Ex-Ilva, il governo italiano (Urso) all’attacco della Commissione Ue
Roma, 14 giu. (askanews) – Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha definito ‘improvvide’, nel pomeriggio di giovedì 12 giugno, le dichiarazioni dell’Ufficio del Portavoce della Commissione europea sui più recenti sviluppi della vicenda delle violazioni delle normative Ue da parte dell’acciaieria ex Ilva di Taranto (ora gestita da Acciaierie d’Italia), in particolare riguardo alla mancata consultazione del pubblico e della società civile nel processo in corso per il riesame dell’Autorizzazione ambientale integrata (Aia) all’impianto.
‘Per quanto riguarda le improvvide affermazioni, che ho letto sulle agenzie, dell’Ufficio del portavoce della Commissione europea, a noi sono sembrate più un intervento su commissione che una posizione della Commissione’ ha detto il ministro, lasciando intendere che potrebbe esserci una manovra contro l’Italia, a cui l’Esecutivo comunitario si presterebbe, per fare gli interessi di non si capisce bene chi, invece di perseguire l’interesse pubblico europeo.
D’altra parte, sempre giovedì 12 giugno, in mattinata, Urso aveva rilasciato altre dichiarazioni alla stampa sull’ex Ilva, in cui aveva sottolineato che ‘le interferenze su questo dossier non nascono da oggi: vi è la precisa volontà, da tempo, di impedire la produzione siderurgica’ in Italia. E aveva aggiunto: ‘Appare chiaro a tutti che nell’attuale contesto, in cui l’Europa deve affrontare le tematiche della sicurezza e della difesa, occorre essere tutti responsabili e consapevoli ed evitare interferenze, magari su commissione, di chi auspica la chiusura dello stabilimento di Taranto’.
A chi chiedeva di replicare a queste critiche, venerdì 13 giugno la portavoce capo della Commissione, Paula Pinho, si è limitata a rispondere: ‘Non commenterò i commenti del ministro’ italiano.
Le affermazioni giudicate ‘improvvide’ da Urso sono in particolare quelle che la Commissione europea aveva dato a una nostra domanda, durante il briefing quotidiano per la stampa dell’11 giugno, a Bruxelles. ‘La Direttiva sulle emissioni industriali – aveva sottolineato dal podio il portavoce per l’Ambiente della Commissione, Maciej Berestecki – garantisce al pubblico il diritto di partecipare al processo decisionale e di essere informato sulle sue conseguenze. Le autorità competenti degli Stati membri devono inoltre rendere disponibili le informazioni anche online’.
‘Inoltre – aveva aggiunto il portavoce -, ricordiamo che la Commissione ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia in merito alla conformità dell’acciaieria ex Ilva alla Direttiva sulle emissioni industriali. Nell’ambito di questa procedura pendente, il 7 maggio 2025 è stata inviata all’Italia un’ulteriore lettera di costituzione in mora, e stiamo seguendo da vicino il caso’.
Rispondendo per iscritto alle domande di Askanews, sempre l’11 giugno, l’Ufficio del portavoce ha poi precisato che la nuova messa in mora del 7 maggio 2025 riguarda ‘il mancato recepimento della Direttiva sulle emissioni industriali e il mancato rispetto di alcune disposizioni di questa direttiva per quanto riguarda l’acciaieria di Taranto. A seguito di questa ulteriore lettera, le autorità italiane hanno ora due mesi di tempo per rispondere alla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente – ha avvertito il portavoce -, la Commissione potrà decidere di emettere un parere motivato’.
‘Le autorità italiane – ha sottolineato il portavoce nella sua risposta per iscritto – devono intervenire. L’Italia deve conformare la propria legislazione alla Direttiva sulle emissioni industriali. Deve inoltre porre rimedio alle carenze dell’autorizzazione rilasciata ad Acciaierie d’Italia’ per l’impianto di Taranto. ‘E deve garantire con urgenza che l’acciaieria sia gestita in conformità alle disposizioni di questa direttiva’.
‘Negli ultimi anni – ha ricordato ancora il portavoce -, la Commissione ha seguito da vicino l’attuazione del piano ambientale da parte delle autorità italiane. Tale piano doveva essere attuato entro agosto 2023 per ristabilire la conformità (alla direttiva ndr). La Commissione ha intrattenuto un intenso dialogo con le autorità italiane per garantire che i problemi rimanenti fossero risolti. Tuttavia, ad oggi il piano ambientale non è stato pienamente attuato’.
Intanto, le organizzazioni ambientaliste Legambiente e Peacelink di Taranto, che avevano già denunciato con un comunicato il 6 giugno scorso l’assenza di trasparenza e la mancata consultazione della società civile nel processo in corso, hanno presentato il 12 giugno un ricorso formale alla Commissione europea per ‘violazione della parità di trattamento nel procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) relativo allo stabilimento ex Ilva di Taranto’ da parte delle autorità responsabili.
Secondo le accuse, il Ministero dell’Ambiente non ha consultato affatto, finora, il pubblico e la società civile (rappresentata in questo caso proprio dalle Ong ambientaliste) sulle condizioni dell’autorizzazione ambientale, mentre Acciaierie d’Italia, l’azienda che gestisce l’impianto di Taranto, è stata invece pienamente coinvolta, ottenendo un accesso privilegiato ed esclusivo alle informazioni e potendo esercitare quindi un notevole potere negoziale in tutto il processo.
Legambiente e Peacelink denunciano in particolare il fatto che Acciaierie d’Italia abbia potuto ottenere una serie di modifiche alle 477 prescrizioni tecniche per il rilascio della nuova Autorizzazione, che erano state presentate in un ‘Parere Istruttorio Conclusivo’ il 2 aprile. Questo Parere non è mai stato formalizzato e messo a disposizione del pubblico. Secondo le associazioni ambientaliste, un nuovo ‘Parere Istruttorio Conclusivo’ è stato poi presentato il 4 giugno, riscrivendo quello precedente a seguito delle modifiche richieste dall’industria, e sempre senza alcuna consultazione con il pubblico e la società civile.
Il ricorso presentato dalle due Ong ambientaliste denuncia la violazione di tre normative europee: 1) l’Articolo 24 della Direttiva sulle emissioni industriali (2010/75/Ue), che impone agli Stati membri di garantire una partecipazione effettiva del pubblico interessato, in modo equo e trasparente, anche nella fase successiva alla consultazione preliminare; 2) la Convenzione di Aarhus, in particolare gli articoli 6 e 9, che riconoscono il diritto di accesso all’informazione ambientale e alla partecipazione alle decisioni che la riguardano; 3) il principio di non discriminazione procedurale, implicito nelle normative europee e nei diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Ue (art. 41 sul diritto ad una buona amministrazione).
Sempre secondo il ricorso delle due Ong, ‘la disparità di trattamento tra gestore e pubblico interessato ha inciso sull’effettiva trasparenza del processo autorizzativo, favorendo l’interesse industriale a scapito della tutela ambientale e sanitaria. Ciò appare ancora più grave considerata la portata delle emissioni dell’impianto in questione, situato in una zona ad alto rischio ambientale e sanitario su cui sono in corso indagini della magistratura’.
Alla Commissione europea si chiede di intraprendere tre azioni: 1) ‘Aprire una procedura d’indagine (EU Pilot) nei confronti delle autorità italiane competenti, per verificare la conformità del procedimento Aia con la normativa europea’; 2) ‘valutare l’eventuale apertura di una procedura d’infrazione per violazione della Direttiva 2010/75/Ue e della Convenzione di Aarhus’; 3) ‘invitare le autorità italiane ad adeguare le proprie prassi garantendo parità di accesso ai documenti, diritto di replica e una effettiva partecipazione di tutti i soggetti interessati, come previsto dal diritto Ue’.
Della vicenda dell’accesso negato alle informazioni e della mancata consultazione pubblica nel processo di revisione dell’autorizzazione ambientale riguardo all’ex Ilva di Taranto si erano interessati anche, con una interrogazione scritta alla Commissione del 12 maggio, gli europarlamentari verdi italiani Cristina Guarda, Benedetta Scuderi, Leoluca Orlando e Ignazio Marino. La Commissione non ha ancora risposto.
Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese