Proposta di legge sul suicidio assistito: la Valle d’Aosta delega lo Stato
L'illustrazione della proposta di legge sul suicidio medicalmente assistito il 27 febbraio 2024
Politica
di Danila Chenal  
il 24/07/2025

Proposta di legge sul suicidio assistito: la Valle d’Aosta delega lo Stato

La maggioranza (23 voti a favore) con un ordine del giorno invia a Roma un appello ai capogruppo del Senato e della Camera per approvare una legge sul fine vita

Proposta di legge sul suicidio assistito: la Valle d’Aosta delega lo Stato.

Quasi tutti d’accordo sulla doverosa ‘battaglia di civiltà’ ma con sensibilità differenti. Alla fine in 27 optano per l’astensione evocando una possibile impugnativa come avvenuto per la normativa approvata dalla Toscana sul suicidio medicalmente assistito.

I favorevoli

A schierarsi a favore della legge, oltre alle due promotrici Erika Guichardaz e Chiara Minelli, sono stati Aldo Di Marco di Pour l’Autonomie, Andrea Padovani, Antonino Malacrinò, Jean-Pierre Guichardaz, Alberto Bertin di Fp-Pd.

Astensioni

Astenuti i gruppi Lega VdA, Forza Italia Vda, UV, RV, Stella Alpina e Paolo Cretier del Pd.

L’ordine del giorno

La maggioranza (23 voti a favore) con un ordine del giorno invia a Roma un appello ai capogruppo del Senato e della Camera per approvare una legge sul fine vita.

Ha motivato il capogruppo dell’Union Valdôtaine Aurelio Marguerettaz: «Vogliamo coinvolgere il Parlamento affinché faccia presto a dare una risposta chiara sul fine vita. Tra le righe si capisce che facciamo l’endorsement con le parole della giornalista Laura Santi. La legge in discussione a Roma quasi impedisce una certa soluzione. Non possiamo avere il nomadismo del fine vita assistito. L’Odg non ha una logica pilatesca ma un invito al governo nazionale a legiferare».

Il dibattito

«Il tema del fine vita è estremamente delicato e come tale va trattato – esordisce Chiara Minelli -. Non si tratta di affrontare la tematica dal punto di vista dell’appartenenza o della formazione politica, qui entrano in gioco altri apsetti legati alla sfera personale. Stiamo parlando di una questione che riguarda i singoli individui». La consigliera, poi, aggiunge: «Depositando questa proposta di legge non abbiamo voluto assumerci la maternità o piantare una bandierina, ma abbiamo ritenuto opportuno prendere atto che in assenza di una presa in carico a livello nazionale e in presenza di una solleictazione della consulta, le regioni non possono ignorare il tema del fine vita. C’è una diffusa e crescente richiesta della cittadinanza, vale a dire colmare un vuoto che pesa e che lo stato non ha saputo o voluto colmare. Ritengo che non si possa restare immobili in attesa di un’assunzione di responsabilità del parlamento, che non arriva».

Distort contrario

Il leghista Luca Distort ha annunciato il voto contrario – in realtà si è astenuto – al provvedimento. «Voglio esprimere una posizione in punta di piedi, ma che esprime una ragione – afferma -. Si tratta quindi di fare ricorso alla ragione, al diritto naturale. Non si tratta di analizzare la proposta di legge sul caso specifico. Con questa norma, se io paziente voglio essere ucciso, tu medico sei obbligato a farlo. Non abbiamo paura a usare queste parole». E ancora. «I medici sono più propensi a lottare, ora temono di agire – rimarca Distort -. La sofferenza spaventa più della morte, tutti abbiamo paura di morire, ma di più di soffrire. In una civiltà normale si deve stare vicino al sofferente, alleviare le sue pene. Un compito difficilissimo, che richiede sensibilità, preparazione. Oggi si rischia di mettere una pistola sul letto del malato e si rischia di obbligare il medico a utilizzarla».

Di Marco, sempre l’autodeterminazione

Per Aldo Di Marco (Pour l’Autonomie), «il suicidio medicalmente assistito è prima di tutto una questione di civiltà. Non si può negare a ogni individuo l’autodeterminazione, in un ambito così delicato. La nostra costituzione protegge il diritto all’autodeterminazione. Su questo tema è necessario chiarire le tempistiche e gli aspetti procedurali a livello regionale, per dare al malato le risposte che aspetta, senza gravarlo di altre complicazioni. Capisco chi vuole difendere la vita fino all’ultimo respiro, ma a queste ragioni oppongo quelle della libertà di autodeterminazione e di empatia».

Padovani, libertà di scelta

Voto favorevole espresso anche dal consigliere Andrea Padovani (Fp-Pd). «Il tema non è il diritto in astratto di morire, ma di non essere costretti a vivere in condizioni intollerabili – specifica -. Due sentenze hanno tracciato i confini entro cui si può accompagnare, in circostanze ben precise, una persona alla fine della vita. Bisogna tradurre quel diritto in un diritto effettivo, con procedure e tempi chiari. Un diritto ritardato è un diritto negato». Padovani entra poi nel dettaglio. «Nessuno può arrogarsi il potere di stabilire la soglia di dolore che un essere umano può tollerare – evidenzia -. Non si impone a nessuno di scegliere la morte, non si priva nessuno delle cure palliative, si amplia la libertà di autodeterminazione. Qualcuno paventa derive eutanasiche, ma i requisiti sono strettissimi. L’esperienza internazionale dimostra che non c’è corsa collettiva verso la morte».

Aggravi, non laviamoci le mani

Lascia libertà di voto ai colleghi il capogruppo di Rassemblement Valdôtain Stefano Aggravi che spiega: «Avremmo potuto tacere per comodità politica ma abbiamo voluto fare un ragionamento diverso. Io credo nell’equilibrio delle cose e qui ci vuole un equilibrio tra la volontà umana e la necessità giuridica. La vita è valore irrinunciabile ma altrettanto importante sono la dignità della persona e la libertà di scelta. C’è un problema giuridico da risolvere. Lo Stato deve regolamentare ma a oggi non ha ancora fatto nulla. Non laviamoci le mani e facciamo qualcosa. Non tutto si risolve delegando ad altri. Abbiamo il dovere di affrontare i problemi». Per Aggravi è la sentenza 135 della Corte costituzionale il caposaldo dal quale partire. «Non è costituzionalmente illegittimo subordinare la non punibilità dell’aiuto al suicidio al requisito che il paziente necessiti, secondo la valutazione medica, di un trattamento di sostegno vitale» recita.

Malacrinò, Santi ha indicato la strada

Per Antonino Malacrinò (Pd): «La polarizzazione politica può essere superata. Il testamento di Laura Santi (la giornalista che ha assunto un farmaco per morire) indica una strada che la politica non può ignorare» e annuncia il voto favorevole.

Ganis, legiferi lo Stato

Annunciando l’astensione del gruppo di Forza Italia il consigliere Christian Ganis ha spiegato: «Come gruppo riconosciamo la delicatezza del tema. Pur condividendo la necssità di legiferare in materia di suicidio medicalmente assistito riteniamo che la materia sia dello Stato». Cita il reparto di cure palliative del Beauregard «all’avanguardia nazionale. Pur non volendo ostacolare un diritto sancito dalla sentenza Corte costituzionale, ma ribadiamo che il quadro normativo deve essere deciso a livello nazionale».

Caveri, è afflato di vita

Luciano Caveri nell’annunciare la presentazione di un ordine del giorno ha detto: «Esiste un punto in cui la persona si deve autodeterminare. Non è una morte grigia e tetra ma un afflato di vita, è una liberazione da una vita che finisce per non avere più senso. I diritti civili sono un fatto fondamentale».

Guichardaz, è percorso consapevole

Jean-Pierre Guichardaz, annunciando il voto favorele ha puntualizzato: «A questo vuoto possiamo dare una risposta e voterò la legge e la risoluzione proposta dall’assessore Caveri. Non è questione di giocare a fare Dio ma si tratta di dare una risposta a migliaia di persone. L’autodeterminazione non è suicidio ma è un percorso consapevole. Non è una discussione inadeguata. Ognuno può esprimere liberamente le proprie posizioni. Questo è un tema di cui qualcuno dovrà farsi carico. Se non sarà lo Stato, saranno le Regioni a prescindere dall’impugnativa annunciata».

Il capogruppo di Fp-Pd Paolo Crétier non ha votato la legge e chiederà al governo nazionale di legiferare in merito.

Lavevaz, sfida la vicinanza ai malati

Erik Lavevaz (Union Valdôtaine) prende a esempio don Isidoro Giovinazzo, sottolineando: «ha dato un contributo al tema a livello nazionale con una visione lucida, umana e religiosa. Sposo quanto dice ovvero ‘non si cura il dolore eliminando chi soffre che io condivido’. Non può essere la magistratura a riempire le mancanze dello Stato. La sfida è quella di non lasciare solo nessuno quando muore».

Barmasse, cure palliative all’avanguardia

Per il consigliere unionista Roberto Barmasse «la morte per un medico è una sconfitta. Penso ai medici palliativisti che un minimo di corazza se la devono fare. Sicuramente la legislazione italiana sulle cure palliative è all’avanguardia. Mi chiedo quale siano i confini tra palliazione, eutanasia e suicidio medicalmente assistito. Io ho molti dubbi ma credo in uno Stato laico dove i cittadini hanno la libertà di scelta. Questo disegno può essere una buona proposta».

Perron, suicidio pratica nell’antichità

Tranchant il leghista Simone Perron: «Lo Stato deve legiferare. Non sono cattolico né mi definisco cristiano. Per me l’individuo ha la sovranità assoluta. Un tempo antico il suicidio era accettato, persino nobile».

(da.ch. e th.pi).

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