni» che veda una «diminuzione reale su redditi bassi» e bocciano l’intervento sull’Irap.
«Di 280 miliardi, 202 sono già andati a imprese e lavoratori autonomi – continua Gaillard -, per questo occorreva destinare tutto a lavoratori e pensionati, anche perché l’Irap concorre al fondo sanitario e minori introiti si ripercuoterebbero sulla cittadinanza».
Vilma Gaillard attacca anche sul tema previdenza.
«Chiediamo una pensione di garanzia per i giovani – conclude -. Pagheranno precarietà e discontinuità, bisogna coprire i periodi in cui non possono lavorare».
Qui Cisl
Conferma l’inadeguatezza della manovra il segretario della Cisl VdA, Jean Dondeynaz, che parte dal fisco.
«Gran parte del problema si gioca sull’evasione fiscale – punge -. Ma non si riesce mai ad affrontare».
Dondeynaz ricorda come «lo sviluppo» sia il motore di tutte le riforme, ma serve «dare stabilità a persone che non la trovano da oltre quindici anni. Siamo delusi, ci attendevamo la soluzione di questioni strutturali».
Il segretario vede una riforma fiscale «che favorisce le grandi disponibilità economiche» e alza la voce in materia di pensioni.
«Basta pensare che siano dei costi – sferza Dondeynaz -. Serve un approccio diverso per affrontare la questione in maniera più seria».
Qui Uil
Scende più nei dettagli Ramira Bizzotto, segretaria della Uil Valle d’Aosta, che etichetta come scelte «politiche» e non sindacali «quota 100 e reddito di cittadinanza».
La prima «verrà abrogata a fine anno, per il 2022 ci sarà un compromesso su quota 102, ma ricordiamo che la Fornero non è mai stata cancellata – tuona -. Noi evidenziamo il fatto che non tutti i lavori e le situazioni sono uguali e per questo abbiamo elaborato un documento che distingue costi pensionistici e assistenziali. Finché si inserirà la liquidazione dei dipendenti pubblici nei conti si continuerà a parlare di sistema in deficit».
I sindacati hanno una ricetta.
Per prima cosa bisogna «tenere la barra dritta con il governo», in primis per protestare sul fatto che «redditi fino a 15 mila euro non avranno alcun vantaggio fiscale», poi per chiedere un vero intervento sulle pensioni.
«Diciamo no a quota 102 – spiega -, servono un massimo di 41 anni di contribuzione per tutti, senza vincoli di età, ampliando la platea dei lavori gravosi e mettendo la possibilità di andare in pensione a 62 anni».
Mentre l’opzione donna, confermata a quota 58 anni, «sarà solamente contributiva, penalizzando ancora la categoria», Bizzotto ricorda che questo «sarà il destino di tutti, per questo dobbiamo dare una garanzia ai giovani».
In ultimo una sferzata sul reddito di cittadinanza.
«Tutti devono avere aiuto – conclude -, ma finalizzato a un progetto. Bisogna inserire le persone nel mondo del lavoro e chiedere qualcosa in cambio: senza il reinserimento la misura perde di significato».
(alessandro bianchet)