Aosta: dopo 55 anni ha chiuso lo storico Bar de la Vallée di via Gramsci
Il locale di via Gramsci fu aperto nel 1970 da Domenico Pascarella e dalla moglie Assunta, genitori del titolare Massimo che ha lavorato con impegno e passione per un bar che fosse popolare, aperto a tutti, «dal netturbino a politici e ministri»
Aosta: dopo 55 anni ha chiuso lo storico Bar de la Vallée di via Gramsci.
Stessa storia, stesso posto, stesso bar.
È una frase celeberrima degli 883, ma è un po’ un mantra per migliaia di persone, che nel caldo del locale di fiducia trovano sempre riparo, sia nei momenti di gioia che di sconforto.
È qui che si creano intrecci, storie e, in questo particolare caso, si decidono anche i destini politici di un’intera regione, vista la vicinanza ai palazzi del potere.
Giù la serranda dopo 55 anni di onorata carriera
Ma da sabato 28 giugno tutto questo non c’è più per i tantissimi affezionati del Bar de la Vallée, lo storico bar di via Gramsci, che dopo 55 anni di onorata (onoratissima verrebbe da dire) carriera e decine di migliaia di mitici toast alla valdostana ha deciso di chiudere i battenti.
Costi troppo elevati, orari di lavori insostenibili, un futuro che appare sempre meno roseo: sono tantissimi gli ingredienti che hanno spinto Massimo Pascarella (55 anni pure lui, guarda caso), ad alzare bandiera bianca e a tirare giù per sempre la serranda di quelle mitiche quattro mura che, non è retorica dirlo, l’hanno visto nascere.
La storia del Bar de la Vallée
Domenico Pascarella aprì il bar nel 1970 con la moglie Assunta
Già, perché effettivamente Massimo ci è nato nel Bar de la Vallée e alla sua famiglia è indissolubilmente legata la storia del locale, aperto da papà Domenico e mamma Assunta proprio nel 1970.
Domenico Pascarella era giunto in Valle dalla provincia di Benevento giovanissimo.
Prima chef al ristorante Couronne di piazza Chanoux, poi con la moglie Assunta la decisione di aprire il ristorante Suisse in corso Padre Lorenzo.
Qualche anno, poi ecco il bar Ideal nel cuore di via de Tillier.
Nel 1970, infine, la scelta che condizionerà tutta la vita, l’apertura del Bar de la Vallée «dove è iniziata tutta questa bellissima epopea – racconta con affetto Massimo -. Se queste mura potessero parlare, uscirebbero cose inconcepibili».
Per oltre 20 anni, Domenico e Assunta hanno gestito il locale, con Massimo prima “cullato” nei cassetti del bar, poi fin da subito inserito nei gangli vitali dell’attività.
E, come è naturale che sia, con la pensione dei genitori, ecco arrivare il testimone proprio in mano al giovane di belle speranze, prima aiutato dal fratello Fabrizio (poi finito in Forestale) e infine dalla moglie Katiuscia.
Era la metà degli anni ’90: tanta strada era stata fatta, ma ancora tantissima era quella da percorrere.
Il racconto di Massimo Pascarella
Massimo Pascarella con la figlia Andrea
«Io sono davvero cresciuto in questo posto, mi cullavano nei cassetti – ironizza commosso Massimo Pascarella -.
Ho vissuto generazioni di clienti, abbiamo fatto tanta strada insieme. Abbiamo sempre voluto avere un bar popolare, dove potevi trovare persone di qualunque estrazioni sociale, sempre tutte molto tranquille e gentili.
Qui stavano gomito a gomito netturbini, architetti, ma anche politici, presidenti della Giunta e sono passati anche dei ministri.
Non avete idea di quante decisioni importanti per il destino della Regione siano stati prese a questi tavoli».
Tavoli messi a dura prova dalla vita quotidiana, ma soprattutto dai mega tornei di belote che si sono susseguiti negli anni e dalle innumerevoli feste.
Ultima, quella di sabato. Non organizzata, ma tramutatisi in un caloroso, ricco e commovente omaggio a quella che per tutti è stata una seconda casa.
Tutto liscio … poi il Covid e post Covid
Uno scorcio dello storico bar de la Vallée qualche giorno prima della chiusura definitiva
«È filato tutto liscio, con i soliti pro e contro, fino al periodo del Covid – ricostruisce Massimo -.
Poi, sono iniziati i guai: affitti da pagare lo stesso, bollette in aumento, utenze, costi di gestione folli, modifica delle abitudini e così, come tanti altri bar, abbiamo iniziato a fare fatica.
Poi, qui i turisti arrivano di rado e diventa complicato conciliare l’idea di fare cassa e dare un servizio quasi “casalingo” ai propri affezionati clienti».
Piano piano, insomma, è maturata l’idea di alzare bandiera bianca, ma prima c’è ancora spazio per i ricordi.
Spazio ai ricordi: dagli Alpini alle vittorie ai Mondiali di calcio
«Splendida è stata l’Adunata degli alpini – ricorda il proprietario, dietro al bancone con la figlia Andrea (le altre due sono Elisa ed Emily ndr.) -.
Sono stati sette giorni bellissimi, una festa unica.
Oppure ricordo benissimo le vittorie dei Mondiali.
C’è sempre stata la possibilità di vedere queste partite in casa, ma volete mettere condividere gioie e dolori con gli amici nell’amato bar di fiducia? Bellissimo, mi porterò tutto dentro».
Poi, la manlinconia prende il sopravvento.
«Lascio davvero a malincuore, ho passato tanti bei momenti, anche duri certamente, ma davvero non è più possibile andare avanti così – conclude -. Dispiace, chiuderà l’ennesimo posto storico e questo lascerà un segno nella comunità e in tutte quelle persone che rimarranno senza un punto di riferimento importante. Credo che tanti si sentiranno spaesati».
Perché alla fine, si sa, quando il proprio posto del cuore ci lascia, una parte di noi se ne va con lui.
«Voglio ringraziare tutti quelli che hanno condiviso con noi questo bellissimo percorso – aggiunge Massimo -. È stato bellissimo, ci rimarranno tutti nel cuore, anche coloro che non ci sono più.
Il futuro? Vedremo che porte si apriranno. Credo che tutto abbia un inizio e una fine. E così questa storia, anche se si conclude con l’amaro nel cuore».
(alessandro bianchet)