La cotta di mosto d’uva di Roccamontepiano è Presidio Slow Food
AskaNews
di admin Administrator  
il 04/11/2025

La cotta di mosto d’uva di Roccamontepiano è Presidio Slow Food

Roma, 4 nov. (askanews) – E’ Presidio Slow Food la tradizionale cotta di mosto d’uva di Roccamontepiano, nel chietino. Il vino cotto non è prodotto esclusivamente a Roccamontepiano: è diffuso in diverse parti dell’Abruzzo, nelle Marche e in altre aree dell’Italia centrale, e si ottiene dalla cottura del mosto di vino. Ma il processo produttivo della cotta di Roccamontepiano avviene grazie a una tecnica particolare e soprattutto è un processo partecipato che si svolge in un centro messo a disposizione della comunità grazie a un finanziamento del locale Gal Majella Verde. Ed è stata proprio la dimensione collettiva della produzione della cotta ad aver catturato l’attenzione di Slow Food, che l’ha valorizzata istituendo un Presidio Slow Food su questa tecnica di produzione locale.

Il progetto prevede che il mosto tipicamente di uve di Montepulciano d’Abruzzo sia cotto per più di sette ore, fino a ridurne la massa di circa due terzi, più di quanto si fa in altre zone d’Italia per preparare bevande simili. A quel punto si procede con la rabboccatura, cioè con l’aggiunta di mosto fresco in proporzioni uguali alla massa ridotta dal calore. La maggior parte del mosto cotto ottenuto con il processo produttivo valorizzato dal Presidio è utilizzato per farne vino cotto, ma può anche essere ingrediente di dolci tradizionali.

I produttori che aderiscono al Presidio sono riuniti nella Società cooperativa Vino cotto, nata una quindicina di anni fa, dove i conferitori portano le uve provenienti dai vigneti della zona e dove ha sede il centro di cottura consortile. Qui ciascuno cuoce il mosto e produce il proprio vino cotto, che poi può portare a casa per l’autoconsumo oppure etichettare e mettere in commercio come cooperativa. I quantitativi sono limitati: mille, millecinquecento bottiglie, all’incirca dieci quintali di vino cotto all’anno.

Un tempo il mosto si cuoceva in un grande paiolo di rame, lu callare, all’interno del quale si collocavano anche un pezzo di ferro, come anodo per attrarre il rame, e un piatto rotto, per regolare l’ebollizione tramite la porosità della terracotta. Oggi nel centro di cottura di Roccamontepiano si usano calderoni di acciaio con sistemi che consentono di controllare la temperatura e far sì che il mosto non bruci: ma un vecchio paiolo in rame è ancora presente a ricordo di come si lavorava un tempo.

[Premiata tradizione ma anche dimensione collettiva produzione|PN_20251104_00068|gn00 nv03 sp33 rg01| https://askanews.it/wp-content/uploads/2025/11/20251104_152501_9F6C43F3.jpg |04/11/2025 15:25:14|La cotta di mosto d’uva di Roccamontepiano è Presidio Slow Food|Agroalimentare|Economia, Abruzzo]

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