Desertificazione commerciale, ad Aosta calano i negozi, crescono alberghi e ristoranti
Un crollo dei negozi di vicinato e un’ascesa inarrestabile di alberghi, bar e risotranti. Il tutto nel giro di dieci anni, dal 2012 al 2022, con una significativa parentesi targata 2019. Questo il sunto stringatissimo di Città e demografia d’impresa, l’analisi effettuata dal Centro studi di Confcommercio, in collaborazione con il Centro studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
Analisi che peraltro porta a una conclusione il ramo valdostano dell’associazione: «Per evitare la desertificazione commerciale servono Distretti del Commercio».
In Italia
L’analisi, che ha preso in considerazione 120 città medio-grandi, ha visto sparire, nel nostro paese, oltre 99 mila attività di commercio al dettaglio e 16 mila imprese di commercio ambulante, ma ha per contro visto crescere alberghi, bar e ristoranti (+10.275).
Il tutto con un aumento dell’impronta straniera sia per quanto riguarda il numero di imprese (+44 mila), che di occupati (+107 mila), a fronte di una riduzione della matrice italiana (rispettivamente -138 mila e -148 mila).
In tutto il Bel Paese il trend sembra molto simile, con la riduzione delle attività commerciali e l’aumento dell’offerta turistica, soprattutto nei centri storici, dove peraltro si registra la fuga dei negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e la crescita di servizi tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
E il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, vede dei dati devastanti.
«La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso, perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza – esclama -. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali».
Aosta
E Aosta? Pur con un ovvio ridimensionamento dei numeri il trend è del tutto simile a quanto avviene nel resto d’Italia.
Per quanto riguarda il commercio al dettaglio, le imprese sono passate da 474 nel 2012 (250 in centro, 224 fuori), alle 360 del 2022 (187 e 173), con un passaggio nel 2019 che aveva attestato la cifra a quota 389 (206 e 183).
E il calo appare assolutamente generalizzato, salvando solamente le farmacie, passate dalle 6 del 2012 alle 12 del 2022 (9 nel centro storico). In leggera controtendenza anche i punti di commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati, passati da 8 a 12.
Il resto, invece, appare una sorta di pianto greco.
Gli esercizi non specializzati sono crollati dal 23 a 14 in dieci anni, registrando una vera e propria moria nel centro storico (da 14 a 5). Discorso simile per prodotti alimentari e bevande (da 48 a 34) e rivendite di carburante per autotrazione (da 22 a 13).
Patiscono anche i tabacchini (da 17 a 13) e i negozi di applicazioni informatiche e telefonia (da 13 a 8), per non parlare delle rivendite di altri prodotti per uso domestico (da 67 a 38).
Le rivendite specializzate di articoli culturali e ricreative tengono botta (45 contro 40), mentre crollano letteralmente i negozi specializzati di altri prodotti (da 188 a 149).
E la cosa assurda è che tutto ciò riguarda, quasi indistintamente, centro storico o “periferia”.
Alberghi, ristoranti e bar
La parte che in qualche modo sorride è quella degli esercizi pubblici e della ricettività, passati complessivamente dai 264 del 2012 ai 312 del 2019, per poi assestarsi ai 303 del 2022, pagando molto probabilmente le conseguenze di pandemia e caro energia, che hanno costretto soprattutto molti bar ad abbassare le serrande.
Entrando nei dettagli, i servizi di alloggio sono passati da 33 nel 2012 ai 44 del 2019 ai 45 del 2012 (aumentando soprattutto in centro).
Mancando il dato 2012, per alberghi e altre forme di alloggio è possibile fare solamente il raffronto tra gli ultimi periodi.
In materia di alberghi, dal 2019 al 2022 ne è stato perso uno (18 contro 17), con solo tre di questi collocati in centro. Le altre forme di alloggio, invece, sono passate da 26 a 28, ma sono letteralmente lievitate tra le mura, passando dalle 7 del 2019 alle 12 del 2022.
Bar e ristoranti meritano un discorso particolare.
A livello assoluto, sono cresciuti dai 231 del 2012 ai 268 del 2019, per attestarsi a 257 nell’anno appena trascorso. Anche qui limitati i dati specifici, con i ristoranti che sono passati dai 136 del 2019 ai 145 del 2022, guadagnando spazio nei confronti dei bar, passati dai 132 del 2019 ai 112.
Segno che, oltre agli influssi della pandemia, forse nel tempo in tanti si erano lanciati in maniera esagerata verso quella che pareva essere una sorta di terra promessa di facile accesso.
Confcommercio: «Servono i distretti del commercio»
Confcommercio VdA prova a non fare drammi, ma cerca contromisure.
«Il rischio di non riavere i centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è molto concreto – spiega il presidente di Ascom Aosta, Ermanno Bonomi -. Questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico».
Il presidente di Fipe Confcommercio VdA va a fondo.
«I numeri vanno analizzati da più sfaccettature – sottolinea Graziano Dominidiato -. È bene precisare che i fattori colpevoli di eventuali chiusure possono essere molteplici. Non è sufficiente la volontà di aprire per realizzare un sogno imprenditoriale. È necessario prima porre delle basi solide, fatte di progetti e dati concreti, oltre a uno studio accurato legato alla qualità e alla giusta collocazione».
Per arginare la desertificazione, come detto, Confcommercio propone l’istituzione dei Distretti del Commercio.
«I Duc vedono coinvolti enti pubblici, cittadini, imprese e formazioni sociali nel fare rete, con l’obiettivo di fare del commercio fonte di innovazione e valorizzazione delle risorse dell’area – illustra il direttore generale Adriano Valieri -. Inoltre, puntano ad accrescere e rigenerare l’attrattività del tessuto urbano, sostenendo la competitività delle imprese commerciali».
Appello alla politica
Confcommercio lancia poi un appello alla politica.
«Confidiamo che la nuova Giunta Regionale e il nuovo assessore al Turismo, Sport e Commercio, Giulio Grosjacques, a cui auspichiamo i nostri migliori auguri, prendano a cuore tale delicata tematica – conclude Valieri -. I piccoli borghi e i centri storici privi di esercizi commerciali e attività di ristorazione perdono a nostro avviso gran parte del loro interesse».
(al.bi.)
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