Sentirsi a casa: il progetto di Aosta per sprigionare le potenzialità di donne sole o con figli
In collaborazione con J.B. Festaz e terzo settore, prevede un appartamento per ospitare tre donne straniere e un piano per l'inserimento nel mondo del lavoro e nella comunità
Dare un appartamento a chi ne ha bisogno, ma soprattutto accogliere donne straniere sole o con figli, per consentire loro di sprigionare le potenzialità sopite e inserirsi nella comunità. In estrema sintesi è questo lo scopo di Sentirsi a casa, il progetto del Comune di Aosta, promosso con J.B. Festaz e terzo settore.
Il progetto
Il progetto, presentato mercoledì 1° marzo, prevede uno stanziamento di 500 mila euro per due annualità, a valere sul fondo nazionale per le Politiche migratorie.
In cabina di regia, il Comune di Aosta, aiutato dagli assessorati alle Politiche sociali e al Lavoro e formazione della Regione, a comporre il tavolo di co-progettazione con la casa di riposo J.B. Festaz e cinque cooperative sociali: La Sorgente (capofila), Esprit à l’Envers, Libellula, Indaco ed Enaip.
Nato a seguito di una delibera di Giunta del giugno 2021, in risposta a sollecitazioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il progetto coinvolge un massimo di 20 donne e 30 bambini.
Allestito un appartamento all’interno del J.B. Festaz, con cucina, soggiorno, tre camere e due servizi in grado di ospitare contemporaneamente tre donne con i propri figli, lo stesso consentirà di fornire una casa temporanea (la permanenza prevista è di 6 mesi, eventualmente prorogabili) a donne di paesi terzi in difficoltà, allo scopo di inserirle nel mondo del lavoro e nella comunità.
Ma non finisce qui, perché il progetto prevede anche la presa in carico di donne che abbiano già una casa, fissa o provvisoria, inserendole in un percorso di ricerca di un’abitazione stabile, ma soprattutto lavorativo, con lo scopo di risvegliare le potenzialità sopite di ognuna di esse.
Il sindaco
Parla di progetto di «umana solidarietà ed economia sociale» il sindaco di Aosta Gianni Nuti, nato dalla sollecitazione del Ministero, «ricadendo sul territorio in modo sistemico», coinvolgendo in progetti di rete «territorio, istituzioni ed enti pubblici».
Il tutto per «aiutare persone in difficoltà, ma anche il territorio a rinnovare la dimensione del lavoro sociale».
L’assessora
Entra nei dettagli l’assessora alle Politiche sociali, Clotilde Forcellati, tra le anime di Sentirsi a casa.
Evidenziata la mole di lavoro digerito dalla strutture, Forcellati sottolinea come le cinque imprese sociali coinvolte «lavoreranno allo stesso obiettivo, ma ognuna con le proprie competenze – specifica Forcellati -. Il progetto ha affrontato numerose difficoltà, che avrebbero fatto desistere i più, ma il 5 dicembre è partito in maniera ufficiale».
Sentirsi a casa non dà solamente un’abitazione a chi ne ha bisogno, «ma vuole far sentire parte di una comunità – spiega ancora l’assessora -. È un progetto di inclusione, che si rivolge a donne sole o con figli, che sono in un momento di difficoltà, ma che hanno grandi potenzialità da far emergere. Noi le accompagneremo in un percorso di inclusione, socializzazione e inserimento lavorativo; solo così potremo avere persone in grado di portare il proprio contributo alla comunità».
Il terzo settore
Ruolo fondamentale nel tavolo di co-progettazione è quello rappresentato dal terzo settore, che vede coinvolte La Sorgente, Esprit à l’Envers, Libellula, Indaco ed Enaip.
«Il punto centrale del progetto è sentirsi parte di una comunità – illustra Tiziana Gagliardi di Enaip – e ogni ente metterà a disposizione il proprio know-how. Ci sarà un appartamento, è vero, ma soprattutto un accompagnamento da parte di operatrici formate per individuare una soluzione abitativa sicura, valorizzando poi il talento e rafforzandolo attraverso il lavoro, entrando così a far parte di una rete».
Il presidente del J.B. Festaz
«Siamo stati coinvolti circa un anno fa – spiega il presidente del cda del J.B. Festaz, Ruggero Meneghetti -. Sentirsi a casa ha una valenza evidente e, alla luce di tre secoli e mezzo di storia di assistenza di malati e bisognosi, abbiamo aderito per dovere etico».
(al.bi.)