Fidanza (Fdi) contro Corte Giustizia Ue per sentenza che tutela i minori
Roma, 7 giu. (askanews) – Il capo delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, ha reagito in modo molto critico, il 3 giugno scorso, a una sentenza della Corte europea di Giustizia sul caso di una immigrata fermata con figlia e nipote, entrambe minori, nel 2019, ai controlli di frontiera dell’Aeroporto di Bologna mentre cercava di entrare in Italia con falsi passaporti.
La donna aveva dichiarato di essere fuggita dal suo paese di origine perché lei e la sua famiglia erano minacciate di morte dal suo ex compagno. Temendo per l’integrità fisica della figlia e della nipote, di cui era effettivamente affidataria a seguito del decesso della madre della bambina, le aveva portate con sé. Poco tempo dopo il suo arresto a Bologna, aveva presentato una domanda di protezione internazionale.
La sentenza della Corte europea di giustizia ha chiarito, in risposta a un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Bologna, che un cittadino di un paese terzo che entri illegalmente nell’Unione europea non può essere accusato e sanzionato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per il solo fatto di essere accompagnato da uno o più figli minorenni o comunque da minori di cui è affidatario. Secondo la Corte Ue, prevale per il genitore o affidatario il dovere di esercitare la responsabilità che gli incombe nei confronti del minore, e non gli si può contestare, come invece hanno fatto le autorità italiane nel caso di Bologna, il reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale, previsto e sanzionato dal diritto dell’Unione (Direttiva 2002/90/CE). Un’interpretazione in senso contrario, afferma la Corte, comporterebbe un’ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e nei diritti fondamentali del minore, sanciti agli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al punto da pregiudicare il contenuto essenziale di questi diritti fondamentali. Inoltre, la Corte Ue ricorda che la persona interessata, avendo presentato una domanda di protezione internazionale, non può, in linea di principio, essere considerata in situazione di soggiorno irregolare fintantoché non sia stata adottata una decisione sulla sua domanda in primo grado, né può incorrere in sanzioni penali a causa del suo proprio ingresso illegale o per essere stata accompagnata, al momento di tale ingresso, dalla figlia e dalla nipote di cui è effettivamente affidataria. La Corte precisa, infine, che gli Stati membri non possono estendere la portata dell’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale, come definito dal diritto dell’Unione, includendovi comportamenti non previsti da quella definizione, in violazione della Carta dei diritti fondamentali.
“Ci risiamo: la Corte di Giustizia dell’Ue, con una sentenza surreale, ha stabilito che basta un figlio minorenne per entrare illegalmente in Europa. Lo ha fatto dando seguito al ricorso di un tribunale italiano sul caso di una donna congolese arrivata in Italia nel 2019 con passaporti falsi”, ha commentato Fidanza il 3 giugno sui social media. E ha aggiunto: “Non è favoreggiamento all’immigrazione illegale, dicono i giudici europei. Siamo di fronte all’ennesimo colpo di mano ideologico che rischia di aprire ancora di più la strada all’immigrazione incontrollata”.
In realtà, al di fuori delle interpretazioni ideologiche, la Corte Ue non ha mai affermato che “basta un figlio minorenne per entrare illegalmente in Europa”. In altre parole, le autorità competenti potrebbero benissimo concludere che la persona in questione non ha diritto alla protezione internazionale, e deve essere rimpatriata, anche se è accompagnata da minori. Quello che non possono fare è incriminare quella persona per favoreggiamento dell’ingresso illegale dei minori di cui è affidataria. Esordendo con quel “ci risiamo”, poi Fidanza sembra alludere ad altre sentenze della Corte di Giustizia, ma non si capisce quali. In effetti, il governo Meloni, espressione di Fdi, con l’appoggio dei governi di diversi altri Stati membri, ha una polemica aperta nei confronti della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che applica le Convenzioni del Consiglio d’Europa, ma non della Corte europea di Giustizia di Lussemburgo che applica la legislazione dell’Ue. La Corte dei diritti dell’uomo è stata accusata di ostacolare la linea dura dei governi europei sull’immigrazione, con una lettera scritta il mese scorso per iniziativa dei governi italiano e danese e firmata anche da Austria, Belgio, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Ceca. Una mossa che il segretario generale del Consiglio d’Europa, Alain Berset, ha condannato con chiarezza: “In una società governata dallo stato di diritto – ha ricordato Berset -, nessun organo giudiziario dovrebbe subire pressioni politiche. Le istituzioni che proteggono i diritti fondamentali non possono piegarsi ai cicli politici”.
Intanto in Italia si vota per i referendum, uno dei quali prevede la riduzione da 10 a 5 anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza italiana. “Sono contrarissima al dimezzamento dei tempi”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, alla guida di una coalizione che sta facendo campagna per l’astensione (in Italia se non viene raggiunto il quorum del 50% il voto non è valido). Per il centrodestra, il referendum promosso da Riccardo Magi (+Europa) punta alla “cittadinanza facile”. In realtà riguarda moltissimi stranieri, spesso minorenni, già regolarmente presenti in Italia, che per essere cittadini devono aspettare almeno 10 anni, e in realtà di più a causa delle lungaggini burocratiche. Se ci sarà il quorum e passerà il “sì” al referendum, sarà modificato l’articolo 9 della legge 91 del 1992, e basteranno allora cinque anni di soggiorno legale ininterrotto in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza. Il quesito non cambia gli altri requisiti per diventare cittadini della Repubblica, come conoscere l’italiano, avere un reddito stabile e non avere commesso reati.
Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese