Aosta: Consiglio a sostegno del riconoscimento della Palestina e contro il genocidio, ma senza unanimità
ATTUALITA', comuni, POLITICA & ECONOMIA
di Alessandro Bianchet  
il 25/06/2025

Aosta: Consiglio a sostegno del riconoscimento della Palestina e contro il genocidio, ma senza unanimità

Dibattito fiume, in aula, per l'ordine del giorno presentato da Pcp. Astenute le minoranze, che si sono viste rispedire al mittente gli emendamenti proposti

Riconoscere lo Stato di Palestina, sospendere il partenariato Ue/Israele, rispettare le sentenze per la violazione della convenzione contro il genocidio e fermare la colonizzazione del territorio palestinese.

Si schiera ancora una volta, pur con i soli voti della maggioranza (astenuta la minoranza) nonostante una lunga trattativa per giungere a un accordo, il Comune di Aosta, che approva un altro oltre del giorno sul conflitto israelo palestinese.

L’ordine del giorno

Dopo la condanna dell’attentato di Hamas dell’ottobre 2023 e la richiesta di cessate il fuoco e costruzione di un processo di pace dell’ottobre 2024, l’assemblea rossonera, pur in clima quasi surreale alla luce dei pressanti rumors elettorali, ha deciso di alzare ancora la voce in favore di una soluzione del conflitto.

«Benché il genocidio sia stato messo in secondo piano dal nuovo fronte di guerra e dalle preoccupazioni che questo potrebbe portare, non c’è un minore impegno di Israele e a Gaza si continua a morire – introduce l’assessore all’Ambiente, Loris Sartore -. Le vittime sono state oltre 50 mila e noi vogliamo richiamare nuovamente l’attenzione delle istituzioni; c’è bisogno di mettere pressione per far tacere le armi».

Sartore crede che «non siano parole al vento» e che «iniziative non isolate contribuiscano a far crescere una voce di protesta».

Invitando, sulla scia di Gramsci, a non «girare la testa dall’altra parte», ma ad essere «partigiani» e far sentire «la nostra indignazione», Sartore chiede «prese di posizione nette».

Queste sono tradotte, nell’ordine del giorno, appunto, nella richiesta al Parlamento e al governo italiani di riconoscere lo Stato di Palestina nei confini precedenti all’occupazione del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa, di lavorare per la sospensione dell’accordo partenariato Ue/Israele, l’applicazione delle sentenze per la violazione della Convenzione contro il genocidio e rispetto ai responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità, di agire in sede Onu per un immediato riconoscimento della Palestina e impiegare tutti gli strumenti per «fermare la colonizzazione e l’annessione dei territorio palestinesi occupati.

Palestina: il dibattito

Nel dibattito si infervora la consigliera di Pcp, Cecilia Lazzarotto che, condivisa la necessità di «non essere indifferenti», spara alzo zero sulle dichiarazioni di Giorgia Meloni e Donald Trump legate a una pace da costruire attraverso la guerra.

«Nessuno dovrebbe stare in silenzio di fronte a questo orrore – esclama Lazzarotto -, nemmeno il piccolo comune di Aosta; dovremmo tutti denunciare ciò che il governo nazionale non riesce a fare perché ha amici che portano avanti queste guerre».

Dopo altre frecciate indirizzate alla «deriva culturale» messa in atto dal governo italiano, Lazzarotto, con tanto di kefiah, elogia chi questo simbolo l’ha portato «in occasione della maturità», ringrazia di non essere stata cresciuta «nell’odio e nella paura» e preannuncia che, «se necessario scenderemo ancora in piazza per denunciare il genocidio».

Gabriella Massa, vice capogruppo di Pcp, evidenzia come «viviamo in tempi molto bui, con un sistema di valori saltato e questo fa molta paura – esordisce -. Singole voci non possono fare tanto, ma le tante voci possono almeno dire che molte persone comuni sono contrarie: chiedere due Stati è l’unica cosa da fare per evitare che uno dei due popoli sia spazzato via».

Bruno Giordano (Lega e Autonomia&Libertà) ricorda come «sono da sempre per i due popoli in due stati, in quanto figlio di Craxi», ma stigmatizza i toni accesi che «rendono difficile per chi appartiene a una cultura politica diversa dire sono completamente d’accordo».

Dopo una stilettata all’Ue, «che continua a occuparsi di fesserie, ma a oggi non conta nulla sul piano politico», Giordano incassa il niet (con tanto di quasi un’ora di sospensione) alle proposte di emendamento e affonda.

«Capiamo bene le divisioni interne alla maggioranza, ma eravamo disposti a passare sopra alle procedure – conclude -. Ma come fa la Corte di giustizia a chiedere l’arresto di un leader democraticamente eletto e non di un gruppo terroristico che fa disastri da 15 anni? Spiace, perché pur condividendo il titolo, non vediamo il necessario equilibrio».

Palestina: niente emendamenti, minoranza si astiene

«Abbiamo cercato una possibile convergenza, ma qui di stato ne compare solo uno – aggiunge il capogruppo della Lega Sergio Togni -. Ci sono parti che non andavano indicate se si punta a cercare di portare la pace e mediare con chi sta premendo il grilletto. Il problema è molto sentito, ma noi abbiamo un’altra sensibilità».

Diego Foti (Pcp), ricorda come il riferimento al ripristino dei confini di Gaza fosse sparito dall’ordine del giorno di ottobre, ma si rallegra nel rivederlo.

«La situazione è drammatica, stiamo assistendo, quantomeno, a un crimine di guerra – analizza -. Dobbiamo ribellarci al silenzio; mi fa piacere che siamo diventati più radicali».

L’assessora alle Politiche sociali, Clotilde Forcellati, impone una riflessione.

«Non penso a Netanyahu, Hamas o al genocidio che sta avvenendo, ma mi chiedo cosa penseranno e come agiranno bambini e bambine che oggi si vedono distrutte famiglie e case – dice riferendosi a una possibile recrudescenza del terrorismo -. Di tutto questo siamo responsabili direttamente tutti noi che governiamo nel grande e nel piccolo».

Paolo Laurencet, capogruppo di Forza Italia, motiva l’astensione ricordando come «il Ministro degli Esteri Tajani da sempre propone la soluzione di due popoli in due stati – esordisce -, ma la parola fulcro deve essere equilibrio. Qui, spesso, si è scivolati in una contrapposizione con l’attuale governo nazionale, che mi pare sia sempre andato alla ricerca di una ricomposizione del conflitto. Affrontare tema così delicato, rischiando poi di scivolare in partigianeria, credo che sia delicato».

Cristina Dattola, Renaissance, rincara la dose, ricordando l’atmosfera respirata nel progetto Voci di pace.

«Noi condanniamo la strage del 7 ottobre e siamo inorriditi dal ritorno dell’antisemitismo – evidenzia -. Speriamo in un mondo che sappia distinguere tra l’orientamento di un governo e il valore della vita della popolazione».

Franco Proment, capogruppo dell’Uv, è sintetico.

«La debole voce che si alza da qui non cambia le sorti del mondo, ma far sapere che c’è bisogno di pace e rispetto per una popolazione che sta soffrendo è quantomai necessario».

Chiude, senza risparmiare attacchi vari, il presidente del consiglio e segretario del Pd, Luca Tonino.

«Perdiamo l’occasione di far sentire la voce unica del Consiglio comunale perché ci perdiamo nei dettagli – esclama -. La condanna di Hamas, da parte nostra, è totale, così come quella del governo israeliano e non può essere concepita come antisemita. Tanti di noi, io per primo, hanno parenti che sono stati in quelle “amene” località dei campi di concentramento e mi sembra una cosa grave approfittare. Si fanno letture semplicistiche, diverse da quelle delle organizzazioni umanitarie e di tanti giornalisti. Rimango convinto che il voto all’unanimità avrebbe avuto un peso diverso».

(alessandro bianchet)

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