Via libera al nuovo Piano faunistico-venatorio, confermate le 8 circoscrizioni
Nelle sue oltre 400 pagine, il Piano disciplina le modalità di censimento e monitoraggio, i criteri di gestione e zonizzazione, gli indici di densità venatoria e la distribuzione dei cacciatori, anche non residenti; i criteri per il ripopolamento e la reintroduzione della fauna; i programmi di conservazione delle specie autoctone e delle zone umide per la tutela dell’avifauna migratoria; gli impegni finanziari e la cartografia tematica con le potenzialità faunistiche del territorio
Via libera al nuovo Piano faunistico-venatorio. Nella seduta del 21 maggio passa con 22 voti a favore (UV, Fp-Pd, PlA, Sa, RV) e 10 astensioni (Lega VdA, FI, Pcp, Gm).
I contenuti
Nelle sue oltre 400 pagine, il Piano disciplina la tutela della fauna selvatica e le modalità di censimento e monitoraggio; i criteri di gestione e zonizzazione (oasi di protezione, zone di ripopolamento, aziende venatorie, centri di riproduzione); gli indici di densità venatoria e la distribuzione dei cacciatori, anche non residenti; i criteri per il ripopolamento e la reintroduzione della fauna; i programmi di conservazione delle specie autoctone e delle zone umide per la tutela dell’avifauna migratoria; gli impegni finanziari e la cartografia tematica con le potenzialità faunistiche del territorio. Il Piano è corredato da documenti tecnici: relazione generale, linee guida per la gestione dei cervidi e dei galliformi alpini, monitoraggio della lepre variabile, rapporti ambientali e parere Vas.
L’illustrazione
Nell’illustrarne all’Aula i contenuti, l’assessore all’Agricoltura Marco Carrel ha ricordato che «dal 2012 a oggi (data dell’ultimo Piano) la fauna ha avuto cambiamenti radicali, dovuti principalmente al fenomeno del lupo. Le associazioni naturalistiche hanno messo in evidenza, oltre alle questioni legate alla pernice bianca – che è ritornata specie cacciabile dopo approfonditi studi e l’approvazione di una mozione consiliare -, alcune criticità sulle Oasi: riteniamo che non debbano essere fisse, per non trasformarle da aree di rifugio a aree di alimentazione facile per i predatori (in particolare del lupo). In questo Piano si propone una quota del 13% della superficie agro-silvo-pastorale destinata a protezione della fauna selvatica. Anche il mondo venatorio ci ha fatto pervenire le proprie osservazioni: nel Piano sono confermate le 8 circoscrizioni, per garantire il legame tra cacciatore e territorio».
»Non possiamo, però, non vedere la situazione in diverse circoscrizioni dove, vista la scarsità di fauna – ha aggiunto Carrel -, i piani di abbattimento non permettono di raggiungere la quota 1 capo per cacciatore: per questo motivo ho voluto inserire la previsione di una diversa metodologia di assegnazione dei capi cacciabili a livello sovra circoscrizionale a valle della modifica della legge di riferimento. Abbiamo inoltre reso chiara la nostra volontà politica di rafforzare il ruolo delle circoscrizioni per le quali si ipotizza che diventino delle strutture di riferimento per la gestione della procedura di assegnazione dei capi».
«In ultimo, in questo Piano si prevede la possibilità – ha puntualizzato l’assessore -, sostenuta anche da Ispra, di predisporre gli strumenti normativi e operativi per il prelievo selettivo dello stambecco, che potrebbe eventualmente essere avviato con modalità rigorosamente conservative con piani selettivi inferiori al 5%.»
L’Assessore si è quindi soffermato «sulla necessità di trovare un equilibrio tra le esigenze delle aziende agricole che chiedono la riduzione dei cervidi, dei corvidi e dei cinghiali (sui quali vanno fatti anche dei distinguo vista la situazione legata all’aspetto sanitario) e il mondo venatorio. Il lupo ha cambiato la fauna valdostana e non solo, dobbiamo prenderne atto e porre in essere delle politiche che vadano a “compensare” questo elemento, Questo Piano è la base da cui partire, consapevoli che non possiamo in poco tempo moltiplicare la fauna valdostana, ma possiamo lavorare con prospettiva per porre in essere regole chiare per far fronte alla situazione esistente.»
Il dibattito
«Il mondo venatorio è in grande sofferenza – ha commentato il Capogruppo della Lega VdA, Andrea Manfrin -. Una volta per tutte bisogna chiarire qual è il ruolo del cacciatore all’interno dell’ecosistema: non uno sterminatore ma un presidio che vive il territorio e contribuisce alla sua buona gestione, ad esempio, attraverso i censimenti. A oggi non vi sono ancora dei dati reali sul numero di lupi presenti sul territorio e serve invece un numero certo per capire qual è il carico massimo che il nostro territorio può ospitare. La questione è ancora irrisolta e ci fa pensare a una mancanza di volontà del Governo ad affrontare la questione con un approccio globale che porti a un equilibrio duraturo della fauna e della tutela delle attività rurali»
Per il consigliere Christian Ganis (FI) ha parlato di «Piano che non coglie le necessità adeguate al nostro ecosistema, che è privo di lungimiranza e che non tiene conto della situazione attuale. La specie capriolo è in continua diminuzione ma il Piano non la tiene in considerazione. La gestione del lupo è approssimativa perché manca di dati certi. Il documento è gravemente carente nella trattazione degli ungulati selvatici. Nel documento non si parla del carico antropico. La caccia allo stambecco non viene analizzata né approfondita ma vi è solo un rapido accenno. Nulla si sa di certo della specie marmotta. In sintesi il Piano venatorio presenta un quadro lacunoso, inadeguato a governare la complessità faunistica del nostro territorio. Va sicuramente rivisto per restare al passo con i nostri tempi».
Per il capogruppo di Fp-Pd, Paolo Cretier, «è un Piano tecnico che può essere aggiornato ogni 5 anni».
Aldo Di Marco (Pla) ha sottolineato: «Dopo 17 anni di attesa e dopo un lungo iter partecipato vede la luce un nuovo Piano venatorio. Lo sosterremmo con convinzione, certi di poter contare su un aggiornato strumento di pianificazione. Si va a difendere la biodiversità de ci si prefeiggi sempre di più di sostenere i caciatori che sono un presidio sul territorio, prevede il contenimento dei danni zootecnici e forestali dando risarcimenti. Cita il cervo tra le specie da tenere sotto cntrollo per fermarne la decrescita. Il lupo, che è ancora specie protetta, va monitorato».
Altri interventi
Il Consigliere Dino Planaz (RV) ha sottolineato «l’importanza di questo Piano realizzato, non solo per la tutela degli animali, ma anche per la salvaguardia ambientale e delle attività agricole, incidendo sugli aspetti economici, sociali e organizzativi del nostro territorio. L’approvazione di questo documento dà il giusto riconoscimento a questi obiettivi che sono centrali per la vita della nostra regione. Un monitoraggio efficace può garantire decisioni ponderate e tempestive in linea con le necessità del nostro ecosistema e dell’economia rurale. Il documento si occupa anche delle specie non selvatiche come la Pezzata nera valdostana o la pecora Rosset che sono in via di estinzione anche a causa della presenza del lupo che obbliga a ripensare i sistemi di allevamento in quota»
Per la capogruppo di Pcp, Erika Guichardaz, «questo Piano è utile perché fornisce, almeno in parte, una fotografia delle specie faunistiche presenti nella nostra regione. In sede di Vas abbiamo rilevato alcune incongruenze e presentato osservazioni, che sono state in parte recepite e comunque valutate. Abbiamo apprezzato il fatto che vi sia stato un percorso condiviso e partecipato, che verrà applicato anche nella fase successiva di attuazione. Dobbiamo però esprimere la nostra totale contrarietà all’ipotesi di avviare il prelievo selettivo dello stambecco, una specie fragile per i cambiamenti ambientali e simbolo della nostra regione. Come permane la nostra contrarietà anche alla caccia alla pernice bianca e alla lepre variabile, visto il loro rischio di estinzione. Accogliamo invece positivamente la previsione che il mondo venatorio abbandoni l’uso del piombo a favore di munizioni atossiche, l’apertura verso nuove formule di gestione dei centri di controllo e la creazione di una filiera della carne. Restano invece poco incisivi, secondo noi, gli interventi sulla caccia al cinghiale e sul tema del potenziamento dei risarcimenti per i danni subìti dagli allevatori».
(re.ga.)