Violenza stradale, la Fiab Aosta chiede ai sindaci strade scolastiche sicure
Violenza stradale, la Fiab Aosta chiede ai sindaci strade scolastiche sicure.
L’associazione valdostana scrive una lettera aperta ai sindaci valdostani per chiedere azioni per limitare episodi di violenza stradale che coinvolgono le bici.
La Fiab Aosta à Vélo, mossa dai recenti fatti di cronaca, scrive ai sindaci dei 74 Comuni valdostani per ricordare che, con la riforma del Codice della Strada varata a settembre, gli amministratori «hanno nuovi poteri di intervento, che possono dare un impulso decisivo alla sicurezza sulla strada con la costituzione, oltre che delle “strade scolastiche”e delle “strade 30”, delle corsie ciclabili e dei Biciplan».
L’associazione sottolinea come «Gli ottomila sindaci d’Italia e quindi anche i 74 sindaci della Valle d’Aosta, hanno la possibilità, oltre che la responsabilità, di abbattere drasticamente il rischio di incidenti mortali».
La lettera
«Comprendiamo come sia difficile contrastare l’inerzia del cittadino che non ha mai potuto o voluto riflettere su quanto possano essere pericolosi per sé e per gli altri i veicoli a motore. Ma è necessario agire con urgenza» scrive Fiab Aosta à Vélo.
«Nel 2019 in Italia si sono verificati 172.183 incidenti con 3.173 morti: come denuncia l’Associazione dei familiari delle vittime è “una strage ignorata dalle Istituzioni”. Il rischio di incidente mortale è infatti direttamente proporzionale all’impatto: a 50 km/h è superiore al 50%, a 30 km/h è meno del 10%».
«Nella descrizione dei sinistri i media usano termini che vanno a deresponsabilizzare l’agire umano: “auto investe”, “suv travolge”, “strada maledetta”. Ma la responsabilità non è certamente delle auto o delle strade, manufatti inanimati. Sono solo i comportamenti errati e inadeguati di noi umani che hanno esiti tragici».

«Si tratta di una mancanza di percezione e di cultura specifica, di una visione distorta di quanto accade, raccontata ogni giorno in maniera profondamente sbagliata,perché purtroppo ogni giorno abbiamo morti sulle strade. Anche nel racconto apparso sui quotidiani dei recenti fatti a L’Aquila, si parla di “Una fatalità, una tragica disgrazia”, come lo scorso anno quando a Chieri, un Suv parcheggiato vicino alla scuola aveva preso velocità e aveva investito dei bambini del nido, o quando a Sora una bambina era stata investita davanti alla scuola, per citare solo gli ultimi casi».
«Purtroppo, documentarsi sugli atti di violenza stradale è facile e si trova sempre materiale aggiornato. Auto che fanno manovre pericolose, che si infilano ovunque, in retromarcia, in seconda e terza fila, posteggiate in discesa, in salita, sopra i marciapiedi, sopra le strisce, sopra le rotonde, sopra le aiuole, per arrivare più vicino possibile alla scuola e risparmiare la fatica di camminare. Se non cambia la cultura e la percezione del pericolo nel condurre un’auto, continueremo ad avere morti sulle strade e vicino alle scuole».
«Dobbiamo prendere atto che per quanto riguarda la conduzione degli autoveicoli siamo una società che mette all’ultimo posto la sicurezza, anche quella dei soggetti più deboli e indifesi, i nostri bambini, e al primo posto la fretta e le comodità adulte.La donna che ha lasciato l’auto in discesa che ha ucciso il bambino pagherà col rimorso tutta la vita, e forse anche con una pena detentiva, ma le Istituzioni possono chiamarsi fuori da quanto è accaduto?» si chiede l’associazione.
«Perché non era stata creata una strada scolastica, quindi un divieto di accesso e di parcheggio in quella discesa? Non era possibile mettere delle barriere?Perché in prossimità delle scuole si può parcheggiare e circolare liberamente anche a velocità decisamente troppo elevate? Perché non si riescono ad imporre zone pedonali temporanee davanti alle scuole e a limitare la velocità?».
«Si tratterebbe di provvedimenti minimi in un Paese che vuole definirsi evoluto e civile» conclude l’associazione.
(re.aostanews.it)
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