Alluvione 2000: a 25 anni dall’evento la ferita resta aperta
La conferenza “Ieri, oggi, domani” organizzata, ieri 15 ottobre, dal Comune di Nus e dalla Fillea Cgil VdA è stata un invito a riflettere, a costruire e a prevenire
Alluvione 2000: a 25 anni dall’evento la ferita resta aperta.
Sebbene siano trascorsi 25 anni la ferita dell’alluvione nell’ottobre del Duemila è ancora aperta e le immagini di quelle terribili giornate sono ancora impresse nella memoria.
La conferenza “Ieri, oggi, domani” organizzata, ieri 15 ottobre, dal Comune di Nus e dalla Fillea Cgil VdA è stata un invito a riflettere, a costruire e a prevenire.
Il 15 ottobre 2000 non è soltanto una data scritta nel calendario valdostano ma un monito costante sulla fragilità e sulla forza del territorio e della sua gente.
Un anniversario che invita alla riflessione
A venticinque anni dall’alluvione, che provocò 20 vittime in Valle d’Aosta e danni incalcolabili a infrastrutture, case e paesi, amministratori, tecnici e cittadini si sono ritrovati nella sala consiliare comunale per un confronto corale.
È stato trasmesso un video dove scorrono le immagini della catastrofe.
«Quel giorno ha segnato la nostra comunità ma ci ha anche insegnato quanto la solidarietà possa trasformare una tragedia in un momento di unione – ha detto il sindaco di Nus Camillo Rosset -. Oggi riflettiamo su ciò che è cambiato e su come affrontare le sfide future».
Memoria e rinascita
Una testimonianza intensa è arrivata dal presidente della Fillea Cgil VdA Marco Billotti, che ha sottolineato come l’alluvione del 2000 «non possa e non debba sbiadire nella memoria collettiva. Fu una furia che cambiò per sempre la nostra regione – ha ricordato -. Dal dolore emerse una forza inarrestabile: la solidarietà. È grazie a quella che la ricostruzione si è trasformata in rinascita. Oggi gli eventi meteorologici estremi sono la nuova normalità: serve investire in prevenzione, partendo dai banchi di scuola».
Gestione delle emergenze ieri e oggi
Nella prima tavola rotonda l’ex dirigente della Protezione civile Lorenzo Chentre ha ripercorso le ore concitate di quei giorni dalle prime piogge di fine settembre fino alla dichiarazione dello stato d’emergenza il 13 ottobre: «La Valle era isolata – ha ricordato -. Autostrade e ferrovie interrotte, il tunnel del Bianco chiuso. Ma ho visto una comunità che non si è arresa, che si è rimboccata le maniche e ha partecipato con coraggio».
Sulla trasformazione del sistema di Protezione civile è intervenuto il suo presidente Valerio Segor, che ha evidenziato come l’alluvione sia stata «un banco di prova durissimo ma formativo. Dal 2004, con l’istituzione dei centri funzionali, la gestione del rischio è diventata più scientifica: oggi non ci limitiamo a prevedere gli eventi ma valutiamo anche le loro conseguenze sul territorio».
Il nuovo piano comunale di Protezione civile, in corso di redazione, è stato illustrato da Brunier: «È una fotografia del territorio, con le sue criticità e le sue risorse. L’obiettivo è definire procedure chiare per ogni livello di allerta meteo. Ogni cittadino può contribuire conoscendo i rischi della propria zona, anche attraverso il portale Casa e pericoli».
Il racconto di chi ha vissuto l’alluvione
Il sindaco di allora, Gian Marco Grange, ha ricordato quei giorni di paura e rinascita: «Nessuno poteva immaginare che l’evento alluvionale avrebbe segnato così profondamente la nostra comunità. La notte del 14 ottobre resta indelebile: in poche ore Nus si trovò senza acqua, energia e collegamenti. Nella notte di sabato evacuammo diverse abitazioni ma la situazione peggiorò rapidamente: mancavano acqua, fognature, energia elettrica, le linee telefoniche erano interrotte. In quei momenti si prova smarrimento e paura ma bisogna mettere da parte le emozioni e agire. La priorità era mettere in salvo le persone: ad Aosta grazie agli elicotteri o in Chiesa».
«Ci siamo messi subito al lavoro per ripristinare la viabilità – è proseguito nel racconto – e permettere ai cittadini di rientrare o lasciare le abitazioni isolate. Poi è iniziata una gara di solidarietà straordinaria. Per giorni e giorni ho visto persone coperte di fango, sconosciuti che lavoravano fianco a fianco per restituire il paese ai suoi abitanti».
Toccante la testimonianza di Attilio Lombard che visse in prima persona l’alluvione nella frazione Les Fabriques: «La notte del 14 ottobre non ho chiuso occhio: il torrente faceva un rumore impetuoso, si sentiva rotolare di tutto. La mia stanza dava proprio sul lato del torrente e all’alba, quando sono uscito per rendermi conto della situazione, salendo ho trovato una diga di detriti. verso le dieci del mattino successivo il torrente si è alzato di due metri e in pochi minuti ha divorato il terreno sotto casa, come sale che si scioglie nell’acqua. Siamo scappati attraverso il bosco fino al Mayen, poi a Lignan, dove siamo stati accolti con grande solidarietà. Mio suocero camminava con difficoltà, ma siamo riusciti a metterci in salvo».
La mostra legata all’alluvione del Duemila
Guardare avanti
La serata si è conclusa con una tavola rotonda dedicata al futuro e alla necessità di non abbandonare il territorio. Le sfide che abbiamo davanti richiedono conoscenza, collaborazione e consapevolezza: solo così potremo affrontare il domani con la forza di chi ha già saputo rialzarsi.
In occasione dell’anniversario sono stati anche inaugurati una mostra fotografica con le immagini dell’alluvione del 2000 e scoperta una targa commemorativa dedicata ai 25 anni da quel tragico evento, simbolo di memoria e di rinascita per tutta la comunità.
Dalle acque che travolsero tutto è nata una nuova coscienza collettiva: quella che ricorda, previene e costruisce, perché il passato diventi guida per il futuro.
(giulia calisti)