Trent’anni dopo, a Srebrenica mancano all’appello ancora mille morti
AskaNews
di Administrator admin  
il 05/07/2025

Trent’anni dopo, a Srebrenica mancano all’appello ancora mille morti

Srebrenica, 5 lug. (askanews) – Sadik Selimovic, sopravvissuto del massacro di Srebrenica, racconta il suo impegno all’Istituto bosniaco per i dispersi.

Era il luglio del 1995, trent’anni sono passati dalla strage nella città martire della Bosnia, al culmine della guerra nella ex Jugoslavia. Più di ottomila musulmani, tutti civili, tutti maschi, tutti sfollati, furono massacrati in pochi giorni dai serbo bosniaci di Radovan Karazdic; donne e bambini separati e allontanati, adolescenti e uomini adulti spariti nel nulla nonostante Srebrenica fosse stata decretata zona sicura sotto la protezione dei caschi blu dell’Onu, forze dell’Olanda che non intervennero.

Ci volle un po’ perché la comunità internazionale potesse credere che davvero erano stati uccisi, a sangue freddo. Da trent’anni la terra restituisce i cadaveri delle fosse comuni, a Srebrenica c’è un memoriale con le tombe, i monumenti in marmo, le pietre tombali coi nomi e i villaggi da cui provenivano, ma un migliaio di persone mancano ancora all’appello.

Selimovic si muove fra i siti di due fosse comuni, Glogova 1 e Glogova 2.

“Negli ultimi tre anni abbiamo analizzato 62 località cercando di trovare nuove fosse comuni ma non abbiamo trovato neanche un corpo. I serbi della zona sanno tutto ma non parlano. Come possono vivere sapendo quello che sanno, e che c’è gente che cerca i propri cari? Ma dobbiamo dire che alcuni hanno parlato”.

Quello che preoccupa Selimovic è il fiume Drina: è possibile, dice, che sia la fossa più grande di tutte, e non troveremo mai quelli buttati lì dentro.

Ricostruire le identità dei corpi di Srebrenica ha richiesto anni di lavoro dei medici legali. Dragona Vucetic è una ricercatrice antropologa:

“Fino ad oggi” dice “abbiamo identificato oltre 6.800 persone. Sappiamo che ci sono cinque siti di esecuzioni di massa fra Srebrenica, Zvornik e Bratunac. I corpi sono stati sepolti nelle vicinanze ma pochi mesi dopo le fosse sono state riaperte e i cadaveri già decomposti sono stati trasferiti anche a 100 chilometri di distanza”.

Le forze serbo bosniache vedendo avvicinarsi la fine della guerra volevano cancellare le prove. Usarono macchine da scavo, bulldozer e camion. Durante i lavori di esumazione, solo il 10% dei corpi dei massacrati è stato ritrovato intero.

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